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Il Vangelo

Ciascuno possa incontrare
l’amore di Dio incarnato

(Matteo 11,18-24)

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22 Dicembre 2013 - 11:41

Ciascuno possa incontrare
l’amore di Dio incarnato

Gentile da Fabriano: natività

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Domenica scorsa, senza motivi particolari, ero un po’ pensieroso. Pensavo ai miei alunni, bravi e generosi, ma spesso con poca voglia di impegnarsi o col desiderio, talvolta, di buttar via le splendide possibilità che il cuore, l’età e la salute donano loro. Pensavo alle poche vocazioni, al seminario che si svuota, alle famiglie che si dividono e a quelle che, pur potendosi mettere insieme, tardano ad unirsi. Pensavo alle difficoltà, alle cattiverie tra persone, ai problemi dell’adolescenza, alle ferite che l’uomo di provoca. Pensavo alla mia vita mediocre, alla mia testimonianza a volte così poco gioiosa, alla verità delle cose che dico agli altri e non faccio io in prima persona. E poi la liturgia festiva e la Parola di Dio che invitava alla gioia. E, al termine della messa, un bambino, figlio di amici, venire verso di me e dirmi: “Sai che hai fatto proprio un bell’annuncio?”. E poi la visita pomeridiana a due preti allettati, alla casa di riposo. Il primo, a Casalbuttano che, pur nella difficoltà respiratoria, mi supplicava: “Ricordami nella messa, fratello”. E il secondo, a Castelverde, che mi chiedeva di cantare, con un giorno d’anticipo, la novena di Natale. Allora vinco la vergogna e a squarciagola cantiamo: “O Signore, re dei cieli t’adoriamo”. La gente nel corridoio si ferma, incuriosita. E scendono calde lacrime sul suo viso e le sue mani, unte e consacrate come le mie, si stringono forte come a dirmi “grazie”. Mentre vado all’ascensore si sente, dalla sua camera, ancora con più forza il ritornello cantato: “Natum videte, Regem angelorum”. È felice e io, mentre mi avvio all’auto, mi sveglio dal sogno. Come Giuseppe ho i miei programmi, le mie ragioni da far valere, i miei perché, ma l’idea di Dio è quella che io sia felice, che la vita di ciascuno lo sia. E me lo dice chiaramente. Non permette che viva distratto o passi il mio tempo a leccarmi le ferite. Mi manda il suo angelo, la sua Parola, le persone che incontro e che hanno il desiderio di scrostarmi il cuore, di farmi ripensare alla vita buona che il Signore desidera per me e per tutti. Il sogno di Giuseppe, uomo giusto, giovane promesso sposo di Maria, non è un’ingiustizia, una cattiveria di un Dio geloso che impedisce la felicità dei suoi figli. È semplicemente un avvertimento, un segnale che dice a Giuseppe, attraverso quella parola e la sua disposizione totale, che c’è un progetto più grande di lui e di Maria che può essere utile a tanti. E lui dice “sì”. Il vangelo non dice che i sogni sono belli e non bisognerebbe mai svegliarsi. Dice che Giuseppe si sveglia e quel sogno tocca lui realizzarlo. Lui è il primo collaboratore, tanto quanto Maria, del dono che Dio vuol fare all’umanità. E prende Maria con sé, senza temere il miracolo straordinario che porta dentro. Che sia un Buon Natale e ciascuno di noi possa incontrare, in questi giorni santi, l’amore di un Dio che ancora si fa carne e, nelle nostre vicende, si nasconde perché possiamo, a nostra volta, accoglierlo, servirlo e amarlo. Davvero, a chi ha fede e a chi fatica a credere, un santo Natale di fraternità!
don Marco D'Agostino
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