CREMONA — L’Anpi di Cremona ha aggiornato l’elenco dei partigiani cremonesi caduti durante la Resistenza. Si tratta di Giancarlo Brugnolotti edi Danilo Barabaschi. Dopo una serie di ricerche, l’Anpi ha ricostruito la storia dei due partigiani e il loro nome è stato aggiunto all’elenco inciso sulla lapide sotto i portici di palazzo Comunale. «Giancarlo Brugnolotti—racconta Ennio Serventi dell’Anpi di Cremona — è stato un partigiano italiano. Quando il padre trovò occupazione a Lumezzane nella fabbrica di rubinetterie Bonomi, lo seguì e trovò un impiego. Con la guerra, si arruolò volontario nell’esercito, venne inviato nell’Africa del nord e, nell’estate 1942, fu ad El Alamein.
Si ammalò e fu rimpatriato; venne quindi assegnato al reggimento carristi Lancieri di Novara, dove si trovò anche l’8 settembre 1943. Scelse la Resistenza ed entrò a far parte della costituenda 122ª Brigata Garibaldi, formata in Val Trompia a fine estate 1944 da Leonardo Speziale Arturo e Giuseppe Gheda Bruno, e comandata dal 4 ottobre al 24 dicembre, giorno della cattura, da Giuseppe Verginella Alberto».
Dopo i duri colpi subiti dalla Brigata tra l’autunno e l’inverno 1944, Brugnolotti lasciò la Val Trompia e scese a Milano, dove venne arruolato nella 3ª Brigata Gap Lombardia. «Il 21 aprile 1945—continua Serventi — armato di sten e bombe a mano, con un compagno operò un assalto in pieno giorno al gruppo rionale fascista di via Cadamosto, poco fuori Porta Venezia. Compiuta l’operazione, mentre in bicicletta stava allontanandosi, saltò la catena del mezzo e si trovò sotto il fuoco degli inseguitori. Mentre il compagno riuscì a fuggire, Brugnolotti si gettò a terra fingendosi morto, poi riprese a sparare i pochi colpi residui, ma venne catturato. Trascinato nell’edificio, fu interrogato e torturato per qualche ora, poi, dinanzi al suo silenzio, fu riportato all’esterno, addossato al fianco della chiesa di Santa Francesca Romana e fucilato. Croce al valor militare alla Memoria ».
Importante anche la storia di Danilo Barabaschi, partigiano cremonese, fucilato ventottenne dai tedeschi nei pressi di Bardi nell’estate 1944, la cui memoria non era mai stata fissata sulla lapide del palazzo comunale di Cremona probabilmente a causa di una banale discrepanza anagrafica, e che alcuni aderenti alla locale sezione dell’Anpi hanno di recente riportato alla luce. Nato nel 1916 a Monticelli d’Ongina, dopo che il padre Alfonso emigrò in Argentina, a undici anni perse la madre. Alcuni parenti lo accolsero con loro a Cremona, dove stabilì la residenza. Nel gennaio 1937 espatriò e raggiunse Parigi. Ad agosto del 1942 finalmente ecco il ritorno a Cremona. Troverà un lavoro sull’Appennino parmense.
«Dopo l’8 settembre—spiega Serventi —il comune di Bore, sul crinale alla giunzione fra le vallate piacentine e parmensi retrostanti la via Emilia, diviene uno dei punti di aggregazione dei militari sbandati e dei renitenti, luogo di formazione delle prime brigate Garibaldi, la 31a Forni in particolare, a stretto contatto con la 38a costituita da Vladimiro Bersani — il comandante Selva — e successivamente con una sua filiazione, la 62a Evangelisti ». Il 1° dicembre 1943 annullò la propria residenza a Cremona (forse è questa la ragione della sua assenza dopo la Liberazione fra i caduti partigiani riconosciuti come cremonesi), e si trasferì dalla zia, a Bore. Entrò nella Brigata Forni, dove risulta inquadrato dal 30 aprile 1944, nome di battaglia Barba. Nei mesi di giugno e luglio una poderosa e prolungata operazione di rastrellamento investì l’intera zona.
Il 17 luglio Bardi venne fatta oggetto di un bombardamento aereo tedesco. E il 18 Barabaschi giunse sulla strada della Val Ceno (l’attuale provinciale parmense n. 28) e in prossimità della deviazione per Casanova di Bardi venne catturato e ucciso dai tedeschi.
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