L'ANALISI
SANITÀ: LA SENTENZA
29 Giugno 2023 - 19:17
Gli avvocati Diego Munafò e Luca Curatti Mario Martinotti, il professor Carlo Enrico Paliero e il professor Luigi Fornari
CREMONA - «Il Tribunale assolve... perché il fatto non sussiste». Tira un sospiro di sollievo, sorride e si leva molti sassolini Mario Martinotti, 66 anni, natali a Pavia, per 13 anni - dal 2007 al 31 dicembre 2019 - super primario di Chirurgia Generale dell’ospedale Maggiore finito sul banco degli imputati per omicidio colposo di quattro pazienti con la salute già compromessa e, in concorso con la moglie Floriana Maggi, lei dentista, per truffa all’Asst.
Per il giudice, Martinotti non è un chirurgo dal bisturi facile, spregiudicato. Cade l’accusa di aver sottoposto «con negligenza, imperizia ed imprudenza» ad interventi chirurgici, cagionandone il decesso, Renzo Tanzini, 51 anni, morto il 15 agosto del 2016 (lo stesso pm Davide Rocco aveva chiesto l’assoluzione; il fratello si era costituito parte civile con l’avvocato Guido Giarrusso) , Pasquale Dornetti, 77 anni, agricoltore di Credera Rubbiano, morto il 14 luglio del 2017 (il pm aveva chiesto la condanna a 1 anno; la vedova e il figlio erano parti civili con l’avvocato Mario Palmieri), e Renza Maria Panigazzi, 75 anni, pensionata di Voghera (Pavia) deceduta il 7 febbraio del 2019 (il pm aveva chiesto 1 anno). Un quarto caso, la morte della pensionata Giuseppina Zanardi di Cremona, nel frattempo si è prescritto. Il giudice ha pronunciato il «non doversi procedere».
Capitolo truffa. Secondo il giudice, Martinotti e sua moglie non truffarono l’Asst, incassando circa 51mila euro lordi di indennità di esclusività (il danno erariale) attraverso la costituzione del Poliambulatorio Clastidium a Casteggio (Pavia), di cui la moglie era legale rappresentante. E nel quale Martinotti esercitava la libera professione, «garantendo il monte ore all’ospedale». Anzi, «accumulando numerose ore di lavoro istituzionale straordinario». Straordinari «a titolo gratuito, tali da evidenziare una eccedenza lavorativa pari a circa 1 mese e mezzo di lavoro ‘gratuito’ all’anno a favore della struttura ospedaliera».
In aula, abbraccia i suoi difensori, Martinotti: il professor Carlo Enrico Paliero, il professor Luigi Fornari e l’avvocato Luca Curatti. Sessanta giorni per la motivazione della sentenza. La telefonata alla moglie, poi il lungo sfogo dell’ex primario arrivato a Cremona 16 anni fa dall’ospedale di Varzi, allora con 5.000 interventi in carriera, ora più di 20mila, e 68 pubblicazioni su riviste italiane ed estere, salite adesso a 106. Sulla «graticola» dal 2018, l’anno in cui venne a sapere che la Procura di Cremona lo stava indagando, Martinotti si leva più di un sassolino dalla scarpa nei confronti dei ‘corvi’.
La voce è calma: «Sono contento. Si è conclusa una vicenda molto lunga, molto complessa nata non dalla denuncia di un paziente o di un parente, ma dalle accuse più o meno velate, oscure di pseudo colleghi rosi dall’invidia, rosi dall’odio, i quali pensavano che l’ospedale fosse roba loro. Io mi sono sempre comportato onestamente, questo lo sanno i miei pazienti. Ho sempre lavorato per loro e per l’ospedale, senza mai risparmiarmi e loro lo riconoscono. Così come tutti coloro che mi conoscono hanno sempre manifestato fiducia, mi hanno sempre manifestato solidarietà in questi momenti in cui la mia reputazione è stata messa a dura prova, ma devo dire che né i pazienti né tutti quelli che mi conoscono, mi hanno mai voltato le spalle o hanno mai avuto un dubbio sul mio corretto modo di agire».
Prende fiato. «Ho fatto personalmente più di 20mila interventi e queste accuse veramente ingiuste, assurde hanno cercato di compromettere una carriera che mi sembra che sia stata invece sempre all’insegna della correttezza e della professionalità. Io ho sempre perseguito il bene del paziente e l’interesse dell’ospedale, lo sanno tutti, forse anche i miei detrattori che sono pochi, ma agguerriti. C’è il corvo, poi c’è il fiancheggiatore. Sono pochi, ma quando sui vuol far del male bastano poche persone, compagni di merende».
Il 31 dicembre del 2019 è stato il suo ultimo giorno di lavoro al Maggiore. L’1 gennaio del 2020, primo giorno di pensione, Martinotti non ha appeso il camice. «Quell’anno ho avuto la proposta del gruppo San Donato di dirigere la Chirurgia della clinica Città di Pavia che è la mia città. Quando ho capito, nell’indecisione della scelta, che in ospedale e probabilmente, anzi sicuramente nella mia équipe c’era una persona che aveva sempre sperato che le cose andassero male, che il malato avesse delle complicanze, quando mi sono reso conto di una cosa del genere, non ero più sicuro per i miei malati e, quindi, ho detto ‘meglio andare in pensione e accettare la proposta del Gruppo San Donato’».
Prima di congedarsi, ha una richiesta, Martinotti: «Vorrei esprimere un grande complimento al giudice per l’interesse con cui ha seguito vicende prettamente mediche, anzi squisitamente chirurgiche che un non chirurgo medico avrebbe fatto fatica a seguire. Invece, il giudice ha seguito sempre con una grande attenzione, volendo capire anche i particolari difficili da comprendere per chi non è del mestiere, non tanto medico, ma, addirittura, chirurgo. Eppure, il giudice lo ha fatto. E questo penso che sia un grande merito». Dopo l’assoluzione, «una settimana di relax».
L’avvocato Diego Munafò, legale dell’Asst chiamato nel processo come responsabile civile dalle parti civili, afferma che «come legale dell’azienda, sono molto, molto soddisfatto dell’esito di questo processo che ristabilisce la verità rispetto a più ipotesi di condotte chirurgiche spregiudicate che erano, invece, del tutto insussistenti e rappresentavano, invece, il giusto tentativo di offrire delle chances terapeutiche a pazienti in condizioni, purtroppo, gravemente compromesse. Questo risultato è molto importante anche per l’immagine dell’azienda».
Pioniere nei trapianti di fegato, già presidente della Società italiana di Chirurgia nazionale, luminare di fama internazionale, anche nel giorno della sentenza il professor Davide D’Amico è a Cremona, accanto a Mario Martinotti. «Il tribunale assolve...», gli smartphone fibrillano. «La cosa meritava delle attenzioni particolari - spiega il professor D’Amico —. In un processo di questo genere, quello che viene colpito è l’ardimento chirurgico. Quest’uomo non è che abbia sbagliato. Quest’uomo ha compiuto dei gesti per salvare, oltre quella che era la possibilità, queste persone che, peraltro, erano condannate dalla malattia. Esce fuori vittoriosa la chirurgia, esce fuori vittorioso il chirurgo, ma non a spese di questi malati, perché purtroppo erano condannati. Erano persone con più patologie. Ne esce vittoriosa la chirurgia in un momento in cui, francamente c’è questa chirurgia difensiva che viene attivata soprattutto per evitare che uno vada incontro a grane di questo genere. Martinotti non l’ha mai attuata e questo va a merito suo. Certo, sarebbe stato punitivo per lui se dopo le ore spese in sala operatoria e le attenzioni prestate , doveva anche essere messo alla gogna».
D’Amico parla «da presidente della Società italiana chirurghi, a difesa della chirurgia. Non voglio prendere le parti di Martinotti, ma è un chirurgo che non si è tirato indietro». Si abbracciano l’ex primario e il luminare. «Il professore è un’autorità in campo italiano e mondiale — sottolinea Martinotti —. Ha fatto il primo trapianto di fegato, a cui io ho potuto assistere. Sono onorato della sua fiducia e della sua vicinanza». Per l’avvocato Curatti «si è trattato sicuramente di un processo impegnativo, intenso e in certo senso stimolante se non fosse per il calvario che il dottor Martinotti ha subito in questi due anni senza smettere nemmeno per un attimo di difendere la propria onorabilità e il proprio decoro professionale». Il legale si dice «davvero soddisfatto dell’esito del giudizio anche se mi chiedo chi posa aver dato inizio a questa indagine e, soprattutto, quale ne si astato il fine recondito e reale, se non quello di gettare fango prima di tutto sull’uomo oltre che sul professionista e sui propri familiari, che ho comunque avuto il privilegio di difendere».
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris