L'ANALISI
DALLA CRISI ALLE URNE: I PROTAGONISTI CREMONESI
27 Luglio 2022 - 10:25
Stefania Bonaldi
CREMA - Milano si allontana, Roma si avvicina. Accreditata fino a poche settimane fa di un ruolo da protagonista nella scalata al Pirellone, ora, dopo la caduta del governo Draghi, l’ex sindaco di Crema Stefania Bonaldi sembra proiettata verso una candidatura al Parlamento nella coalizione di centrosinistra. Le voci che rimbalzano dai palazzi della politica trovano riscontro, in filigrana, nelle stesse parole dell’avvocatessa cremasca: perché tra le righe del politichese — schermatura necessaria in una fase tanto delicata quanto cruciale — si legge la volontà di Bonaldi di puntare direttamente a Montecitorio.
In vista delle Politiche, il segretario dem, Enrico Letta, ipotizza la creazione di liste civiche da parte dei sindaci a supporto delle candidature: che cosa ne pensa?
«Il meccanismo elettorale per il Parlamento è diverso da quello per l’elezione diretta del sindaco, tutti stanno cercando di imparare in queste ore. Ciò che emerge — anche i primi cittadini e le prime cittadine dem lo stanno evidenziando — è che il territorio dev’essere protagonista alle prossime elezioni, a partire dalla constatazione che i sindaci sono una classe dirigente credibile, che gode di un consenso che va oltre il perimetro delle forze politiche che li sostengono, potendo contare anche sulle espressioni civiche».
È il civismo, dunque, la base su cui costruire una strategia vincente alle Politiche?
«L’ho già tematizzato in modo deciso nelle scorse settimane a proposito della prossima competizione regionale lombarda. In Lombardia le amministrazioni locali di impronta progressista fondano il loro successo su due pilastri. Da un lato il Partito Democratico, perno di una coalizione che spesso aggrega anche forze politiche di area come Azione, Italia Viva e +Europa, dall’altro le liste civiche, sovente anche più d’una, i cui risultati in diverse esperienze locali superano quelli degli alleati partitici. Si tratta di un patrimonio decisivo, che improvvisamente negli altri livelli di competizione elettorale si vaporizza, perché i decisori politici danno per scontato di poterlo assimilare o colonizzare».
La scarsa affluenza alle ultime amministrative non rischia di rappresentare un deterrente?
«Il civismo vorrebbe essere un antidoto, uno dei principali, perché ci vorrà dell’altro, comunque in larga parte legato proprio al tema civismo, che dovrebbe aiutarci ad allargare la platea del personale politico. In una platea più ampia e motivata sarà più facile trovare qualità».
In che misura e in quale modo la caduta del Governo ha cambiato la tattica del Pd?
«Il 20 luglio è uno dei punti più bassi della nostra storia politica. Il Pd si è assunto la responsabilità di interpretare quei milioni di italiani e italiane, dalle provenienze e appartenenze più disparate, che chiedevano al Parlamento di comportarsi in modo adulto. Credo che il Pd abbia capito quanto grande sia la responsabilità. La tattica non è cambiata, ma è aumentata la pressione morale sulla coscienza di noi dem. Dobbiamo proteggere il Paese dai capricci di individui problematici».
È pronta a scendere in campo alle Politiche alla guida di una civica di centrosinistra?
«A oggi mi risulta che per il coinvolgimento dei sindaci o ex sindaci vi siano due ipotesi. La prima, con candidature interne alla lista del Pd: non a caso Letta ha già chiarito che si chiamerà Democratici e Progressisti, proprio per essere più aperta e inclusiva. La seconda prevede una lista civica nazionale, alleata della coalizione progressista, che possa privilegiare appunto le esperienze che arrivano dai territori. In ogni caso non da ora ho espresso la mia disponibilità a futuri impegni di servizio alla comunità».
Il suo nome è tra i papabili negli ambienti dem di livello nazionale. Le è stata chiesta – anche informalmente – la disponibilità a scendere in campo?
«Sono aperti diversi canali di confronto e interlocuzione, ma mi pare naturale che si parli, ne abbiamo necessità, anche per arricchirci a vicenda. Noi siamo un partito democratico, non è scontato dirlo ed esserlo. Abbiamo visto proprio il 20 luglio quali disastri possano regalare al Paese i partiti personali, che rappresentano una grave lacerazione del tessuto democratico».
Il Pd è indirizzato ad allearsi con forze che includono anche freschi transfughi dello schieramento di centrodestra: come giudica quest’opzione?
«Il Pd sta costruendo un’alleanza per il futuro dell’Italia, riformista ed europeista. Oggi, dopo la ferita prodotta dalla destra agli interessi del Paese, bisogna chiamare a raccolta chi rifiuta l’imbarbarimento della politica. Il Pd deve farsi perno di una nuova alleanza, con il vantaggio che in questo caso, come ha ben spiegato Letta, l’agenda Draghi è un punto di partenza e non il programma della coalizione: un partito progressista si pone orizzonti più ambiziosi ad esempio in tema di diritti e di welfare. Non è un caso se ha citato ius scholae, lavoro, giustizia sociale, lotta alle diseguaglianze».
Il centrosinistra ha dominato l’ultima tornata amministrativa: il segnale di un cambiamento sui territori o la conferma della spaccatura fra centri e periferie?
«A meno di far crescere ancora l’astensionismo, tutta la politica deve farsi carico di questa ferita, senza calcoli di parte, perché c’è in gioco il destino degli ultimi, che stanno perdendo ogni rappresentanza, anche all’interno della sinistra, che dovrebbe riprendersi questa vocazione, che le appartiene per storia e cultura. Non sempre questo accade o è accaduto».
Ha rimarcato a più riprese di sentirsi più un’amministratrice che una politica: in questo momento una candidatura al Parlamento rappresenterebbe più un sacrificio o un’opportunità?
«È vero e lo confermo. Essere sindaca di Crema per dieci anni è stato un privilegio enorme, ma ritengo si sia privilegiati ogni volta che ci è data l’opportunità di servire le nostre comunità. Anche a Roma c’è bisogno di più amministratori, proprio per accorciare la distanza fra centro e periferie».
Lascia aperta la porta a una sua candidatura alle regionali?
«Certamente, ma non dipende solo da me. Qui c’è bisogno di vincere, assolutamente, i danni prodotti dall’iper-liberismo della destra sfregiano continuamente i diritti, a cominciare da quello alla salute».
La ricandidatura di Matteo Piloni è scontata: che possibilità avrebbe un territorio come quello cremasco di portare in Regione due rappresentanti?
«Nel 2023 saranno 28 anni che il centrosinistra non tocca palla in Lombardia. Di fronte a questo dramma civile i destini personali devono lasciare strada a quello collettivo. Vale per la sottoscritta e vale per tutti. Credo che non tutto il centrosinistra lombardo abbia colto la gravità e le conseguenze di queste continue sconfitte. La Regione non è mai stata così contendibile. Dopodiché fatico a pensare che in una Regione di 10 milioni di abitanti possa essere preclusa la possibilità di vedere attive in contemporanea due persone che si vogliono impegnare, sia Piloni che la sottoscritta, le modalità si possono trovare. Peraltro, lo dico molto brutalmente, se si volesse vincere e non fare solo testimonianza, anche a livello provinciale dovremmo pensare a fare eleggere due consiglieri regionali, e non uno solo».
È ipotizzabile una sua candidatura alla Presidenza della Regione?
«Non è un argomento all'ordine del giorno. In Lombardia prima di tutto occorre cambiare modulo di gioco, valorizzando il contributo e l'apporto delle formazioni civiche, oggi assai sottovalutato e non considerato. O si entra in quell’ordine di idee o si rischia ancora una volta di perdere, perché non si possono caricare solo sulle spalle del candidato alla presidenza i 20 punti percentuali che servono al Pd e ai suoi alleati per guadagnare la vittoria».
Preferirebbe candidarsi per la guida del Pirellone o per un posto in Parlamento?
«Sto trascorrendo le mie giornate preparandomi alla attività professionale che inizierò a settembre, non vorrei si immaginasse che non prendo sonno per il dilemma delle candidature, la politica di professione è pericolosa, per chi la fa e per chi, diciamo così, la subisce. Sarei per l’istituzionalizzazione dei due mandati a ogni livello. È evidente che le decisioni su dove impegnarsi non sono mai frutto di scelte unilaterali, esigono il confronto e il conforto di gruppi più o meno ampi, a partire dalla segreteria dem, ai vari livelli di responsabilità. Valuteremo insieme se e quali condizioni ci potranno essere per un mio passo avanti».
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