L'ANALISI
22 Aprile 2025 - 05:30
Le ultime stille di energia destinate al suo popolo, che ha voluto abbracciare fisicamente in piazza nel giorno di Pasqua; le ultime flebili parole per la benedizione Urbi et Orbi come un saluto paterno; il suo ultimo messaggio «nessuna pace è possibile senza un vero disarmo». Fedele alla propria missione fino alla fine.
La scomparsa di papa Francesco lascia un «senso di vuoto», come ha detto il presidente della Repubblica e suo amico personale Sergio Mattarella. Non solo tra i cattolici o i fedeli di ogni altra religione, ma anche nei laici e in tutti coloro che ancora osano credere nella speranza di un mondo aperto anche agli ultimi, di un’umanità che non cede al potere delle armi e alla «globalizzazione dell’indifferenza», per dirla con parole sue.
Francesco è stato un grande spirito rivoluzionario, coraggioso nell’affrontare i nodi cruciali per la Chiesa come «l’alzheimer spirituale», l’affarismo e gli scandali sessuali. Il Papa «venuto dai confini del mondo» le considerava tra le peggiori malattie di una Chiesa che ha provato a riformare profondamente per riportarla a essere «ospedale da campo per le ferite dell’umanità».
I punti cardinali del suo pontificato hanno affondato le radici nella misericordia, declinata nella vicinanza a poveri e migranti, nel rapporto con le altre confessioni cristiane e le altre religioni. Non antiscientifico, ma schierato con decisione contro la deriva disumana di certi impieghi della scienza usata non per curare ma per uccidere, ha sempre denunciato - troppo spesso inascoltato anche da chi oggi lo piange - «l’esistenza di una terza guerra mondiale a pezzi».
In questo momento l’umanità sta vivendo un’involuzione reazionaria che non va certo lungo la strada indicata fino allo sfinimento da Bergoglio. La speranza è che il Conclave che eleggerà il suo successore sappia fare tesoro della lezione di Francesco e del suo esempio. Perché, come amava dire, «nessuno si salva da solo».
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