L'ANALISI
21 Dicembre 2015 - 11:33
E' sempre più d’attualità l’uso sconsiderato da parte di alcuni giovani o meglio, di alcuni bambini, dei social network in generale. Però, scusate: perché dobbiamo comprare i cellulari che danno l’opportunità ai nostri figli di accedere ai social? Perché un bambino o ragazzino, deve avere la possibilità di collegarsi ad internet, a whats’app, ecc., dal momento che è ancora in una fase della vita in cui non è in grado di capire sino in fondo le conseguenze dei suoi atti? Né è in grado di comprendere certi contenuti e immagini a cui ha accesso?
Mi permetto di affrontare il tema perché il mio bambino, di 11 anni, non ha il cellulare e, paradossalmente, il rischio che io e mio marito abbiamo affrontato è di farlo sentire escluso: infatti, la maggioranza degli altri suoi coetanei ha il cellulare! Il nostro timore, pur essendo convinti della scelta, era di farlo sentire diverso e anche emarginato. (...)
Certo il telefono è comodo, ci permette di sapere dove sono e ci permette di risolvere situazioni di emergenza: ma, allora, perché non acquistare un telefonino che faccia solo il telefonino? (...) Certo le situazioni non sono mai semplici e non sempre si riesce a far comprendere. Infatti, dal lato videogiochi, prosegue la nostra quotidiana lotta per limitarne l’uso (perché proprio tutto non si può negare!): anche qui poniamo dei limiti all’utilizzo giornaliero ma questa limitazione per lui è difficile da accettare. Poi, onestamente, a volte è comodo piazzare i nostri figli davanti a questi mezzi che diventano un sostituto della nostra presenza: una sorta di baby sitter tecnologica.
Quello che intendo dire, senza aver la pretesa –ci mancherebbe –di dare lezioni a nessuno, è che dovremmo tutti fare un passo indietro e interrogarci sul fatto che studi in proposito parrebbero dimostrare che abusare di videogiochi ed Internet e dei vari social network, spenga sensibilmente le capacità di provare emozioni e di provare empatia; di condividere esperienze reali con amici reali; di muoversi e percepire il proprio corpo nello spazio; di apprendere e memorizzare, insomma di stare bene con se stessi e gli altri. Basta osservarli quando sono insieme: non sanno più comunicare tra di loro; dovrebbero giocare, parlare, ridere e scherzare e, invece? Sono seduti e chattano! E’questo che vogliamo per loro? Un mondo di solitudini falsamente unite virtualmente dalla tecnologia? Io sono molto preoccupata.
Irene Nicoletta De Bona
(Cremona)
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