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11 luglio

Lettere al Direttore

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11 Luglio 2016 - 14:08

Lettere al Direttore

Cani nel rifugio di Cremona

IL CASO

Canile, gestione a Brescia
Il Comune ci ripensi
Egregio direttore,
in questi giorni è stato detto molto sulla questione del canile di Cremona, il cui appalto è stato affidato ad una clinica di Brescia che sembrerebbe priva di canile sanitario (la struttura in cui vengono ricoverati i cani rinvenuti vaganti, ivi ricoverati 10 giorni prima di passare al rifugio). La nostra associazione è stata contattata da diversi cittadini preoccupati per la situazione che si verrebbe a creare spostando il servizio a Brescia. Nel prendere atto della comunicazione dell’Ufficio Stampa del Comune su Spazio Aperto dell’8 luglio, vogliamo ribadire il fatto che la situazione che si verrebbe a creare porterebbe tanti disagi ai cittadini che smarriscono il proprio cane, limiterebbe le adozioni e non terrebbe di certo in considerazione il benessere dei cani ricoverati da anni nel rifugio cremonese.
Per noi è un dovere rappresentare i cittadini che, oltre a pagare attraverso le tasse per un servizio stabilito dalle leggi italiane e dalla legge Regionale 33/2009 , dovrebbero accollarsi ulteriori spese e tempo in caso di smarrimento involontario del proprio animale. Il Comune dovrebbe rendere agevole l’iter per il recupero presso il Canile Sanitario, ma se questo verrà trasferito a Brescia, i disagi per tutti saranno notevoli. Ci auguriamo di poter avere la struttura ancora nella nostra città. Molte persone purtroppo abbandonano o rinunciano ai propri animali: presso la struttura cremonese ci sono volontari/e che stanno operando in modo ottimale. Hanno dato in adozione tanti cani che si trovavano reclusi da molto tempo e finalmente possono godere dell’amore di una famiglia, ricambiando come sanno fare queste creature senza voce, spesso meglio degli umani.
Ci rivolgiamo all’Amministrazione comunale affinché si attivi per trovare una soluzione, ristrutturando il canile sanitario, recuperando i fondi dedicati alla prevenzione del randagismo e alla costruzione di rifugi, curando così anche questo aspetto che è nel cuore di molti cittadini.
Maria Pia Superti
(LAV Cremona)

Egregio direttore,
desidero esprimere la mia opinione riguardo la situazione del canile di Cremona.
Non essendo un burocrate non entro nel merito dell’adeguatezza dell’appalto del canile ma penso che l’amministrazione stia commettendo un enorme errore concedendo la gestione, con conseguente spostamento della struttura in zona bresciana, ad un privato. Questo porterebbe alla cessazione delle già esigue adozioni da parte dei nostri concittadini. Quando una famiglia decide di adottare un cane, si reca sul posto, li guarda negli occhi e sceglie. Non mi si venga a dire, come da più parti sostenuto, che lo si potrà fare on-line, non è assolutamente la stessa cosa.
Altro problema riguarda l’abbandono degli animali. Se non erro, chi purtroppo agisce in tale direzione ha l’opportunità di lasciare il cane davanti alla struttura in modo che ci si possa prenderne cura. In futuro cosa avverrà? Verranno abbandonati al loro destino o peggio ancora soppressi?
Altro aspetto da evidenziare è quello delle convenzioni ancora in essere fra amministrazione di Cremona e paesi della provincia per il servizio di accalappiacani. Se l’operazione avesse seguito i sindaci del territorio a chi si dovranno rivolgere per tale servizio e a quali costi? Mi sembra inoltre che, alla faccia di diverse campagne pubblicitarie per la salvaguardia del benessere degli animali, sostenute anche da politici di spessore, l’amministrazione di Cremona stia andando in senso opposto.
Concludo sostenendo che il canile di Cremona è un servizio per la città e tale deve rimanere. A tal proposito sollecito pubblicamente tutti i sindaci delle varie unioni provinciali sensibili al problema in oggetto affinché prendano posizione in merito.
Armando Malagoli
(Cremona)


L’annosa questione della gestione del canile comunale resta aperta. L’amministrazione, infatti, deve ancora terminare le osservazioni tecniche sulla proposta ricevuta dal veterinario bresciano.

L'INTERVENTO

Area vasta, i sindaci cremaschi danno voce ai loro cittadini

Egregio direttore,

ho letto con interesse il suo articolo di fondo ‘La Crexit, inutile gioco di potere’ e mi permetta di esprimere alcune mie considerazioni. Non entro nel merito della prima parte del suo articolo riguardante la riorganizzazione dei poteri centrali, vedi, non abolizione, ma riforma del Senato; riforma delle Autonomie locali, con l’abolizione delle Province e creazione delle aree vaste, limitandomi ad alcune semplici puntualizzazioni sulla ‘Crexit’.
1) Definire l’azione della quasi totalità dei sindaci cremaschi di tutti gli indirizzi politici un ‘inutile gioco di potere’ non mi trova assolutamente d’accordo. Tante volte abbiamo criticato la politica che prende decisioni di vertice in stanze chiuse con spartizioni di poltrone e ora quando 43 primi cittadini discutono in più occasioni del futuro del loro territorio, si confrontano e fanno proposte, approvano documenti nei Consigli comunali, promuovono sul tema assemblee con i propri cittadini lo definiamo ‘inutile gioco di potere’?

2) Non sarebbe stato più comodo rimanere allineati e coperti, secondo le direttive dei propri partiti? Questo secondo me sarebbe stato un ‘vero gioco di potere’.
Non certo per difendere il sindaco Bonaldi che, conoscendola non ne ha senza dubbio bisogno, (mi riferisco al sindaco di Crema in quanto sindaco più rappresentativo di questo nostro territorio). Io penso che per il ‘potere’ le sarebbe risultato più comodo rimanere tranquilla sulla linea del suo partito.
3) La grande Area Vasta, che ci avrebbe portato il grande risparmio dei costi, comprendente Pavia-Lodi Cremona-Mantova è fallita sul nascere proprio per volontà di Pavia e Lodi e non certo per colpa dei cremaschi. Dato di fatto: addio al progetto di grande area vasta e siamo tornati ad Aree medie o medio-piccole (vedi Pavia)
4) La proposta dei sindaci cremaschi fatta ai colleghi Lodigiani e al presidente Maroni nel suo intervento all’incontro a Lodi promosso dal giornale ‘Il Cittadino’ era la costituzione di quest’area pur piccola ma senz’altro con potenzialità notevoli di due territori vicini e omogenei. E di questa ipotesi prioritaria vogliamo continuare a confrontarci con i colleghi lodigiani e con la stessa presidenza della Regione Lombardia in questo tempo che ci separa dal referendum.
5) Le decisioni già prese della sede dell’ATS della Sovrintendenza, della Direzione dell’Ufficio Regionale a Mantova che hanno già spostato il baricentro decisionale a Mantova non possiamo certo imputarle ai cremaschi? Queste decisioni che vedono Mantova protagonista non possono che far nascere in noi la sindrome di diventare la periferia della periferia di un’area vasta certamente non tra le più brillanti del panorama lombardo e non basta, caro direttore, l’ipotesi di grandi progetti europei di sviluppo (se veramente vedranno la luce) per toglierci le nostre preoccupazioni.
Le stesse infrastrutture di sviluppo future previste in quest’area non solo non favoriscono ma nemmeno tengono in conto il territorio cremasco.
Il territorio del Cremasco è vicino o confinante con Lodi e vicinissimo a Milano ma ben 40.000 nostri concittadini del Pandinasco-Rivoltano, pari al 25% del totale degli abitanti del Cremasco, sono alle porte di Milano. Cosa ne penseranno di andare con Mantova?
6) Lascio ogni vecchia e recente polemica dei difficili rapporti Crema- Cremona, ma mi creda direttore, nessuno di noi vuole fare il David Cameron per salvarsi la poltrona o all’opposto il Boris Johnson per sottrargliela. Il nostro è un movimento, un sentire che nasce dal basso, dalla base, dai sindaci che ogni giorno si confrontano tra mille difficoltà che lei conosce con i propri concittadini dei quali raccolgono le istanze. Approfondiamo questa nuova realtà territoriale, cerchiamo di analizzarla, di capirla, di criticarla ma se alla fine la si valutasse positivamente la si incoraggi a crescere e migliorare, in questo momento di gravi difficoltà della politica.
Aldo Casorati
(Sindaco di Casaletto Ceredano)

Quanti furboni si arricchiscono sulla pelle dei profughi
Egregio direttore,
è di nuovo bufera sul centro accoglienza richiedenti asilo (c.a.r.a.) di Mineo in seguito alla conclusione delle indagini della Procura di Caltagirone che ha scoperto l’ennesima truffa ai danni dello stato e dell’Unione Europea. Truffa da un milione di euro e che vede coinvolti nell’ordine; il direttore generale, il presidente, il consigliere delegato nonché altre figure di primo piano di cooperative, case di accoglienza e consorzi vari. Questi personaggi intrisi di pseudo-umanità e gran maestri nel riempirsi la bocca di paroloni ad effetto del tipo; accoglienza, solidarietà e integrazione, non perdevano mai l’occasione di etichettare come razzisti, xenofobi e populisti chi non la pensava come loro e nel contempo gonfiavano a dismisura gli elenchi per ottenere, tramite false attestazioni, i rimborsi dovuti. Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, questo è vero, ma i furboni che si arricchiscono sulla pelle dei clandestini, migranti o richiedenti asilo che a milioni stanno arrivando nel nostro Paese da ogni dove, sono sempre più numerosi, spudorati ma soprattutto senza scrupoli.
Andrea Zecchini
(Camisano)

Guerre sbagliate, odio razziale
Provare indignazione non basta
Signor direttore,
in questo mondo si può sbagliare anche una guerra e Blair, ex primo ministro inglese, sollecitato dall’ex presidente degli Stati Uniti Bush l’ha fatto con la menzogna che gli iracheni erano in possesso di armi letali per l’umanità. Cosa è costata questa guerra agli iracheni? 500.000 morti civili, un milione di dispersi, un Paese: l’Iraq in pieno sviluppo ridotto alla distruzione: città rase al suolo, tutti i servizi distrutti, costretti a scaldarsi con i rami delle piante ed errare per i deserto, 179 soldati britannici morti fra il 2003 e il 2009. Domenica scorsa a Baghdad il peggior attentato suicida con 250 vittime, forse causato dal disequilibrio del mondo contemporaneo.
A Fermo un profugo nigeriano di 36 anni mentre passeggiava con la moglie, ha incrociato due uomini seduti su una panchina, uno ha alzato lo sguardo e dopo aver guardato la donna le ha detto ‘brutta scimmia nera’ sghignazzando. Il marito ha reagito all’offesa. I due provocatori si sono avvicinati al nigeriano e uno l’ha colpito alla testa con un palo della segnaletica stradale e poi prendendolo a calci e pugni fino a quando era ormai inerte. Ricoverato in ospedale è morto. Gli aggressori sono stati riconosciuti come vicini agli ambienti fascistoidi. La moglie nella sua straziante orazione davanti al marito morto ha cantato: ‘Dio dove sei? Perché mi hai lasciata sola in questo mondo cattivo. Spero che Manuel riposi in pace’.
A Dacca un commando di 5 giovani jihadisti entra in un ristorante del centro e sequestra 15 clienti sparando e torturandoli per 12 ore (9 italiani e 7 giapponesi) tutti morti oltre il cuoco e i tre aggressori.
Negli Stati Uniti in due giorni in Louisiana e in Minnesota due afroamericani sono uccisi a bruciapelo dalle armi di ordinanza di agenti di polizia. A Dallas durante una manifestazione gli afroamericani scendono in strada per gridare ‘La vita dei neri conta’. Cinque agenti di polizia uccisi e sei feriti.
Fino quando la sollevazione contro queste schifezze non sarà universale, anche la nostra rabbia non sarà che parole e polvere.
La Lega di Cultura di Piadena

A Cremona tornano i vecchi professionisti della politica
Signor direttore,
oggi il cambiamento non è più prevedibile e graduale, e si è fatto intenso e accelerato, discontinuo e quindi complesso e scomodo da gestire, anche se molto stimolante. In un contesto di nomine di vecchi trombati, o neo nominati. Anche se le compartecipate sono chiamate a svolgere quotidianamente un ruolo importante. La situazione che ho delineato è resa tanto più attuale dal fatto delle recenti nomine, con le caratteristiche di sessantottino doc a cui ricordo, knowledge worker, ovvero professionisti della politica che operano con le chiacchiere. Questo è il nuovo di Cremona.
Olivo Sudati
(Cremona)

Certi cattolici dovrebbero leggere ‘Il Sillabo’ di Pio IX
Egregio direttore,
ho letto le lettere del 6, 7, 10, 14, 19 giugno a commento di quella del 2 giugno a firma Mario Daina, cattolico segretario del Pd di Casalmaggiore. Il mio interesse è andato al di là del motivo della disputa grazie al loro contenuto — in alcuni casi — appassionato perché basato su una fede ispirata anche da tematiche fondamentali. Chi ha vissuto lunghi periodi diversi della propria esistenza cercando di approfondire e rispondere a tanti perché ha capito come certi fenomeni storici si ripetono, sostanzialmente, in tempi diversi e lontani. Il mio pensiero, così, è tornato a Pio IX, il quale l’8 dicembre 1864, pubblicò il ‘Sillabo’, un elenco dei principali e più comuni errori che riguardano Dio, la Chiesa e anche la natura, il mondo, ecc. Una presentazione del Cardini sottolinea il fatto che il Sillabo, letto da un cattolico moderno e da un qualsiasi cittadino dei nostri tempi, convinti che la logica liberaldemocratica sia la sola e possibile, appare mostruoso.
Quando fu pubblicato, scatenò le ire, il disprezzo e il sarcasmo del mondo liberale e di quello democratico. Riflettendo sui rapporti della Chiesa con lo Stato italiano dai tempi di Pio IX ad oggi ed essendo cresciuto negli anni trenta, quando detti rapporti navigavano su acque prevalentemente tranquille, trovandomi ora a constatare come i cattolici italiani si trovino innanzi ad una sorta di sconvolgimento politico-religioso, ho potuto rilevare come Pio IX aveva ben previsto quello che sarebbe successo imboccando la strada di certi errori, che aveva puntualizzato. A certi cosiddetti cattolici, che hanno animato le cronache di questi giorni, dico che sarebbe opportuno che recitassero un sincero ‘mea culpa’.
Claudio Fedeli
(Cremona)

Il referendum è una sfida che Renzi rischia di perdere
Signor direttore,
in prossimità del referendum, l’odore di bruciato è tale che arriva fino sul Colle. Dove Mattarella e Renzi ne hanno lungamente parlato durante un recente incontro. Giunti a questo punto Renzi, si regolerebbe esattamente come avrebbe reagito un anno fa: convocando la direzione Pd per proporre le elezioni anticipate, subito alle urne senza nemmeno attendere il referendum. ‘Non si tratta di un ultimatum’. Mattarella è sempre stato coerente fautore di un mandato popolare chiaro, sarebbe singolare se permettesse di andare al voto con un confuso sistema che rischia di produrre ingovernabilità e paralisi (Renzi non la pensa così: lui è convinto di poter conquistare la maggioranza perfino con un sistema proporzionale al Senato).
Prima di tornare alle urne, insomma, secondo Mattarella sarebbe il caso di rimettere ordine nella legge elettorale. A proposito di referendum. Il premier era orientato a votare l’ultima domenica di ottobre. Ma poi, consultando il calendario, qualcuno si è accorto che c’è il ponte dei Santi, una tentazione irresistibile per gli astensionisti. Per cui l’orientamento ora è quello di votare la nuova Costituzione il 6 novembre. Volendo concludere, da mie personali interpretazioni, il premier, sa benissimo, che ogni giorno che passa sta ‘perdendo la fiducia’ di tutti i suoi vecchi amici. In particolare nel Pd in tanti sono schierati contro di lui. (...)
Andrea Delindati
(Cremona)

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