L'ANALISI
07 Aprile 2024 - 05:20
CREMONA - Nuovo appuntamento con la rubrica ‘Il medico risponde’: il protagonista è il dottor Lorenzo Jacopo Cesaretti, ortopedico di Ortopedia e traumatologia dell’Ospedale di Cremona.
Che cosa s’intende per patologia degenerativa dell’anca?
«È un consumo della superficie articolare della testa femorale e del suo alloggiamento nel cotile del bacino, entro cui la testa del femore ruota consentendo di fare il passo e di muoversi. Può essere causata da diversi fattori che concorrono a creare un’artrosi dell’anca: da un lato, si parla di un’artrosi primaria, su base degenerativa pura, ossia dovuta all’età che avanza del paziente; dall’altro, è secondaria ad altre patologie, molto più rara ma che è importante riconoscere perché può essere lo specchio di malattie sistemiche importanti e che spesso sorgono in età giovanile. L’artrosi dell’anca degenerativa primaria è legata alla famigliarità per la presenza di una morfologia sfavorevole dell’articolazione. Anche il sovrappeso e il tipo di attività lavorativa svolta dal paziente aumenta le possibilità che insorga».
Quali sono quindi i pazienti più a rischio?
«Le persone anziane sono le più a rischio. E sono più colpite le donne sopra i 70 anni, con un’incidenza del 25% ossia 1 su 4; gli uomini sono il 18%».
Quali sono i sintomi?
«Il sintomo principale è il dolore nella regione trocanterica con un’irradiazione inguinale verso il centro del corpo, un dolore che è in genere progressivamente ingravescente. Un dolore che aumenta, talvolta anche velocemente, portando a una limitazione funzionale».
Come avviene la diagnosi?
«La diagnosi di questa patologia degenerativa è radiografica. La RX tradizionale è in genere sufficiente per fare la diagnosi e pianificare il trattamento».
Come viene trattata all’Ospedale di Cremona?
«Dipende dal grado di avanzamento, ma anche da quello che vuole il paziente. Per un’artrosi moderata si applica una terapia conservativa, con farmaci che però curano il sintomo ma non la causa meccanica. Comunque è importante che il paziente, indipendentemente dall’operazione, perda peso. Se il paziente ha difficoltà a svolgere le normali attività quotidiane subentra l’opzione chirurgica, ossia l’applicazione di una protesi. Poi con una efficace riabilitazione che ridia il tono muscolare, il paziente si dimentica di avere addosso la protesi».
La rubrica, realizzata in collaborazione con Asst Cremona, può essere ascoltata sul sito del giornale e sul suo canale YouTube.
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