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IL MEDICO RISPONDE: IL VIDEO

Carotidi e ictus da ischemia: la prevenzione è possibile

Il dottor Baratta, direttore della Struttura dipartimentale della Chirurgia vascolare dell'Ospedale di Cremona: «Dobbiamo rimuovere la placca prima che si verifichi il danno»

Cinzia Franciò

Email:

cfrancio@laprovinciacr.it

28 Agosto 2022 - 05:25

CREMONA - Torna l’appuntamento settimanale con la rubrica «Il medico risponde». Protagonista di questa puntata è il dottor Vittorio Baratta, direttore della Struttura dipartimentale della Chirurgia vascolare dell’Ospedale di Cremona.

«Con il termine di ictus si intende un danno a livello cerebrale dovuto a due situazioni, emorragia o ischemia» chiarisce il dottor Baratta. L’ictus su base ischemica deriva da un mancato o quantomeno insufficiente flusso di sangue al cervello dovuto a embolie che partono a livello cardiaco arrivando ai vasi cerebrali oppure legato a una patologia arteriosclerotica con una chiusura dei vasi a livello intracranico.

«La patogenesi che riguarda specificatamente il chirurgo vascolare è quella che si localizza a livello delle carotidi - spiega il dottor Baratta -. Le carotidi, insieme alle arterie vertebrali, portano sangue al cervello. E insieme alle coronarie e ai vasi degli arti inferiori sono le sedi colpite dall’arteriosclerosi che consiste nella comparsa di placche di calcio e lipidi che possono accrescersi fino a chiudere la carotide o rompersi, da lì il sangue trascina degli emboli fino al cervello».

Il chirurgo vascolare, quindi, interviene prima che si verifichi l’ictus da ischemia proveniente dalle carotidi. «Il 20-30% degli ictus ischemici hanno origine da questa patologia della carotide - specifica il dottor Baratta -. Individuata la placca bisogna capire se è talmente pericolosa da richiedere l’intervento chirurgico».

PAZIENTI A RISCHIO

A rischio sono i pazienti dai 60 anni in su, diabetici, ipertesi, con ipercolesterolemia. Anche i fumatori rientrano in queste categorie a rischio. «Il nostro scopo è di prevenire la comparsa dell’ictus - chiarisce il dottor Baratta -. L’esame fondamentale è l’ecocolordoppler dei tronchi sovraortici . Una placca per essere trattata deve occludere almeno per il 60-70% la carotide, al di sotto di questi valori non si deve fare nulla. Sopra questi valori si esegue l’angioTac delle carotidi».

Due sono le possibilità oggi per trattare questi restringimenti: «La chirurgia tradizionale che consiste in un’incisione al collo per l’asportazione della placca dalla carotide - riprende il dottor Baratta -. L’altra possibilità è una procedura di angioradiologia interventistica che consiste nel mettere uno stent nella carotide». E poi: «Operiamo solo le placche che ostruiscono oltre il 60-70% perché entrambe le procedure sono gravate da un rischio di un ictus dello 0,5-1% per la chirurgia tradizionale e quasi del 2% per la procedura endovascolare. Noi operiamo quindi solo pazienti con un rischio di avere un ictus di almeno 20-30 volte superiore a quello che correrebbero facendosi operare».

La video rubrica dedicata alla salute - in collaborazione con l’Asst di Cremona - tratta tutte le settimane un argomento specifico con l’aiuto di uno specialista. Informazioni sulla Chirurgia vascolare dell’Ospedale di Cremona sul sito (www.asst-cremona.it).

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