''La strada di Ilaria''
di Francesco Cavalli
pagine 122, € 13
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C’è in Somalia una strada che si snoda per chilometri da Garowe e Bosaso lungo un altopiano arido, in una zona poco battuta. Molti indizi fanno ritenere che per aver scoperto un traffico di rifiuti tossici dall’Italia alla Somalia e la pericolosa commistione tra affari, criminalità organizzata e politica Ilaria Alpi, giornalista del Tg3, e l’operatore Miran Hrovatin siano stati uccisi in un agguato mirato. Era il 20 marzo 1994 e la verità su quel duplice omicidio non c’è ancora. A molti paiono né veritiere né plausibili le conclusioni raggiunte dalla commissione parlamentare d’inchiesta che stabilì, nella relazione passata a maggioranza (e di opposto tenore rispetto ad altre due) che Ilaria e Miran rimasero uccisi in un tentativo di rapimento andato a male. Francesco Cavalli ripercorre La strada di Ilaria in un testo che unisce inchiesta giornalistica, memoria e narrazione per raccontare di una donna — una giornalista — che è morta cercando la verità, che è morta quasi sicuramente perché questa verità l’aveva trovata. Il libro di Cavalli, presidente del Premio Ilaria Alpi, intreccia le tante storie accomunate dalla strada che va da Garowe a Bosaso. Racconta dei ragazzini-pastore che vedono il nastro d’asfalto percorso da strani convogli; racconta dei pescatori afflitti da malattie strane dopo che lo tsunami ha fatto riemergere bidoni arrugginiti; racconta della giovane interprete in un cantiere italiano che assiste a misteriosi traffici notturni. E racconta di Ilaria, che pochi giorni prima di essere uccisa ha intervistato il capitano del porto di Bosaso e il sultano Ali Mussa Bogor. Di Ilaria, colpita al capo a bruciapelo da un colpo d’arma da fuoco. Di Ilaria, cui dopo la morte furono violati i bagagli e di cui sparirono gli appunti e le videocassette registrate. Di Ilaria, cui l’autopsia fu fatta solo nel ‘96 (il corpo venne riesumato anche nel 2004). Di Ilaria, che aveva portato in tv un modo nuovo di fare giornalismo: «Molto preparata, con robusti studi alle spalle. Un’arabista, un’ottima conoscitrice del mondo vicino-orientale a cavallo tra Africa e Asia (...) era seria, grintosa, competente; non solo mostrava le informazioni di prima mano, dal luogo in cui i fatti avvenivano: sapeva anche molto bene di che cosa parlava», la ricorda Pietro Veronese nella Prefazione. Il libro è inoltre completato da un intervento di Mariangela Gritta Grainer, presidente dell’associazione Italia Alpi, che ricostruisce cronologicamente il caso e le vicende a esso collegate, dall’omicidio di Mauro Rostagno ai passi giudiziari.
Barbara Caffi
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