Metodo e pervicacia sono le virtù che accompagnano Giacomo Ghezzi nel suo cammino artistico ripartito tra pittura e scultura. Ho presente il grande tavolo su cui lavora nella sua casa/studio/museo: piccole carte disseminate ovunque, ritagliate o recuperate appositamente per assecondare un'idea, un progetto. Matite, pastelli ad olio sempre pronti, un segno deciso, graffiature, piccole campiture, sovrapposizioni e altro colore. Nascono così le sue piccole "grandi" donne; prima una spalla, un seno, le gambe e poi ancora viste da un'altra prospettiva si ripetono allungate, sdraiate, sedute, pronte al nuovo sguardo, a molti sguardi senza fine, un susseguirsi di schegge che velocemente passano nella memoria di Ghezzi.
Non hanno nome queste figure ma, la sensibilità di Ghezzi le accomuna sensualmente in egual misura , con grande rispetto. Una vicina all'altra, cosa stanno sussurrando tra loro? Per chi vuole ascoltare emergono storie: alcune arrivano da lontano e sono storie di povertà, emarginazione, altre raccontano di momenti felici, spensierati, di tempi andati, di arrivederci e di addii, perchè è così che gira la vita. Piccoli disegni si alternano a grandi carte , la cifra è la medesima e, solo un occhio attento può cogliere le sottili differenze che esistono tra le molte figure che giacciono ovunque nel suo studio e che lo avvolgono amichevolmente. Verrebbe voglia di custodirle come si faceva (molti lo fanno ancora) con le immagine religiose, i santini, non per una preghiera, una supplica o per protezione ma, per un semplice pensiero, fuori dal tempo, lontano. In una prosa di Ghezzi ho trovato questa frase. "quella luce, quell'energia meravigliosa, quella vita, sono state le sole cose che hanno scaldato il rigido inverno". E, osservandole una dopo l'altra, un pochino di calore arriva anche a noi che, per questo e non solo, gliene siamo grati. Giacomo Nuzzo