L'ANALISI
I PARADOSSI DELLA RIPARTENZA
08 Aprile 2023 - 21:21
CREMONA - Sulle tavole di Pasqua ci saranno ben 268 ottimi prodotti tradizionali lombardi, ma proprio nei giorni festivi Confartigianato Lombardia lancia un sos: mancano quasi tremila addetti del settore alimentare fra pasticceri, panettieri e pastai. Un vero e proprio controsenso, visto che il mercato è in forte rialzo, con il Made in Italy che è sempre più richiesto e apprezzato. «La mancanza di addetti in realtà è un problema cronico e generalizzato, pensiamo ad esempio al settore della meccanica dove non si trovano saldatori – precisa Massimo Rivoltini, presidente di Confartigianato Cremona –. Parliamo poi di un problema che quando il mercato è fermo non si nota, mentre ora che siamo in ripresa risulta logicamente molto più evidente: perché c’è il lavoro e non riusciamo a starci dietro. La produzione alimentare sta andando bene e ha grandi potenzialità ulteriori per la seconda parte dell’anno, ma a fronte di ciò manca personale e il discorso riguarda anche e soprattutto la parte finale: quella della somministrazione». Il riferimento è alla ristorazione, con il rischio che l’arrivo della stagione estiva e l’incremento del turismo mandino ulteriormente in sofferenza le aziende.
In Lombardia, delle 4.250 entrate professionali del settore previste dalle imprese (fra pasticcieri, gelatai, conservieri artigianali, panettieri e pastai artigianali) ben 2.530 unità risultano di difficile reperimento. Quota superiore del 16,4% rispetto a quella nazionale: la nostra regione, con un deficit di lavoratori del 59,5% stando all’elaborazione dell’ufficio studi di Confartigianato, risulta dunque seconda per maggior complessità nel reclutare queste figure. Va peggio solo nelle Marche, dove all’appello manca il 68,6% degli addetti. Se confrontato con il resto delle imprese lombarde, inoltre, il deficit di personale nel settore risulta superiore di 18 punti percentuali.
Ma da dove arriva tale difficoltà nel reperimento delle risorse umane? Rivoltini parla di una serie di concause: «Ci scontriamo con due fattori – spiega – quelli economici e quelli sociali-psicologici. Nel primo caso, è vero che in Italia ci sono salari più bassi. Ma va anche detto che per quanto riguarda l’alimentare è basso il somministrato mentre gli oneri contributivi a nostro carico sono alti. Le aziende poi hanno incamerato gli aumenti legati a materie prime ed energia, che fortunatamente si stanno un po’ assestando, e hanno anche sofferto la pandemia. Non sono più in grado di applicare ulteriori rincari sui prodotti, perché significherebbe portarli fuori mercato. Quindi l’unica possibilità è andare ad agire sul cuneo fiscale, anche per alzare il potere di spesa dei cittadini e quindi il reinvestimento nel mercato locale». Poi gli aspetti sociali: «Va detto che purtroppo registriamo anche una certa non volontà dei giovani riguardo l’approccio al lavoro. Forse è anche questa una conseguenza della pandemia. Sul fronte della formazione e dell’alternanza scuola-lavoro si cerca già di fare il possibile».
Intanto di recente Confartigianato Cremona ha partecipato ad un convegno presso l’Accademia dei georgofili di Firenze, durante il quale si è avuta riconferma del fatto che il Made in italy è sempre più ricercato: «Si è parlato dei Pat, prodotti agroalimentari tradizionali – conclude Rivoltini – che sono ben 5.400, con certificazioni su microproduzioni regionali. Su questo fronte stiamo andando davvero benissimo». Dunque quasi un invito, rivolto anche e soprattutto ai ragazzi. A livello locale Confartigianato Cremona registra 135 imprese del settore dolciario, di cui 108 artigiane (l’80%); le pasticcerie sono invece 92, di cui 72 artigiane (il 78,3%). L’incidenza dell’artigianato, composto da 180 imprese su un totale di 227, è dunque pari al 79,3%.
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