L'ANALISI
14 Aprile 2014 - 14:57
Continua la storia degli insediamenti longobardi nel Cremonese. Un documento riporta solo le località più vicine a Sospiro, ma in realtà i possedimenti del ducato di Brescia nel Cremonese dovevano essere ben più ampi. Basti considerare che il paese dista dall'attuale confine con il bresciano, tracciato dall’Oglio, più di una trentina di chilometri, probabilmente era longobarda tutta la fascia che costeggia l’Oglio in territorio cremonese, da Genivolta a Calvatone, un territorio lungo quasi 100 chilometri e largo trenta. I possedimenti, dall’epoca carolingia fino al XIII secolo furono oggetto di disputa tra il vescovo di Cremona e il potere laico. Molto probabilmente facevano parte del ducato di Brescia, ma autonomi rispetto a Sexpilas, sicuramente Alfiano, come attesta un documento del VIII secolo, e poi probabilmente Iovenalta (Genivolta), Casale Maurani (Casalmorano), Azzanellum (Azzanello), Trigulum (Trigolo), Pratobissio (Castel Visconti), Curte Barulfi (Aspice), Gabianito (Gabbioneta),Casalem Sihonis (Casalsigone), Freganino et Bulgaro (Gadesco), Gazzo (Pieve San Giacomo). La curtis di Sextum, oggi Sesto e Uniti, era posta, come Sexpilas, a sei miglia dalla città, a ovest, a pochi chilometri dalla confluenza dell’Adda con il Po. Documenti di poco posteriori all'epoca longobarda informano che a Sextum esistevano, chiese, case, e un palazzo, che verrà chiamato ‘regio’. Doveva essere una curtis di una certa importanza se nell’866 l’imperatore Lodovico II la regala a sua moglie Angilburga. Questa alla sua morte la cede al mo- nastero di San Sisto di Piacenza. E a tal proposito rimane aperta la que- stione dell'appartenenza della curtis di Sesto al tempo dei Longobardi. Considerata la donazione di Angilburga e la relativa vicinanza a Piacenza non è da escludere che la curtis facesse parte di questo ducato. Sotto la giurisdizione di Sextum, se non altro per vicinanza geografica, probabilmente facevano parte: Acquanigrae (Acquanegra), Cornalito (Cornaleto), Crotta (Crotta d’Adda), Ossalengo, Marzalengo, Fengo, Farfengo. A pochi chilometri da Sextum esisteva un’altra curtis regia, Tencara, nel territorio dell’attuale Pizzighettone (l’antica Acerra, cittadella dei Celti), come attesterebbe un documento del 996. Con esso l’imperatore Ottone concede la navigazione a Tencaria, dove l’Adda confluisce con il Po. Di questo importante snodo fluviale i documenti sono scarsi, nel Codice Diplomatico Cremonese, nei documenti anteriori al X secolo viene citata una sola volta. Eppure Gualazzini non ha dubbi: Tencara era sede di corte regia. Altri insediamenti longobardi dovevano essere Azzanellum (Azzanello), castri Soncini (Soncino) e Casale majus (Casalmaggiore). Secondo Gualazzini, le tre località erano ‘castra’ ma come al solito i documenti coevi sono ine- sistenti, nel Codice Diplomatico Cremonese, sono pochissime le citazioni che riguardano i tre castra fino a tutto il X secolo. Solo per il primo un atto di donazione, però del 1019, sembra in effetti confermare che ad Azzanello esistesse un insediamento longobardo di una certa entità. La nobile Ermengarda si dichiara longobarda, e cede al prete Girardo di Acqualunga Badona (nel territorio dell’attuale Paderno Ponchielli, la località è oggi una sua frazione) am- pie porzioni di terra. L’atto di donazione spiega anche che Ermergarda era vedova e figlia di Tedoldo. Azzaello, che molto probabilmente faceva parte del ducato di Bergamo, era caratterizzato da zone arimanniche, e ancora oggi molti nomi dei luoghi riportati nell’atto di donazione sono rimasti: Romanengo, Isano, Gazzolo. Un po’ più a nord esisteva Soncino, castri Soncini, anch’esso sotto il duca bergamasco. Secondo alcuni storici l’insediamento risali- rebbe addirittura ai Goti (le cronache locali, ma non esiste una documentazione, asseriscono che il nome si dovrebbe fare risalire a un ufficiale goto). Perfino un documento del 920, riportato dall'Astegiano, non aiuta, essendo falso. Il diploma di Berengario I prima del 625 Matelda, vedova di Adalvaldo, re longobardo, avrebbe fondato nel castri Soncini la chiesa di San Pietro. Il documento probabilmente risale al XIII secolo, ma in qualche modo richiama alla presenza longobarda nella zona, anche perché le zone circostanti Soncino hanno ancora nomi che richiamano i nuovi conquistatori: Ticengo, Romanengo, che addirittura si chiamava Arimanengum, Isengo. Inoltre in zona erano molto praticati i culti della Santa Trinità (rimane un affresco del ‘400, che la rappresenta secondo la concezione ariana, il Padre ripetuto tre volte) e di San Michele, culti molto cari ai longobardi.
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