L'ANALISI
07 Settembre 2025 - 05:25
CREMONA - Protagonista della rubrica «Il medico risponde» è il dottor Luca Pianta, direttore di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale di Cremona.
«L’iperparatiroidismo è l’aumentata produzione di paratormone, un ormone secreto dalle piccole ghiandole paratiroidi situate nel collo vicino alla tiroide. Di solito sono quattro, due a destra e due a sinistra, ma talvolta possono trovarsi in sedi atipiche, come il torace vicino al cuore. Questo aumento può essere “primitivo”, quando le ghiandole stesse producono troppo ormone senza stimoli esterni, oppure “secondario”, legato a condizioni come insufficienza renale avanzata, ridotto assorbimento intestinale di calcio o carenza di vitamina D. L’iperparatiroidismo “terziario” si verifica nelle fasi terminali dell’insufficienza renale, quando le ghiandole continuano a secernere ormone anche senza stimoli appropriati. Il paratormone regola la concentrazione di calcio presente nel nostro organismo».
«I sintomi dipendono dall’aumento di paratormone nel sangue. Spesso sono legati a iperplasia o piccoli tumori benigni delle ghiandole, che secernono ormone anche quando il calcio ematico è normale. Raramente si tratta di tumori maligni, che provocano livelli di paratormone molto elevati. L’eccesso di ormone determina maggiore assorbimento di calcio dall’intestino e riassorbimento dalle ossa, causando dolore articolare e muscolare, stanchezza, debolezza, irritabilità, cefalea e tendenza alla depressione. Può aumentare la calciuria, portando a calcolosi delle vie urinarie ricorrente. Molti pazienti però sono asintomatici e la diagnosi spesso arriva da esami di routine».
«Il sospetto nasce dal dosaggio del paratormone nel sangue. Valori elevati, associati a ipercalcemia o ipofosfatemia e a una vitamina D normale, orientano alla diagnosi. Gli endocrinologi o i nefrologi confermano la condizione e valutano i sintomi. È poi necessario localizzare le ghiandole responsabili con ecografia, scintigrafia o, se necessario, PET con colina. La localizzazione è fondamentale perché le ghiandole sono piccolissime e possono essere ectopiche o coinvolgere più unità».
«La cura definitiva è chirurgica: rimuovere la ghiandola malata. Prima dell’intervento si localizza la ghiandola e durante l’operazione si misura il paratormone prima, durante e dopo la rimozione. Una riduzione del 50% rispetto al valore basale conferma l’avvenuta riuscita. Il taglio è minimo, la sutura plastica e la degenza spesso dura una sola notte. I controlli post-operatori prevedono il monitoraggio dei valori di paratormone per prevenire recidive, particolarmente probabili quando più ghiandole sono coinvolte. Con procedure corrette, il successo supera il 90%».
La rubrica è realizzata in collaborazione con Asst Cremona e può essere ascoltata sul sito internet del quotidiano La Provincia di Cremona e di Crema e anche sul suo canale YouTube.
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