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LA NOSTRA STORIA

Dopo i Goti e i Bizantini in Val Padana arrivano i Longobardi

I guerrieri dalle lunghe barbe

Gigi Romani

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29 Marzo 2014 - 19:31

Dopo i Goti e i Bizantini in Val Padana arrivano i Longobardi
Anche i Goti dunque furono un popolo padano, o meglio che si stanziò in Val Padana. Ma fu uno di quelli che almeno a Cremona e nel Cremonese lasciò poche tracce, si fa fatica a seguire perfino la toponomastica. Con questa puntata (la prima di tre) dei ‘Popoli in Val Padana’ racconteremo l’invasione e la dominazione longobarda, questa sì che ha lasciato tracce profonde. Quando Giustiniano riconquista l’Italia i Goti, nonostante la strenua resistenza, spariscono. La Penisola è prostrata: rovine ovunque, campi abbandonati, città spopolate. I Bizantini si insediano in un paese ridotto alla fame e neppure in tutte le zone. Finora non è stato possibile, su basi documentarie, ricostruire la Cremona bizantina. Un lungo periodo rimane oscuro, certo un forte presidio di soldati era in città. Sotto la protezione dell’Impero d’Oriente, che a dire il vero considera l’Italia come una terra da sfruttare più che come una provincia romana, si ha un pe- riodo di relativa calma. Ma all’orizzonte si vedono già le lunghe alabarde e le barbe di una tribù bellicosissima che aveva già dato prova di crudeltà a seguito di Narsete durante la guerra goti- co-bizantina (tanto che il generale se ne libera proprio perchè troppo feroci e turbolenti, difficili da gestire). E’ il 568 dopo Cristo i Longobardi, o Langobardi, sono in arrivo dalle pianure pannoniche (Ungheria). Si muove un popolo intero: guerrieri, donne, bambini, carri, bestiame, schiavi. Una colonna di una decine di migliaia di individui (forse 100mila) attraversa le Alpi ed entra in Italia dal Friuli. Travolgono le difese bizantine, tutto il nord viene conquistato in pochi mesi. I Longobardi arrivano fino in Calabria, instaurano ducati in tutto il territorio. Ma alcune città resistono, o meglio i Longobardi non hanno neppure tentato di assaltarle: sono quelle poste sull’acqua, mare, fiumi o laghi che siano: i Longobardi non sanno navigare, non conoscono le navi e i remi (e un pensiero va ad Odisseo: popoli che non cono- scono il mare e scambieranno il remo per un ventilabro). Sono passati 35 anni dal loro ar- rivo, l’Italia è saldamente in mano ai duchi pannonici che adesso possono dedicarsi con calma alle città che resistono, soprattutto Ravenna, Mantova e Cremona. La città all’epoca sorgeva su un promontorio in mezzo al fiume, il Po la circondava per tre lati, era impossibile prenderla se non aiu- tati da una flotta. La città resiste strenuamente, i bizantini, secondo una ricostruzione di Ugo Gualazzini sono assestati tra l’attuale corso Garibaldi, San Luca, via Bissolati, qui c'è il campo fortificato, quello che il professore definisce ‘cataulada’, campo fortificato. I Bizantini si difendono bene, ma i Longobardi, guidati dal loro re Agilulfo, marito della cattolicissima e bavaraTeodolinda, chiamano in soccorso gli Avari o ‘Schiavoni’ come li definisce lo storico longobardo Paolo Diacono, che invece di navi se ne intendono. Gli Avari costruiscono una piccola flotta con macchine da guerra e pongono d’assedio la città che resiste per più di un mese. Il 21 agosto del 603, come riporta sempre Paolo Diacono, la città viene presa e rasa al suolo (stessa sorte toccherà poi a Mantova, che però sembra abbia avuto un trattamento più umano). L’accanimento contro Cremona si potrebbe spiegare come una forma di espiazione: i cremonesi-bizantini avevano dato del filo da torcere ai longobardi, e per questo adesso dovevano pagare. Senza contare che nonostante la grande crisi Cremona era ancora una città relativamente ricca, e la voglia di bottino era tanta. Fonti più tarde agli avvenimenti sostengono che Agilulfo era così arrabbiato con i cremonesi che emana un editto dove addirittura si vieta la ricostruzione della città. Questa circostanza però è da leggere in chiave ‘teodolindiana’ : fu la regina cattolica a convincere il barbaro marito a ricostruire Cremona, e cominciando proprio da un edificio sacro. A lei infatti si deve, secondo la leggenda, la costruzione di San Michele, e il santo in effetti era il protettore dei Longobardi. Attorno alla chiesa Cremona rinasce e la mancanza di documenti o reperti sicuri ha aperto un dibattito storico e archeologico ancora oggi non risolto.
Fulvio Stumpo
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