Sant’Agostino era un rione signorile, con strade molto antiche fiancheggiate da palazzi austeri, chiese e conventi secolari. Il suo cuore ‘batteva’ in una piazzetta dalla forma irregolare dominata dalla bella chiesa parrocchiale, scrigno di tesori preziosi: accanto alle grandi tele del Massarotti e agli affreschi attribuiti a Bonifacio Bembo la celebre tavola con la ‘Madonna in trono’ del Perugino, particolarmente cara a Giuseppe Verdi che non mancava mai di recarsi ad ammirarla nei suoi frequenti viaggi in città. Anche oggi sant’Agostino mantiene le tracce dell’antica signorilità, nonostante molti palazzi siano stati smembrati o riconvertiti, le chiese soppresse, le strade asfaltate (non tutte, per fortuna). Un fascino che si percepisce, insieme con la connaturata tendenza dei residenti alla discrezione. I più anziani del quartiere utilizzano un gergo che ha sapore d’antico: parlano di casa Groppali, casa Ferrari, casa Manna, casa Martini e intanto evocano con nostalgia una fetta di mondo che non c’è più, mache sopravvive nella cura e nell’orgoglio degli eredi. «Vado alla Stipel», si diceva fino a un bel po’ di anni fa «a pagare la bolletta ». E si entrava nel palazzo d’angolo tra via Cadolini e via Anguissola senza sapere che lì, anticamente, sorgeva la chiesa di san Giovanni Nuovo. «Cosa facciamo stasera, andiamo a vedere un film?». E si infilava la porta a vetri del cinema Italia, aperto in via Anguissola fin dal lontano 1915. «E’ un po’ che non ti vedo, sei stato in via Jacini?», si scherzava tra amici per dire: «Sei stato in prigione?». Perchè fino al 1993 era l’attuale palazzo di giustizia ad ospitare i carcerati prima del trasferimento a Cà de Ferro. I tempi sono cambiati e con essi anche il quartiere dei palazzi e delle chiese. Le occasioni per attraversarlo sono sempre meno, con beneficio di chi invece ci torna anche senza motivo. Per godere ancora «non lungi dalla città», di un piccolo mondo appartato «pervaso di monastica quiete». Mariagrazia Teschi