L'ANALISI
10 Luglio 2013 - 13:24
CREMONA — Già in precedenti scritti don Marco D’Agostino ha considerato i temi dell’identità e della ‘crisi’ di un sacerdote. Si direbbe anzi che essi ritornino con frequenza nel suo confrontarsi costante e in prima persona, che lo si chiami autoanalisi o esame di coscienza, con quanto vocazione e ministero lo portano ad annunciare agli altri. Stavolta, nel suo ultimo libro, l’approccio è ancora più diretto. Un po’ provocatorio fin dal titolo: Smetto di fare il prete? (Edizioni Messaggero Padova, pagine 95, euro 9,00). Non sappiamo quanto di autobiografico vi sia nel protagonista del racconto, ma certo l’autore attinge abbondantemente alla propria esperienza, individuale e relazionale. Alla consapevolezza che la fragilità, umana e sacerdotale, è un vaso di creta e a quella, ancora più marcata, che la fede e l’amore di Cristo sono un tesoro da non barattare. Così non intende estraniarsi dal contesto sociale e culturale nel quale oggi deve vivere e operare, sporcandosi le mani e impolverandosi i piedi, ma (o proprio per questo?) rimanendo fedele. Il rapporto con i giovani che di tale contesto sono verosimilmente l’espressione più immediata, lo aiuta a pensare, a comprendere, a crescere, anche lottando. Oltre le ‘sicurezze’ della propria stanza, dei libri, del computer. Oltre la tentazione della chiusura in se stesso.
La collocazione spazio-temporale della ‘crisi’ del protagonista è quanto mai indovinata: incomincia nella notte tra il mercoledì e il giovedì santo e si conclude la sera del giovedì, quella della Cena del Signore e della lavanda dei piedi. Il fattore tempo è importante, il tumulto dell’anima si colloca, quasi paradossalmente, in una scansione ordinata, razionale, regolare. Alcuni capitoli iniziano con l’indicazione precisa dell’ora, delle condizioni atmosferiche («piove a dirotto»; «un raggio di sole saluta la mattinata»…); c’è il suono abituale della sveglia e quello, sacro, delle campane. L’ambiente assomiglia a quello del Seminario, ma non pochi momenti (dalle confessioni alle celebrazioni) potrebbero benissimo svolgersi in una parrocchia.
Una giornata breve eppure densa di impegni è descritta nei suoi particolari più ordinari, che parrebbero insignificanti. E al suo interno si collocano il dramma, le domande più radicali ed esistenziali di un sacerdote, probabilmente di un sacerdote ancora giovane, compresa l’illusione di un attivismo fine a se stesso. Compare la notte; non solo quella astronomica, ma quella dei mistici, dell’oscurità dello spirito, dell’apparente silenzio di Dio. «O Dio vieni a salvarmi», l’incipit della preghiera dei salmi è ‘tradotto’ dall’autore così: vieni a salvarmi «da me stesso, dal male che desidero fare, dai miei pensieri fuori strada». Il percorso seguito è quello stretto, accidentato, segnato da contraddizioni, eppure non rinnegato, che conduce il prete dal «fare» all’«essere». Anche conoscendo le dinamiche del corpo, e vivendo le obiezioni più comuni della mentalità secolare, a partire da quella al celibato. O affrontando, in confessionale, le ‘emergenze’ pastorali contemporanee. Una delle pagine più sofferte e insieme più belle del libro ci parla dell’incontro con un giovane che non può ricevere l’assoluzione perché convive con una donna divorziata. Una pagina bella perché «un prete deve esprimere il suo affetto. Sempre. In ogni circostanza.
E’ la sua carta d’identità», deve (e sa) restituire la certezza che «il Signore…vuole ancora bene». Nel giovedì santo, giorno dell’istituzione dell’eucarestia e del sacerdozio, e ideale conclusione del racconto, il protagonista sembra raggiungere e ‘riconquistare’ il suo essere tutt’uno con Cristo. Che amò «senza ricevere amore da loro…senza ricavarne guadagno immediato…anche se non avrebbero riconosciuto l’amore». Dunque, riflette il prete sul capitolo 13 del Vangelo di San Giovanni, «sono amato anch’io, anche se apparentemente lontano e confuso. Amato fino alla fine». La preghiera che ne sgorga, poco più avanti, alle ore venti e trenta, mentre «la gente comincia a entrare in chiesa», ne rappresenta il frutto umile e delicato, il ‘riconsegnarsi’ fiducioso di chi aveva dubitato e aveva avvertito la suggestione di altre vie. Perché come annota, nella post-fazione, don Romano Martinelli di Lecco, «qui si narra, non solo un’autoanalisi, ma un incontro, come sulle strade di Emmaus». Quando lo riconobbero nello spezzare il pane.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Mediagallery
CASTELVETRO PIACENTINO. IL VIDEO
IL MEDICO RISPONDE. IL VIDEO
Prossimi EventiScopri tutti gli eventi
Tipologia
Data di inizio 7 settembre 2025 - 21:00
25 località sono pronte a riaprire porte, portoni e ponti levatoi ai visitatori
Tipologia
Data di inizio 9 settembre 2025 - 21:00
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris