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IL VOTO NEGLI STATI UNITI

«Con Trump in crisi i valori fondanti della democrazia»

Il filosofo Ceruti legge l’esito delle elezioni nel più ampio contesto globale»

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

07 Novembre 2024 - 05:30

«Con Trump in crisi i valori fondanti della democrazia»

Il filosofo Mauro Ceruti

CREMONA - «Donald Trump esprime nella sua persona, nella sua storia il paradosso che viviamo a livello globale. Siamo sempre più interconnessi e sentiamo la necessità di alzare barriere, abbiamo grande facilità di accesso ai mezzi di comunicazione e, in realtà, sempre meno riusciamo a comunicare fra noi. Siamo sull’orlo dell’abisso e Trump lo dimostra in maniera plastica».

È diretto Mauro Ceruti, filosofo cremonese, nel suo commento all’esito delle elezioni americane, che hanno incoronato Donald Trump, 47° presidente degli Stati Uniti. Una vittoria netta, contro ogni previsione.

«In realtà la probabilità di questa escalation era contenuta nello stile della campagna elettorale, caratterizzata da una brutalità dei toni insieme alla semplificazione delle problematiche. Questo binomio ha giocato a favore di Trump e ha costituito un salto di qualità».

Cosa intende dire per salto di qualità?
«Si è normalizzato il linguaggio d’odio e questo all’interno del rituale per eccellenza delle democrazie: la campagna elettorale e le elezioni. Si sono radicalizzati e resi normali il linguaggio iroso, il disprezzo dell’avversario, la volgarità».

Questo che cosa comporta?                                                                                                                                         «Non dimentichiamo che la lingua è specchio di una società e di una civiltà».

Tutto ciò al di là di quello che Trump potrebbe fare?
«Non è preoccupante solo quello che potrebbe fare o farà Trump, ma credo siano ancora più inquietanti i milioni di cittadini che, nella maggiore democrazia del mondo, hanno aderito al linguaggio, alla retorica e all’estetica trumpiana».

Che cosa legge in questa adesione massiccia?
«Ciò che vi si può leggere è la crisi degli elementi fondativi della democrazia e il desiderio di poter contare su soluzioni semplici a problemi complessi che fanno paura. Questo sembra promettere Trump».

Pare di capire dalle sue parole che la promessa di Trump sia una sorta di specchio per le allodole.
«Ha vinto Trump, ma a trionfare sono state le oligarchie economiche e finanziare. Non dimentichiamo che Trump ha vinto insieme a Elon Musk ed entrambi sono l’espressione di un trionfo più ampio».

Quale?
«Il successo del neoliberismo è all’origine di tutte le crisi globali che stiamo vivendo. Parto da quanto disse Margaret Thatcher: la società non esiste, esistono solo gli individui. E mettere in competizione gli individui fa ricchezza. Donald Trump ed Elon Musk dicono che la Terra non esiste, l’umanità non esiste, ad esistere sono solo le oligarchie e la loro volontà di accrescere in potenza e ricchezza».

Tutto ciò come si lega alla politica protezionista di Trump?
«I muri che il neopresidente americano ha promesso di erigere nei confronti dei migranti sono, paradossalmente, i meno allarmanti. La possibilità di dazi da imporre all’Europa rischia di essere peggio delle guerre in corso. Assisteremo all’incremento di nuove povertà, a un sempre maggiore squilibrio fra chi vive nel benessere e chi è nella miseria. Le guerre economiche all’orizzonte rischiano di essere peggio di quelle in atto».

Tutto questo in una assenza, se non insignificanza di un’alternativa credibile?
«È questo il punto. Il trionfo di queste destre illiberali, non solo in America, è legato alla mancanza di un’alternativa, alla mancanza di una visione che possa contrastare le menzogne elevate a verità. Ma la menzogna ha colpito e punito anche i democratici».

A cosa di riferisce?
«I democratici per troppo troppo tempo hanno negato i problemi di salute di Biden, perdendo tempo prezioso».

Biden è stato un buon presidente?
«Sì, ha promosso uno sviluppo economico del paese. Tuttavia non ha ridistribuito le risorse. Così chi era povero si è trovato più povero e ha individuato nella politica di protezione e di apparenti certezze di Trump una risposta alle proprie paure. Tutto ciò è stato ossigeno per la strategia comunicativa di Trump e Musk».

Sta in questo il fallimento dei democratici e di Kamala Harris?
«La campagna elettorale dei democratici era priva di una prospettiva d’azione e ha in parte sofferto dell’appiattimento sul sostegno alle guerre in atto. Aspetti su cui Trump ha saputo giocare d’attacco, proponendosi come il futuro pseudo pacificatore del mondo, ma al tempo stesso attento ai bisogni degli americani e delle loro paure. E gli americani ci hanno creduto, evidentemente».

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Commenti all'articolo

  • 1074roma

    07 Novembre 2024 - 07:45

    Però nei primi 4 anni di Trump non c'è stata nessuna guerra, a differenza di Biben e la Kamala non ha fatto niente per contrastare il suo presidente visto che era il vice. Gli hanno votato contro anche le Donne, gli Ispanici e Gente di Colore, vuole combattere le armi ma se poi gli entrano in casa sua gli spara, ma di cosa stiamo parlando.

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