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IL PROCESSO

Morto dopo il parto, assolta la ginecologa

Bimbo con deficit della proteina surfattante polmonare: nessuna possibilità di sopravvivenza

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

09 Ottobre 2024 - 16:57

Morto dopo il parto, assolta la ginecologa

Il tribunale di Cremona

CREMONA - Quando la mattina dell’11 gennaio 2021 venne al mondo nella sala operatoria dell’ospedale Maggiore, il suo cuoricino batteva, ma il piccolo Elyon, neanche 900 grammi di peso, non respirava. Per venti minuti gli praticarono le manovre e lo intubarono. Tutto inutile, purtroppo. Elyon era nato con il destino già segnato da un deficit congenito impossibile da diagnosticare mentre era nel pancione della sua mamma. Il deficit: la grave carenza di proteina surfattante, che consente al polmone di aprirsi e incamerare aria. Senza proteina, il polmone collassa. Una malattia «incompatibile con la vita».

IL GEMELLINO DI ELYON È SOPRAVVISSUTO

Elyon vide la luce per una ventina di minuti, poi il buio, la morte. Al contrario del gemellino, 970 grammi di peso, cresciuto in un’altra sacca, estratto per primo. Lui rispose subito alle manovre, perché non aveva il difetto genetico della proteina.
Ieri il Tribunale ha assolto un’ex ginecologa dell'ospedale dall'accusa di omicidio colposo del bebè ‘perché il fatto non sussiste’. Il piccolo Elyon non è morto per «acuta sofferenza fetale inseritasi in una condizione di intrinseca fragilità del feto legata ad un ritardo di crescita intrauterino», come avevano stabilito i primi consulenti del pm Davide Rocco. Lo stesso pm oggi aveva chiesto di assolvere la ginecologa alla luce dell’integrazione della consulenza affidata a due nuovi periti: Ezio Fulcheri, professore di anatomia patologica all’Università di Genova, e Gaetano Chirico, direttore dell’unità operativa di Neonatologia e terapia intensiva degli Spedali Civili di Brescia. «Il decesso del neonato - hanno concluso i consulenti — è da ricondurre con elevata probabilità, prossima alla certezza, al deficit congenito di surfattante. La carenza congenita del surfattante avrebbe comunque provocato il decesso, indipendentemente dalla gestione assistenziale della madre e del neonato».

I CONSULENTI: IL RITARDO NEL PARTO CESAREO NON HA INFLUITO SULL’ESITO FATALE

L’integrazione di indagine, il pm l’aveva disposta all’esito dell’udienza scorsa, quando il pool di periti messo in campo dai difensori della ginecologa, gli avvocati Diego Munafò e Fabrizio Rondino, aveva rimescolato le carte dei primi consulenti del pm, secondo i quali nel tracciato cardiotografico di mezzanotte la ginecologa avrebbe dovuto cogliere i campanelli di allarme e procedere subito con un parto cesareo. Si attese la mattina dopo. Alle 7, il primario Aldo Riccardi arrivò in ospedale, la ginecologa gli parlò del caso e alle 7.14 fu fatto il secondo tracciato. Riccardi, in accordo con la collega, decise di «eseguire un taglio cesareo in urgenza». I neonatologi presenti in sala operatoria, al processo hanno poi riferito di aver notato «una mancata espansione della cassa toracica, una rigidità di polmoni nel piccolo. Non rispondeva alle nostre manovre».

LE SEI ORE DI ATTESA NON AVREBBERO CAMBIATO IL DESTINO DEL BAMBINO

Anticipare il cesareo di sei ore, dopo il tracciato di mezzanotte, non avrebbe, quindi, cambiato il destino del bebè. Ma sul punto i consulenti Fulcheri e Chirico qualcosa hanno scritto: «Nella condotta dei sanitari che hanno assistito la madre e il neonato può essere espressa la perplessità sull’intervento di circa sei ore di attesa dal momento del riscontro dei segni di importante sofferenza fetale al momento in cui è stata confermata la sofferenza ed è stato praticato il parto cesareo, ma tale ritardo — lo ribadiscono — non ha influito sull’esito infausto del neonato che si sarebbe comunque verificato anche nel caso in cui il cesareo fosse stato anticipato». In disaccordo, sul punto, i difensori della ginecologa. «Non abbiamo l’assoluta certezza che il bimbo abbia avuto una sofferenza fetale. Se così fosse stato, come sarebbe sopravvissuto per sei ore in ipossia?», ha rilanciato Munafò.

L'AVVOCATO DI PARTE CIVILE VALUTERÀ L'APPELLO DOPO LA SENTENZA DEFINITIVA

Tra 90 giorni la motivazione della sentenza. Si riserva di leggerla per valutare un eventuale appello l’avvocato di parte civile, Giancarlo Rosa, legale della mamma. Solo oggi, ultima udienza, con sorpresa ha saputo dell’integrazione della consulenza: l’avviso del deposito era stato notificato soltanto ai difensori della ginecologa. Il pm si è scusato. Rosa aveva chiesto un rinvio per studiare il nuovo carteggio: 32 pagine più allegati. Rinvio accordato di un’ora.

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