L'ANALISI
09 Giugno 2024 - 05:15
CREMA - Quando i nonni aiutano i nonni: sono più di 800 gli over 65enni cremaschi che quotidianamente — o comunque con una certa frequenza — si recano a casa di anziani non autosufficienti. E ben 68 di loro sono addirittura ultra ottantenni. I dati emergono da un’indagine condotta dalla commissione pastorale per la salute della Diocesi. Ha coinvolto 27 parrocchie, «ma l’obiettivo è presto avere risposte anche da quelle che mancano, dunque si tratta di dati parziali, presumiamo che gli anziani impegnati nel volontariato siano molti di più» sottolinea la presidente della commissione Alessandra Brazzoli. In tutto sono 63 le chiese del territorio, molte raggruppate nelle unità pastorali. L’occasione per presentare questi e altri dati è stato il convegno di ieri dedicato alla città a misura di longevità, promosso dalla diocesi e dal Comune al centro San Luigi, per aprire le iniziative legate al patrono San Pantaleone.
«Con un questionario abbiamo cercato di capire qual è la cura pastorale che le nostre parrocchie danno agli anziani. E poi abbiamo indagato le situazioni di non autosufficienza, ma anche l’incontro con gli anziani che stanno bene».
I sacerdoti che hanno risposto prestano assistenza spirituale a domicilio a circa 1.200 persone avanti con gli anni, a cui poi vanno aggiunti i 120 ricoverati nelle rsa del territorio cremasco. L’impegno che il parroco o il vicario riescono a garantire è quello di una visita al mese. Si tratta però di una media. In alcuni casi i passaggi avvengono una volta la settimana, in altri molto più di rado, una ogni trimestre.
Altro dato interessante emerso dal questionario, riguarda gli anziani che sono pienamente autosufficienti e dunque sono ormai l’asse portante di una società che ha sempre più bisogno di loro. Non solo come volontari, ma anche in ambito familiare. L’esempio classico sono i nonni, baby sitter quasi a tempo pieno. «Si ritrovano sempre di più negli oratori, ormai quasi l’80% si dà appuntamento lì – ha aggiunto Brazzoli –: portano i nipoti alle attività, al catechismo, a giocare e poi si fermano a loro volta». Insomma i centri di aggregazione giovanile per antomasia, appunto gli oratori, trasformati in luoghi di scambi e di incontro tra generazioni. «A fronte di questi dati dobbiamo fare in modo che gli stessi oratori si adeguino alle necessità di questa fascia di età. Serve uno sguardo diverso, trovare finanziamenti per strutturare in questa direzione gli oratori. Non vuol dire solamente dal punto di vista architettonico, ma anche per quanto riguarda iniziative e proposte. E poi puntare sul confronto generazionale, sul passaggio di informazioni tra chi è più avanti negli anni e i giovani, così da permettere di mantenere una catena generazionale».
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