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LE STORIE DI GIGIO

Il fisico e la Divina Commedia: «Dante mi ha folgorato»

Roberto Fantini, 56enne, cremonese, racconta la sua grande passione per il Sommo Poeta

Gilberto Bazoli

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redazione@laprovinciacr.it

25 Marzo 2024 - 05:25

Il fisico e la Commedia:  «Dante mi ha folgorato»

Roberto Fantini

CREMONA - Lo spettacolo va in scena ogni giorno, tranne Natale, al tramonto, ‘l'ora che volge il disio’. Qualcuno, uomo o donna, semplice cittadino o personaggio famoso, si avvicina, preceduto da tredici rintocchi di campana, alla tomba di Dante Alighieri, nel cuore della Ravenna medievale, all’ombra di una grande quercia fatta piantare da Giosuè Carducci, e declama davanti al pubblico, scarso o numeroso che sia, versi della Divina Commedia. Dura tutto una decina di minuti. Una staffetta, un passaggio di testimone sotto il cielo della bellezza che va avanti dal 13 settembre 2020, nell’ambito delle celebrazioni per i sette secoli dalla morte del Sommo Poeta.

«Ho partecipato anch’io, per tre volte, a questa lettura perpetua», dice, con orgoglio, Roberto Fantini, 56 anni. È un fisico cremonese, più immerso nelle leggi dei numeri e della natura che abituato alle regole della metrica. Anche se, si sa, spesso scienza e poesia si danno la mano.

L’amore per la cultura ha fatto parte della sua vita sin da bambino. «Me lo trasmetteva, prima di andare con mio fratello agli allenamenti di pallanuoto alla Bissolati, mia madre, Luciana, che faceva la maestra. E meno male che è stato così» (il padre, Ernesto, ha ricoperto il ruolo di direttore amministrativo dell’ospedale). Il figlio si è imbattuto in Dante sui banchi del Manin.

«Lo studiavo per una cosa misera come il voto». Non diversamente da intere generazioni di studenti. È stato lì, al liceo classico, che si è deciso il suo futuro professionale. La mia professoressa di matematica, Silvana Rizzi, che adoravo, mi ha chiesto quale strada intendevo scegliere dopo il diploma. L’Accademia militare di Livorno o la facoltà di Fisica, le ho risposto. E lei: fai Fisica. Ho seguito il suo consiglio e mi sono iscritto all’Università di Parma. Non me ne sono mai pentito».

Fantini avrebbe voluto essere assunto in una centrale nucleare. «Ma in mezzo, purtroppo, c'è stato Chernobyl». E così, forte della sua laurea e delle sue competenze, ha peregrinato, sempre come pendolare con base in città, tra varie aziende davvero particolari, da quella specializzata nella fabbricazione di aerosol a un’altra che faceva macchine per la circolazione extracorporea e a un’altra ancora che costruiva filtri per la dialisi. «Intanto spedivo in giro il curriculum».

Dopo altre esperienze ad alto livello, è stato chiamato da una start-up, anche questa attiva in campo sanitario, che sta sviluppando due progetti all’avanguardia per le operazioni cardiovascolari alle valvole aortiche su pazienti ancora non curati. «Siamo in venti, di cui un solo fisico: il sottoscritto. Tutti gli altri sono ingegneri, la maggior parte biomedici. Età media 25 anni. Il terzo più vecchio? Ancora io».

Da 25 anni l’ex allievo del Manin si è trasferito per lavoro in Piemonte, a Torrazza, vicino Torino, mentre la sede della sua attuale impresa è a Colleretto Giacosa, una manciata di chilometri di distanza.

Si è sposato e ha avuto due figli, entrambi maggiorenni: Diletta è iscritta al secondo anno di Ingegneria al Politecnico di Torino, Alessandro sosterrà l’esame di maturità al liceo scientifico. Lui, il padre, non ha dimenticato le sue radici e ritorna spesso a Cremona, dai genitori e dagli altri familiari.

Già, ma Dante? Se n’era dimenticato o quasi. Sino a una data precisa, il 26 dicembre 2004: lo tsunami in Thailandia. «Avevamo la bellissima tradizione di ritrovarci tutti quanti a Natale da mia zia Milena. La vigilia della festa ho sentito Roberto Benigni recitare e spiegare in tv il XXXIII Canto del Paradiso». Là dove Dante, accompagnato da San Bernardo, vede Dio. «Ho pianto dall'emozione». È stata quasi un'illuminazione. «Da quel momento ho cominciato a raccogliere, uno dopo l’altro, tutti i cd di Benigni su Dante. Li conservo gelosamente e non li presto a nessuno. Ho iniziato a capire che la Divina Commedia non è la ‘pizza’ insegnata al liceo, ma sono stato rapito sempre più dalla ritmica, dalla passione, dal trasporto emotivo di quelle pagine. Non è vero che Dante è difficile. Se te ne innamori, lo svisceri».

Il suo ammiratore ha scoperto che il Comune di Ravenna, la città dov’è sepolto, gli stava rendendo omaggio con l’idea della lettura perpetua. Chiunque lo desideri può cimentarsi nell’interpretazione di uno dei canti, che vengono letti, uno al giorno, in ordine successivo. Dal primo dell’Inferno all’ultimo del Paradiso, poi si ricomincia. Per far parte di questa catena umana bisogna prenotarsi. Ma la lista d'attesa è lunga. «Avrei voluto fare l’Ulisse, il mio preferito, o Paolo e Francesca, ma non c’era più posto perché erano tra i più gettonati. Allora ho pensato al Conte Ugolino, ma ero stato preceduto di poco. A quel punto mi hanno proposto il XXXII dell'Inferno, che però non conoscevo. Ho cercato tra i cd di Benigni, ma non lo aveva registrato. Ero spiazzato».

fisico

Roberto Fantini, il fisico letterato

Non si è perso d’animo. «Ho trovato su Youtube quei versi letti da un ‘certo’ Vittorio Gassman e per 40 giorni, il mattino presto, quando gli altri in casa erano ancora a letto, e la sera tardi, quando ci erano già andati, li ho ascoltati in religioso silenzio e alla fine li ho imparati». Li ha ripresentati, a memoria, nel giugno 2022 a Ravenna. «Quel giorno pioveva e, quindi, sono entrato nella tomba di Dante. Avevo il pubblico fuori e lui lì. Ero teso, tremavo».

L’anno scorso, la seconda recita, l’ultimo Canto del Paradiso, quello che, nell'interpretazione di Benigni, lo aveva folgorato.

Ma il momento più atteso è arrivato alcune settimane fa, il 26 gennaio scorso: l’Ulisse, finalmente. Quella volta sono stati gli organizzatori a ingaggiarlo, dopo aver giudicato la sua precedente esibizione, insieme a quella di altri due ‘attori’, tra le tre migliori dell'intero anno.

«Ulisse è l'eroe che ha varcato le colonne di Ercole, che incarna lo spirito umano di spingersi sin dove non si può, di superare i propri limiti. Come afferma Benigni, la Divina Commedia è fatta di vette e quella dell’Ulisse è la più alta. Per quel pomeriggio mi sono preparato poco, ero sicuro di me stesso. Pensavo di riuscire meglio rispetto al passato».

Aveva visto giusto. «Tra gli spettatori c’era una ex insegnante di italiano del liceo classico di Ravenna. Mi si è avvicinata dicendo: ‘bravo, era molto facile sbagliare ma lei ha sublimato Dante, grazie’. Le ho risposto che era stato il complimento più bello mai ricevuto».

Altri se ne sono aggiunti, in rima sui social, per la sua performance e, in particolare, per il ‘rombo della sua voce’. Lo scienziato cremonese ha intenzione di tornare a Ravenna «per misurarmi con il Purgatorio che mi manca».

Nel frattempo si mantiene in allenamento. «Alla cena di fine anno i colleghi di lavoro mi chiedono di recitare qualcosa della Divina Commedia». E lui, il fisico letterato che progetta valvole per il cuore, non si fa pregare.

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