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LE STORIE DI GIGIO

Il piccolo cimitero ebraico: «A Ostiano un angolo ricco di storia»

Minera, ex falegname custode del camposanto: il suo contributo al ricordo della Shoah

Gilberto Bazoli

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redazione@laprovinciacr.it

29 Gennaio 2024 - 05:15

Il piccolo cimitero ebraico: «A Ostiano un angolo ricco di storia»

Giuseppe Minera, custode appassionato del camposanto

OSTIANO - Un fazzoletto di verde alla fine del paese immerso nel silenzio, tra qualche cascina non distante dall’Oglio. È nel piccolo cimitero ebraico di Ostiano, l’unico in provincia, che il Giorno della memoria, istituito per commemorare le vittime dell’Olocausto, si celebra non una volta all’anno ma ogni giorno. «È venuta tanta gente. Sono davvero contento», è il bilancio a fine domenica di Giuseppe Minera, custode appassionato del camposanto. Lo ha tenuto aperto al pubblico dal mattino alla sera. È il suo contributo al ricordo della Shoah. Se non fosse per il falegname in pensione di Pralboino questo angolo ricco di storia sarebbe abbandonato a se stesso, dimenticato, sconosciuto. «Quando l’ho trovato io era una foresta impenetrabile».

Minera indossa una kippah bianca, il copricapo usato, nei luoghi di culto ma anche durante la vita quotidiana, dagli ebrei maschi. «Lo è anche lei?», gli domanda una delle prime visitatrici. «No, signora. Sono cattolico ma ho avuto sempre una grande interesse per questo popolo, la sua religione e la sua cultura».

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Le persone sono ammirate da ciò che le circonda, chiedono, si informano, vogliono sapere. «Quante sono le pietre tombali?». «41», risponde il guardiano indicando la più antica, quella di Israele Finzi, negoziante, risalente al 1812. Mentre la più recente, in memoria di Emilia Treves, possidente e impiegata dallo zio notaio, è del 1943. Emilia fu perseguitata dalle leggi razziali promulgate dal fascismo nel 1938. «Quelle norme la privarono dei diritti civili e le tolsero la dignità», racconta Minera, che di questi defunti ha ricostruito con pazienza la vita. Quella vita riassunta nei commoventi epitaffi sulle lapidi, la maggior parte delle quali reca la doppia iscrizione ebraico-italiano. Nella loro semplicità, sono spesso impreziosite da simboli religiosi come il serpente alato che si morde la gola, le mani benedicenti, le fiaccole, la brocca dell’acqua, le corone di alloro, la stella di Davide.

La domanda di un altro visitatore riporta al 1938: quali erano i numeri della comunità ebraica di Ostiano in quell’epoca? «Era formata da una decina di componenti. Il rabbino non c’era più. Per le funzioni religiose ne veniva uno da Mantova o Milano. In paese nel tempo abitavano ebrei ricchi ma soprattutto poveri».

Questa domenica particolare ha portato a Ostiano appassionati di storia come pure semplici cittadini e anche cittadini con trascorsi politici. Come Pierangelo Ferrari e Francesco Tolotti, ex parlamentari bresciani entrambi, accompagnati dalle rispettive mogli, Graziella e Tina. Le due coppie si guardano intorno, camminano tra i vialetti, scattano fotografie. E si complimentano con il custode «per l’ordine e la sua dedizione».

Poco più in là, un congiunto, Nello Mazzolari, di chi riposa all’ombra dei lillà. «Vengo spesso in questo luogo perché sento un forte senso di appartenenza. I miei antenati sono le famiglie dei Frizzi e dei Coen, ebrei aschenaziti». È stato il loro discendente a fare da silenzioso e riservato intermediario con l’anonima mecenate americana dalle origini lituane che ha donato 10.000 euro, la maggior parte della somma necessaria per i lavori di restauro e di messa in sicurezza di questa oasi di pace e questo tesoro di civiltà strappati alla rovina e all’oblio.

Il Giorno della Memoria 2024 è diverso da tutti gli altri che lo hanno preceduto. Inevitabile che il vento delle discussioni e delle polemiche sul 7 ottobre, il massacro di israeliani compiuto da Hamas, e la risposta di Tel Aviv nella Striscia di Gaza soffi anche tra queste tombe.

«Un conto è l’ebraismo, un altro la reazione di Israele», commenta Mazzolari. Il cugino, Giovanni, sta deponendo un sassolino su una lapide. Prima parla del passato: «Mia zia mi raccontava che, quando qui era tutto aperto, portavano via ogni cosa, specialmente le lapidi».

Poi salta al presente. «L’antisemitismo non è finito. Anzi, ha ripreso forza, è qualcosa che si avverte in giro. Non capisco il perché di questo odio, ancor più di questa ignoranza».

A metà mattina porta i saluti del Comune il sindaco, Canzio Posio. «Nel mondo dell’intolleranza, Ostiano - dice - è stato un esempio di pacifica convivenza tra comunità diverse. L’insediamento degli ebrei ha lasciato tracce che non hanno mai provocato problemi insormontabili, come dimostra anche la presenza di questo luogo. E il suo custode è stato bravo a conservarlo negli anni bui, quando nessuno se ne interessava».

Più sfortunato di Emanuel, Rachele, Aronne e degli altri sepolti qui, al civico Montagnetta 22, fu Marcello Finzi, nato il 9 febbraio 1883. Faceva il sarto, le sue condizioni di salute erano precarie e, dopo essere tornato da Milano ad Ostiano, si trasferì a Mantova, in una casa di riposo. Arrestato il primo dicembre 1943 (pare tradito da una denuncia anonima), il 5 aprile 1944 fu costretto a salire su un treno, il convoglio 09, in partenza per Auschwitz, dove arrivò il 10 aprile. Inabile al lavoro, venne ucciso subito. Una targa lo ricorda nell’androne del Castello Gonzaga, nel centro di Ostiano, dove fu ricavato il ghetto. «Non sarebbe una brutta idea dedicargli anche una pietra d’inciampo», propone Minera chiudendosi alle spalle la piccola porta di legno.

«Perché il mio impegno nel nome della memoria?». Disarmante la risposta: «Se non lo faccio io, non lo fa nessuno». 

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