L'ANALISI
22 Gennaio 2024 - 05:20
Alessandra Sonia Romano mentre suona a Birkenau
CREMONA - Ne ha quattro, compreso quello appartenuto a Maria Adelaide, figlia di Luigi XV, principessa di Francia. Ma è un altro che ama di più. «Sono talmente affezionata ad esso che c'è una simbiosi totale. È in ottime condizioni, lo porto un paio di volte all'anno da un liutaio di Alessandria per la messa a punto, lo tiene d'occhio perché è un po' delicato. Ma ha sempre una voce potente». La voce del violino della Shoah che Alessandra Sonia Romano, musicista di fama internazionale, ha ricevuto dal compianto ingegner Carlo Alberto Carutti, per gli amici Lallo, mecenate e collezionista, cittadino onorario di Cremona, e che tornerà a far sentire in Comune mercoledì prossimo, alla vigilia, il 27 gennaio, del Giorno della Memoria.
Il violino era di proprietà di una ventenne ebrea, Eva Maria Levy, che, dopo essere stata arrestata dai tedeschi, lo portò con sé nel lager di Birkenau, dove si suicidò. Il fratello, Enzo, anche lui internato ma scampato ai campi, lo ritrovò e lo consegnò a un antiquario torinese, senza però mai ritirarlo. È stato in quella bottega che, dopo lunghe ricerche rocambolesche, Carutti è riuscito a scoprirlo, salvarlo e, infine, restaurarlo. È un pezzo francese dell'Ottocento, del liutaio Collin-Meézin Paris. Una storia drammatica e affascinante che ha fatto il giro del mondo. Meno noto, invece, è come quel prezioso testimone dell'Olocausto sia finito nelle mani dell'artista milanese e il rapporto che si è instaurato tra loro.
Bisogna tornare al novembre 2016. «Ero stata invitata ad eseguire alcuni brani di Paganini con il mio trio presso la sala Manfredini del Museo civico di Cremona, dove, dal 2014, in una bacheca era custodito il violino della Shoah. Quando l'ho visto per la prima volta sono rimasta folgorata», racconta la musicista. Tra il pubblico sedeva Carutti, il suo proprietario. «Non sapevo chi fosse né che era lì, è stata una sorpresa. Al termine del concerto mi ha proposto di recarmi il giorno dopo a casa sua per provare lo strumento. Mi ha chiesto se volevo aiutarlo a farlo conoscere e prendermene cura. Ho subito accettato. Tra l'altro io adoro la musica ebraica e ho avuto modo di passare un'estate di approfondimento in un kibbutz a Israele».
Ogni pomeriggio si recava dall'ingegnere. «Il violino era là, sulla scrivania. Mi è piaciuto immediatamente, ed ho avuto la sensazione di piacergli anch'io. Aveva un bel suono, ma sentivo che non era al massimo delle sue possibilità. Da vero esperto qual era, Carutti mi dava dei consigli: in questo punto hai esagerato, in quest'altro sei stata un po' debole. Sono molto orgogliosa, ma capivo che aveva ragione». Quel sodalizio artistico sempre più profondo aveva anche un risvolto umano. «Stavo attraversando un periodo difficile perché avevo perso mia madre. Ero sola e triste Quei pomeriggi mi stavano ridando la gioia di suonare».
Parallelamente alle ricerche sulle origini dello strumento cominciarono le esibizioni pubbliche. «Il debutto fu a Cremona, alla fine del 2016, per la presentazione di un libro di Carutti, proprio nel museo in cui il violino era stato esposto. L'ingegnere aveva 90 anni e mi aveva accompagnato lui in auto» La seconda volta subito dopo, il 17 gennaio 2017, alla Sinagoga centrale di Milano, in occasione dello storico incontro fra il cardinale Angelo Scola e il rabbino capo Alfonso Arbib. «Entrare in scena a pochi passi da loro due e davanti a un nugolo di fotografi mi fece comprendere che io e quel violino ci stavamo conoscendo sempre di più. Potevamo diventare una cosa sola».
Una cosa sola lo sono stati, forse più che altrove, quando, nel marzo 2017, Alessandra Sonia Romano è stata invitata con un gruppo di 700 studenti a partecipare a un Viaggio della Memoria. «Riportare dopo 72 anni il violino a Birkenau e suonarlo in memoria di Eva Maria Levy è stato il momento più emozionante della mia vita. Faceva un freddo terribile, mi sono dovuta togliere il giaccone. Ma pensare alle condizioni in cui si era trovata Eva Maria mi ha dato la forza di cominciare e continuare. Non si sentiva volare una mosca. A quei ragazzi che mi ascoltavano con gli occhi gonfi di lacrime e un groppo in gola ho deciso di proporre un pezzo popolare, noto a tutti: Schindler's list di John Williams. Non sarà stata la mia performance migliore, ma nessun teatro potrà mai commuovermi tanto. Quando suono questo strumento c'è un po' della sua sfortunata e giovane padroncina, il suo dolore ma anche il suo amore per la musica».
Alle pagine del suo libro-diario 'I Violini e la loro anima' (Interlinea) la musicista che si è scoperta scrittrice ha rivelato una confidenza intima: 'Da adolescente la preghiera era per me un momento così privato che non riuscivo a recitarla ad alta voce, difficoltà di cui mi vergognavo'. E continua: 'Ho avuto la sensazione che attraverso la voce del mio violino avrei potuto aprire il mio cuore e invocare Dio con tutta la mia anima'. Succede anche con il violino della Shoah? «È quello che provo in generale ma con esso ancora di più».
Il Giorno della memoria 2024 arriva in un momento particolare, segnato, da un lato, dallo scontro tra Israele e Hamas e, dall'altro, dal ritorno in forme, violente o striscianti, dell'antisemitismo. «Non posso nascondere che c'è chi si è opposto alla celebrazione quest'anno della ricorrenza. Ma credo che in un periodo così tormentato sia ancora più importante ricordare questa data. Una data simbolica che deve farci riflettere sulle ingiustizie di tutte le guerre. A volte si avverte la sensazione che l'Olocausto venga dimenticato e che non si voglia rileggere la storia per non ripetere gli stessi errori. Invece bisogna rievocare quella tragedia con più forza e determinazione». È per questo che Alessandra Sonia Romano continua a portare in giro per il mondo sulle sue spalle la custodia con il violino che ha una stella di David in madreperla incisa sul fondo affidatole definitivamente da Carutti. «Se penserò a Lallo prima del concerto a Cremona? Penso a lui ogni giorno».
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