L'ANALISI
18 Dicembre 2023 - 05:15
Vittorio Mattarozzi
CREMONA - Tra un mazzo di fiori rossi e una coppia di pupazzi. I passanti del Natale probabilmente non sanno che lì, dietro le vetrine di quel negozio del centro, è conservato un piccolo miracolo.
«Il primo e sinora unico strumento uscito dalle mie mani», scandisce con orgoglio. Un orgoglio doppiamente giustificato perché Vittorio Mattarozzi, 27 anni, è un aspirante liutaio sordo che vuole dare voce ai violini.
Questo ragazzo alto e robusto, un po’ timido, vive da sempre circondato dalla musica. Ce l’ha nel sangue. Il papà, Alberto, allievo del grande Gino Nazzari, è uno dei più stimati restauratori cremonesi di pianoforti antichi ed un eccellente accordatore. La mamma, Guendalina, è ingegnere. Vittorio è nato con un’importante forma di ipoacusia.
«Ci siamo accorti da piccolo che non sentiva perché quando lo chiamavamo non rispondeva. Fin dall’inizio non è stato facile per lui», ricorda il padre. Il grave problema all’udito ha ridotto le capacità di apprendimento comunicativo del figlio, che però ha limitato questo gap con volontà e caparbietà. E il sostegno, ad ogni passo, dei genitori. «Finito il liceo artistico, ha avuto un periodo di debolezza. Nel momento delle paure, della fragilità, ci siamo impegnati a tenerlo occupato senza pensare subito al lavoro». Conseguito il diploma, ha frequentato l’Academia Cremonensis, sotto la guida del maestro liutaio Luca Maria Gallo.
«Quell’esperienza è durata sei mesi facendomi scoprire l’interesse per la liuteria. Ho poi deciso di iscrivermi alla Scuola internazionale di liuteria, che ho terminato lo scorso anno. I miei compagni mi hanno aiutato. Tra loro c’erano italiani, cinesi, coreani, anche un francese», racconta Vittorio. Quando c’è stato bisogno di organizzare il suo laboratorio ha cercato di risparmiare acquistando attrezzature usate.
«Quasi per caso, grazie a Internet, è entrato in contatto con una famiglia torinese — interviene la madre — che voleva vendere gli strumenti di bottega dello zio liutaio, mancato nel 2007». Si tratta di Dario Vernè, fratello gemello di Attilio. L’uno, arruolatosi e tornato dal fronte russo, ha ereditato la passione e proseguito l’opera dell’altro, rimasto a casa e stroncato da una meningite fulminante, costruendo violini. Una brillante laureanda che si chiamava Rita Levi Montalcini, lei stessa gemella, ha trovato in quei due fratelli, così identici che anche per la mamma era difficile distinguerli, la coppia ideale di gemelli da studiare e analizzare nella sua tesi. I nipoti del famoso liutaio piemontese hanno donato al giovane liutaio cremonese tutti gli arnesi dello zio. Quelle sgorbie, quelle pialle, quelle rasiere sono state portate nel laboratorio della villetta dei genitori a Castelverde, dove Vittorio ha allestito il suo spazio di lavoro. Un luogo magico, affascinante, condiviso con le tastiere di cui il padre si sta prendendo cura.
«Com’è stato creare il mio primo violino? Faticoso. Dopo aver scavato nel legno tutto il giorno, la sera ero stanco. Ma sono molto contento del risultato ottenuto».
Accanto allo strumento, adagiato dentro la custodia aperta nella panetteria di via Solferino, c’è una tavola di violino. «L’ho intagliata sempre io ricavandola da un cedro del Libano, che aveva 150-200 anni. Un amico della mia famiglia ha dovuto abbatterlo e ce ne ha portato un pezzo».
È anche un artista. Sue sono le sculture in legno d'abete che, all’ingresso della villa, ritraggono un orso e, all’interno, una giraffa e Stradivari. Ama tutti gli sport, dal basket al calcio e al tennis; si è iscritto a una scuola di ballo; gli piace la montagna. Ha superato i suoi timori, adesso è più tranquillo. È accaduto però un fatto che lo ha amareggiato. Lui e anche i genitori.
«Mentre frequentava la scuola di liuteria, ha mostrato una notevole abilità nel disegno tecnico al computer. Dopo gli studi, d’intesa con la psicologa e l’educatore, ci è venuta l’idea di proporre un progetto, a costo zero per l’istituto, che lo coinvolgesse: in pratica, doveva affiancare l’insegnante di quella materia. È partita una prima prova, che è andata bene. Ma l’anno successivo la doccia fredda: per la scuola non è stato possibile, nonostante il parere favorevole del professore e le insistenze dell’équipe educativa che lo segue. Peccato. Questi ragazzi hanno bisogno di accrescere la propria autostima perché avvertono un’inadeguatezza legata alla mancanza di relazioni verbali».
Vittorio si sottopone a controlli periodici e in questi anni ci sono stati dei miglioramenti. Sta bene. Deve portare piccoli impianti acustici. «Con questi apparecchi il suono che sente è deformato, più metallico. Vuole diventare un liutaio ma, per quel motivo, ha la necessità di appoggiarsi ad un esperto. Ha già fatto un tirocinio nella bottega di un maestro, adesso stiamo cercando qualcuno che accetti di prenderlo al suo fianco. Nell’attesa mi dà una mano nel mio lavoro. Compensa il deficit dell’orecchio con lo sviluppo dell’occhio che lo ha portato ad essere attento, preciso, ordinato».
Lui, l’accordatore di pianoforti apprezzato da Arturo Benedetti Michelangeli e che si sta occupando di uno appartenuto a Lucio Dalla, si è esercitato con il violino ora esposto. «Sono andato a lezione da Lena Yokoyama, suonarlo migliora il mio lavoro. È davvero un buono strumento, ne sono fiero anch’io». Il padre parla; il figlio ascolta, si fa ripetere e annuisce.
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