L'ANALISI
23 Novembre 2023 - 12:08
L'imprenditore Marco Melega e il tribunale di Cremona
CREMONA - Più di sessanta truffe, bancarotta (il reato più grave), fatture false, autoriciclaggio. Il Tribunale ha condannato a 10 anni, 5 mesi e 15 giorni di reclusione l’imprenditore Marco Melega, 51 anni, per l’accusa il ‘mago delle truffe on-line’: dal 2016 al 2019 ha ingannato clienti di tutto lo Stivale. Gente che invogliata dai prezzi convenienti, sui siti advstock e marashopping rilanciati dalle campagne pubblicitarie su Radio 24 o su Mediaset, ha comprato di tutto: dalle bottiglie di vino pregiato ai computer, dagli smartphone ai droni. Merce pagata, mai recapitata né rimborsata.
Con le truffe, per il pm Chiara Treballi che aveva chiesto di condannarlo a 12 anni, Melega si è ‘ingrassato’, mettendo in piedi società cartiere con a capo teste di legno. O svuotando le casse e mandando in fallimento la Adv Company, società a cui era collegato il sito advstock e della quale risultava essere amministratore di fatto, distraendo 630.375,34 euro attraverso bonifici in favore della Domac, società a cui era collegata marashopping.
Centonovantasette capi di imputazione, i faldoni che riempioni un carrello, 27 udienze (la prima davanti al gup), un’ora e tre quarti di camera di consiglio, la sentenza arrivata alle 11.30 di oggi. In primo grado, si è chiusa così la mastodontica indagine Doppio click della Guardia di Finanza, culminata, il 16 luglio di quattro anni fa nell’arresto di Melega (oggi libero), imprenditore con villa e piscina a Padenghe sul Garda (Brescia), un tenore di vita elevato, auto di lusso e belle donne. Le truffe contestate erano molte di più, ma in tanti hanno poi rimesso la querela. Melega è stato inoltre condannato a risarcire due truffati, parte civile.
Il Tribunale ha disposto la confisca dei beni già sequestrati per un valore corrispondente a 1 milione e 301,028, 75 euro. E ci sono le pene accessorie. I giudici hanno dichiarato Melega interdetto in perpetuo dai pubblici uffici, inabilitato all’esercizio di una impresa commerciale e incapace ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata di cinque anni. Tra novanta giorni sarà depositata la motivazione della sentenza.
Un manager di successo, invidiato e ‘chiacchierato’, Melega. Un imprenditore che in passato si fece notare in molti campi, quello discografico compreso. Che ha fatto parlare di sé per aver inventato il Crevit (moneta di scambio) e per essere stato il pioniere, in Italia, del barter (baratto) in campo pubblicitario. Si appassionò nel 2006 quando volò a studiare negli Usa, a Miami, «diventandone estremamente competente», aveva detto il 12 ottobre scorso nelle sue cinque ore di difesa. E di attacco - pesante - alle indagini delle Fiamme Gialle, bollandole «superficiali».
Melega non ha fatto tutto da solo. Per chi ha indagato, lui era la mente, Cristiano Visigalli il suo braccio destro (fu arrestato anche lui) dall’indagine già uscito con una condanna in udienza preliminare a 4 anni e 6 mesi (processo con il rito abbreviato). «Ha fatto tutto Melega, io eseguivo i suoi ordini», si era difeso Visigalli. «Le truffe le ha fatte Visigalli, la Domac era il gioiello della famiglia Visigalli», aveva contrattaccato Melega, scaricando sull’amico conosciuto in oratorio da ragazzino. Ma il gioco dello scaricabarile non ha convinto i giudici.
«Ce l’aspettavamo, perché dopo un processo di questa entità, ambire a un’assoluzione che secondo noi ci stava pienamente, era un po’ improbabile — hanno dichiarato gli avvocati pavesi Luca Angeleri e Ilenia Peotta —. Ne eravamo consapevoli. La strada è ancora lunga. Aspettiamo le motivazioni per capire quali sono i capisaldi che hanno tenuto al vaglio del collegio e poi, ovviamente, faremo quello che riteniamo corretto fare».
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