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CREMA. LA STORIA

Il lavoro perso, poi lo sfratto: «E ci siamo trovati in strada»

Il racconto dei coniugi cremaschi Sanguanini. «Tutto quello che abbiamo addosso ce lo ha dato la San Vincenzo. Ci scaldiamo in biblioteca e per lavarci usiamo il bagno di un supermercato»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

13 Novembre 2023 - 19:55

Il lavoro perso, poi lo sfratto: «E ci siamo trovati in strada»

Antonio Sanguanini e la moglie Roberta

CREMA - «Tutto quello che abbiamo addosso ce lo ha dato la San Vincenzo. Tutto quello che avevamo prima dello sfratto, ci hanno detto che è stato portato in una discarica, non sappiano quale».

Per Crema, la loro città, sono ‘invisibili’ Antonio Sanguanini e Roberta Lacchini, 55 e 57 anni e una data fissa in testa: lunedì 27 settembre 2021. Quando l’ufficiale giudiziario si presentò con il legale del proprietario della casa data in usufrutto ad Agostina, l’anziana madre di Antonio, morta 8 mesi prima. «Tre giorni di tempo per andare. E dove andiamo? Non sapevamo nulla dello sfratto. Siamo cascati dalle nubi. Siamo usciti con uno zaino e il cambio per due giorni».

Da due anni marito e moglie, disoccupati, vivono «nella vergogna» e quasi sempre per strada. «Dormiamo sotto i portici o sulle panchine. Ci laviamo nei bagni di un supermercato. Ogni giovedì ritiriamo il pacco di cibo alla San Vincenzo. È tutto molto complicato».

Da aprile di quest’anno, Antonio prende 600 euro al mese di reddito di cittadinanza, «ma con quei soldi, 4 giorni al mese ci concediamo un B&B per stare al caldo, dormire in un letto e farci la doccia. E per comprare il necessario. Nel giro di una settimana, non abbiamo più neanche un centesimo».

Antonio da bambino sognava di fare il benzinaio «e di aprire, poi, un chiosco tutto mio». Dal 1989 al ‘97 ha sempre lavorato, 9 anni alla Bosch, «poi in un’azienda di vigilanza, ma dopo due anni è andata male, poi in una cartiera, purtroppo fallita dopo due anni. E da lì, attraverso le agenzie interinali, ho trovato lavoretti, contratti di una, due settimane». Metalmeccanico, muratore. «Ho lavorato più in nero che a libro».

Roberta, ragioniera, aveva due zie: una infermiera, l’altra suora. «Da bambina volevo fare a volte la suora, a volte il medico». Da grande, in ospedale a lavorare c’è andata da ausiliaria socio assistenziale «per 20 anni, poi mi sono licenziata». Ed è in ospedale che nel 2007 ha conosciuto Antonio. «La mia mamma era ricoverata nel reparto dove lavorava Roberta».

Nel 2014 mamma Agostina si è ammalata. «Per 6 anni e mezzo è rimasta allettata. Mi ha sempre chiesto di non voler andare da nessuna altra parte e poiché le dovevo molto, mi sono occupato di lei. Non ho più lavorato. Vivevamo in tre con i 900 euro di pensione di reversibilità della mamma e i 400 di accompagnamento. All’inizio, ci alternavano io e Roberta. Roberta accudiva mia madre, consentendomi di fare qualche lavoretto. Poi la mamma si è così aggravata che dovevamo assisterla in due».

Quando l’anziana Agostina, 84 anni, è morta, «il proprietario ci ha lasciato in casa. Non avendo soldi per pagare le bollette, ci hanno via via staccato il gas, la corrente».

È arrivato lo sfratto. «Siamo andati subito dal parroco: ci ha detto di andare dalle forze dell’ordine. E perché mai? Le prime notti sulle panchine in un parco. Non abbiamo chiuso occhio».

Dalle panchine sotto i portici in un quartiere residenziale. «Una mattina ho sentito che mi pestavano un piede. Era un poliziotto in borghese. Qualche residente si era lamentato. Non potevamo stare più lì. Abbiamo trovato un furgone abbandonato nel piazzale dell’Ipercoop. Una sera sono entrati due marocchini. ‘Qui ci stiamo noi, andatevene’». Sfrattati dal furgone.

«Io sarei potuto andare al dormitorio, ma è solo maschile. Mai avrei lasciato mia moglie sola per strada», racconta Antonio (marito e moglie sono seguiti dall’avvocato Vittorio Patrini).

Il 5 dicembre 2022, la soluzione è arrivata. Antonio al dormitorio, Roberta ospitata nella stanza di un un oratorio». Uscivano la mattina alle 8, rientravano alle 20. «Il 5 aprile di quest’anno, il prete ha detto che non poteva più tenere mia moglie: la stanza serviva alle parrocchiane».

Dal 6 aprile, Antonio e Roberta sono tornati in strada, si scaldano in biblioteca. Dall’11 febbraio scorso sono marito e moglie. «Ci siamo sposati in Comune. Il vescovo lo ha saputo, ci ha voluto conoscere. Ha ascoltato la nostra storia. Ci ha dato la benedizione, dispiacendosi di non poterci aiutare. Qualcuno ha messo in giro la voce che ci è stato offerto lavoro, ma siamo dei parassiti. Falso! Un esempio? Avevamo un colloquio a Bergamo, ma non avevamo i soldi per il treno. Tra nove giorni scadrà l’ultimo bando per la casa popolare». Antonio deve fare lo Spid. «Costa 12 euro. Oppure la carta di identità elettronica: 22 euro più 6 di bollo». Soldi in tasca non ne ha. «La casa sarebbe l’inizio per ricominciare». Antonio guarda Roberta, si commuove: «Che marito sono per lei? Mi vergogno». Lei lo accarezza. 

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