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NUOVO APPUNTAMENTO

Le storie di Gigio: lettere della Grande Guerra del caporale Giuseppe Reghenzi

Il servizio integrale firmato da Gilberto Bazoli domani su La Provincia di Cremona e Crema e sul nostro sito

Daniele Duchi

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redazione@laprovinciacr.it

05 Novembre 2023 - 10:03

Le storie di Gigio: lettere della Grande Guerra del caporale Giuseppe Reghenzi

Giuseppe Reghenzi e Gilberto 'Gigio' Bazoli

CREMONA - Nuovo appuntamento, sul giornale La Provincia di Cremona e Crema in edicola domani (lunedì 6 novembre) e sul nostro sito www.laprovinciacr.it, con Le storie di Gigio, la rubrica settimanale curata dal giornalista Gilberto Bazoli. Penna sopraffina, con passione e delicatezza, Gigio (come tutti chiamano abitualmente Bazoli) racconta ai nostri lettori le vicende di personaggi che hanno lasciato il segno nella vita della città. Domani sarà la volta delle lettere che il caporale Giuseppe Reghenzi, ucciso in combattimento sul Monte San Marco (vicino Gorizia), il 29 agosto 1917 all'età di 37 anni, inviò dal fronte della Grande Guerra.

LE LETTERE DELLA GRANDE GUERRA

Rita Maria Scolari e le lettere inviate dal fronte dal bisnonno Giuseppe Reghenzi

Dopo le interviste a Paolo Pasquali, 82 anni, uno degli otto vigili del fuoco cremonesi partiti per Longarone dopo il disastro del Vajont, e ad Oriano Ruggeri, 87 anni, uno dei macellai più conosciuti di Cremona, e a Vittoria Pipitone, la più giovane testimonial di MEDeAGilberto Bazoli ha incontrato Rita Maria Scolari, 66 anni, ex insegnante di spagnolo al Manin. Custodisce con grande affetto le 21 tra lettere e cartoline postali con lo stemma reale che il bisnonno, il caporale Giuseppe Reghenzi, ucciso in combattimento sul Monte San Marco (vicino Gorizia), il 29 agosto 1917 all'età di 37 anni, inviò dal fronte della Grande Guerra. Meno di due mesi dopo, il 24 ottobre, la disfatta di Caporetto; poco più di un anno dopo, il 4 novembre 1918, la fine del conflitto. Ecco un estratto del servizio.

Sono passate con delicatezza di mano in mano. La nonna, Caterina, le ha date al figlio, Domenico. Il padre, con una lente di ingrandimento, ne ha trascritto la grafia non sempre ben leggibile e conservate in una busta chiusa. Lei, Rita Maria Scolari, 66 anni, ex insegnante di spagnolo al Manin, ultimo anello di questa catena di affetti domestici e di protezione della memoria, le ha cercate in uno scatolone e copiate diligentemente al computer... Un documento, quelle pagine, struggente che ha attraversato il tempo e che ora viene gelosamente custodito in un cassetto di una bella villetta circondata dal verde alle porte di Cremona e nel cuore della padrona di casa. Giuseppe aveva un'azienda agricola a Regona di Seniga (Brescia). “Venne chiamato sotto le armi nonostante dovesse occuparsi di una famiglia numerosa: l'anziana madre malata, Vergine Maria, nata a Pescarolo; la giovane moglie, Rosina; i quattro bambini: la primogenita Caterina, Battista, Lelia e la piccolissima Palmira”, racconta la professoressa in pensione. Il primo messaggio, del 29 aprile 1917 e da una zona di guerra (senza, quindi, altre indicazioni), è alla "Cara mamma"... L'ultima lettera porta la data del 27 agosto: "La mia salute è sempre come al solito e spero che simile sarà di tutti voi in famiglia”. Poi un lungo silenzio. Interrotto, il 3 ottobre 1917, dall'annuncio del cappellano del 221° Reggimento Fanteria, Giuseppe Perrotta, al fratello minore del soldato, il notaio Carlo Reghenzi. “Il carissimo Giuseppe morì in combattimento. La morte avvenne in seguito ad un colpo di pallottola alla fronte. Morì da vero eroe, mentre usciva dalla trincea per andare all'assalto. Fu religiosamente sepolto a Villa Netty (Gorizia). Però, dato il genere di sepoltura che in quella anormalissima circostanza bisognò adottare, non mi pare possibile e conveniente che possa trovarsi il cadavere in modo da fare un trasloco. Si rassegni, dunque, ricordando che il suo Giuseppe ha ricevuto una sepoltura ed attende la resurrezione e la vita nuova in Cristo, con altri compagni d'armi e di pensieri. Presenti alla desolata vedova l'espressione della mia stima e i miei auguri di bene e di pace. Baci i piccoli orfani per me (perdoni la confidenza che mi prendo)".

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