Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

IL PUNTO

Io speriamo che me la cavo

Il falso maestro smascherato, per età e residenza, potrebbe essere uno dei sessanta bambini autori dei temi surreali raccolti da Marcello D’Aorta. Questa storia dimostra l’importanza dell’attenzione da porre alle verifiche più scrupolose in ogni fase della nostra esistenza umana. Soprattutto sui social

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

05 Novembre 2023 - 05:30

Io speriamo che me la cavo (quasi mai)

«La Svizzera è un piccolo paese dell’Europa che si afacia sulla Svizzera, l’Italia, la Germania, la Svizzera e l’Austria, ma il mare non bagnia la Svizzera, soprattutto Berna. La Svizzera vende armi a tutto il mondo per falli scannare ma lei non neanche una guerra picolissima. Con quei soldi costruisce le bance. Ma non le banche buone, le banche dei cattivi, specialmente i drogati. I delinguenti della Sicilia e della Cina mettono lì i soldi, i miliardi. La polizia , dice di chi sono questi soldi, non lo so, non te lo dico, sono cazzi miei, la banca è chiusa. Ma non era chiusa! Aperta, era!! La Svizzera, se a Napoli tiene il tumore, a Napoli muori, ma se vai in Svizzera muori più tardi, oppure vivi. Perché le clinica sono bellissima, il tappeto, i fiori, le scale pulite, neanche una zoccola (Ndr: topo di fogna). Però si paga molto, se non fai il contrabbando non ci puoi andare. Va bene così lungo, il tema?».

Per età e residenza, il falso maestro cinquantenne di Castellamare di Stabia smascherato dalla dirigente delle scuole elementari Don primo Mazzolari di Cremona potrebbe essere uno dei sessanta bambini autori dei temi surreali, ricchi di humor napoletano ma anche di gravi inciampi lessicali, raccolti dal maestro Marcello D’Aorta nel libro ‘Io speriamo che me la cavo’, pubblicato nel 1990.

Il titolo viene dall’anacoluto contenuto nella frase, con cui un alunno concluse il suo tema sulla parabola preferita di Gesù, ossia «la fine del mondo». Un testo che ha fatto scuola (in senso letterale), ha venduto due milioni di copie e due anni dopo è perfino diventato un film diretto da Lina Wertmüller e interpretato dal grande Paolo Villaggio. Uno di questi temi è riportato all’inizio. Strafalcioni compresi.

A  fare sorgere i primi sospetti, e di conseguenza a determinare l’apertura di una approfondita verifica da parte della scuola, sono stati proprio «gli errori ortografici banali e la comunicazione verbale molto carente a livello morfosintattico lessicale» di quel supplente dall’italiano zoppicante, come ha spiegato la dirigente della Mazzolari, Barbara Azzali.

La giustizia farà il suo corso e dirà la parola fine relativamente alle responsabilità del presunto falso maestro. Le indagini fin qui svolte hanno accertato che il ‘nostro’ non ha mai frequentato la scuola citata nella sua documentazione e, soprattutto, che ci aveva già provato tentando di entrare come collaboratore all’istituto superiore Einaudi, sempre di Cremona.

Diligentemente, e come prescritto dalla norma, l’insospettita dirigente non si è fermata alla lettura dei documenti (risultati falsi) presentati, peraltro con gravi ritardi, dal presunto maestro. È andata fino in fondo. Con il risultato che il cinquantenne è stato denunciato per esercizio abusivo della professione, falsità materiale e truffa allo Stato. A suo carico viene ipotizzato un danno a carico delle casse pubbliche di 10mila euro, frutto dello stipendio di cinque mesi comunque trascorsi in cattedra prima dello smascheramento.

Al di là del vulnus didattico, si spera relativo e facilmente recuperabile, arrecato ai suoi scolari (ma c’è pur sempre un mezzo anno scolastico perduto per quegli incolpevoli bambini), questa storia dimostra l’importanza dell’attenzione da porre alle verifiche più scrupolose in ogni fase della nostra esistenza umana, privata e professionale. Ne sa qualcosa Giorgia Meloni, finita sui giornali di tutto il mondo per la beffa della telefonata fake dei due comici russi, con un fantomatico leader africano. Palazzo Chigi l’ha definita «propaganda» del Cremlino, ma la stessa Meloni ha dovuto ammettere che «c’è stata superficialità da parte del mio ufficio diplomatico. Una vicenda gestita con leggerezza che ha esposto la Nazione». Un inciampo che ha già fatto cadere la testa del suo consigliere diplomatico Francesco Talò, dimissionario. «Un gesto di responsabilità», per dirla con le parole del premier. Altre poltrone potrebbero presto cambiare titolare.

Ma lo sanno bene anche i molti italiani vittima dei cosiddetti catfish, persone che creano una falsa identità online per coinvolgere utenti dei social in relazioni o trarli in inganno a fini sessuali o per estorcere denaro. Un fenomeno sempre più diffuso. Si stima che solo su Facebook ci siano almeno 87 milioni di profili falsi. Truffe che possono finire molto male. Come il caso di qualche mese fa finito con un doppio suicidio. Quello di un giovane di 24 anni, che per un anno aveva mantenuto una relazione virtuale su Instagram con una presunta coetanea, e poco dopo anche del ‘pirata’ della rete che l’aveva irretito, un 64enne celato dietro il profilo della giovane. La storia aveva avuto una eco mediatica tanto significativa che entrambi i protagonisti non sono riusciti a reggerne il peso.

Sui social spesso si va cercando un mondo fittizio e a misura dei nostri desideri e, pur di ottenerlo, si abbassa ogni barriera nell’illusione di averlo trovato. La vergogna, una volta scoperti, può portare anche a esiti nefasti, come in questo caso. In più è bene sapere che creare falsi profili è un reato, «sostituzione di persona», pesantemente sanzionato dal codice penale.

E allora che fare? Anzitutto non dimenticarsi che con internet chiunque può essere chiunque. Pertanto, come suggeriscono gli esperti, per correre meno rischi è bene rendere il proprio profilo privato e non postare foto a cui tutti possano accedere: tradiscono il nostro stile di vita, i nostri sogni e desideri e forniscono informazioni sensibili all’esercito di truffatori - sono abilissimi!- costantemente in agguato.

Le cronache dei giornali traboccano di esempi, per fortuna non sempre tragici, ma comunque molto dolorosi per le vittime. Immaginiamo lo sconcerto della dirigente scolastica che ha smascherato il falso maestro. Dal palazzo è trapelata l’irritazione di Meloni per essere stata tratta in inganno da due comici russi in odore di Servizi segreti filo Putin. È facile supporre il dolore delle vittime dei catfish e delle loro famiglie.

Ricordiamoci che fidarsi è bene, ma controllare attentamente è meglio. Solo così potremo davvero pensare con qualche speranza di successo «io speriamo che me la cavo». 

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400