L'ANALISI
IL VOLONTARIO UCCISO NEL 1993
29 Maggio 2023 - 05:00
Fabio Moreni e il suo funerale in piazza del Comune
CREMONA - «Fabio non avrebbe mai schiacciato e inviato l’sms solidale ‘dona 2 euro’. O meglio, lo avrebbe inviato, ma lui aveva bisogno del contatto umano». Gli aiuti umanitari nell’ex Jugoslavia dilaniata dalla guerra, Fabio Moreni, una predilezione per i bambini, li voleva consegnare di persona. E ai piccoli portava doni: dalle biro alle caramelle, «perché in quegli anni bastava poco». Sul camion solitamente usato per trasportare inerti dell’impresa ereditata dopo la morte del padre, lui caricava vestiti, alimenti, beni di prima necessità. Venti ore di viaggio, a volte anche da solo, poi il ritorno a Cremona, dalla madre Valeria Arata, prof. di tedesco. Di viaggi ‘sotto traccia’ Fabio ne fece 16 in Bosnia. Dall’ultimo non ritornò più, assassinato a colpi di kalashnikov in una radura nei pressi di Gornij Vakuf, con gli amici volontari bresciani Sergio Lana e Guido Puletti. Era il 29 maggio del 1993. Trent’anni oggi. Fabio Moreni ne aveva 29.
Nel trentennale della sua scomparsa, il cugino Gianluca Arata, dallo scorso marzo presidente della Fondazione Moreni onlus — costituita nel 1994 per volontà della madre di Fabio (ne è stata presidente fino alla morte, nel 2008) — con il vice Fabrizio Zanoni è volato a Sarajevo. Oggi alle 11 saranno a Gornij Vakuf. In Comune verranno ricevuti dal sindaco e dall’ambasciatore d’Italia a Sarajevo, Marco Di Ruzza. In ricordo di Fabio, si terrà una cerimonia civile, quindi sarà celebrata la messa. Arata e Zanoni saranno poi portati nella boscaglia dove i tre volontari furono uccisi. Non ci è mai andato nessuno, ad eccezione dei soldati che nel 1993 recuperarono i corpi.
Intanto, a Cremona alle 19 il vescovo Antonio Napolioni celebrerà la santa messa nella cascina Fabio Moreni. Qui, dal 2011 riposano i resti di Fabio (traslati dalla cappella di famiglia nel cimitero di San Nazzaro d’Ongina), ragazzino cresciuto a Cristo Re, mente geniale — laurea a 21 anni alla Normale di Pisa con 110 e lode —, un mix di intelligenza e fascino «che esercitava sulle persone: era travolgente, entrava in sintonia con tutti, simpatico e burlone — lo ricorda il cugino Gianluca —. Fabio non ti portava mai in pericolo. Anch’io andavo a fare dei viaggi strani, magari per seguire un camion dell’impresa a Monaco di Baviera. Sapevi quando partivi, mai quando tornavi. Ma Fabio non avrebbe mai messo in pericolo nessuno, men che meno Sergio Lana che aveva 20 anni.
Quella volta è cambiato lo scenario, perché a differenza del solito viaggio, partenza e ritorno incolonnati con Caritas, c’era il gruppo di bresciani che si era agganciato per viaggiare con loro: il progetto prevedeva di portare a Brescia 60 persone tra bambini rimasti orfani e vedove per proteggerli dalla guerra». Nella radura, l’imboscata. L’ordine di fare fuoco partì da Hanefija Prijic, il comandante ‘Paraga’ (condannato a 20 anni) che formò «gruppi selvaggi» in azione lungo la strada che collega Gornji Vakuf, proprio dove i volontari furono ammazzati. Perché? «Lo scopo era politico: uccidere tutti i non musulmani che la percorressero quella strada», scrivono i giudici. Il contesto è la guerra nella ex Jugoslavia e, in particolare, nella Bosnia, che ha opposto serbi ortodossi, croati cattolici e musulmani, con relativi massacri e pulizia etnica. «I due che spararono, cantavano versetti del Corano», prosegue Gianluca, insoddisfatto di come è andato il processo, perché «il rito abbreviato non ha consentito di sentire i testimoni». Perché a distanza di 30 anni, tutto non è chiaro
Era molto religioso, Fabio. «Era sempre alla messa delle 21 dei frati a San Luca, tra i banchi della seconda o terza fila. Cantava a voce alta — sorride il cugino —. Fabio era profondamente religioso». Come la madre Valeria. Trent’anni fa, lei capì che qualcosa era accaduto, perché due giorni prima, Fabio non la chiamò per farle gli auguri di compleanno. La mamma «ha scelto la strada del perdono degli assassini di suo figlio con una forza», sottolinea Gianluca. Il ‘perdono’ è stato il tema di una passata edizione del Premio letterario intitolato a Fabio Moreni, istituito nel 2016.
«Uscirono delle cose bellissime. Un ragazzo scrisse: ‘Faccio fatica a perdonare mio fratello quando ci picchiamo, litighiamo per un giocattolo e sento che c’è una mamma che perdona gli assassini di suo figlio’. Lo scopo del Premio letterario è anche questo: cercare di traslare sui ragazzi di oggi questi valori. Il nostro obiettivo è che diventi un po’ il patrimonio di questi giovani che poi ne parlano con i loro amici. I giovani non si devono vergognare di essere altruisti, di mettersi a disposizione. E assicuro che il Premio ci dona tantissimo grazie alla possibilità di leggere temi meravigliosi, pieni di sentimenti personali, dai quali, molto spesso, noi adulti abbiamo bisogno di tratte insegnamenti», sottolinea il presidente Arata con al suo fianco il vice Zanoni, i consiglieri don Pier Codazzi, Silvia Pincella, Achille Gerevini, Mario Ruggeri e Roberto Salvadori al lavoro nella sede della Fondazione: Cascina Moreni, dove la tomba di Fabio «rappresenta la principale fonte di ispirazione di tutte le attività che vengono svolte e che prendono origine da qui».
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris