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L'INTERVISTA

Dimissioni a sorpresa di Cottarelli: «Per cambiare le cose ricomincio dalla scuola»

All’indomani dell’annuncio dell'abbandono del ruolo da senatore, Cottarelli racconta la sua scelta: «In Senato tanta animosità e pochissima possibilità di incidere sulle decisioni»

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

09 Maggio 2023 - 05:00

Dimissioni a sorpresa di Cottarelli: «Per cambiare le cose ricomincio dalla scuola»

CREMONA - All’indomani del grande strappo, ovvero delle dimissioni dell’economista cremonese Carlo Cottarelli da senatore del Pd, il diretto interessato si dice tranquillo e ben convinto della sua scelta.

Si sarebbe aspettato un’eco simile alla sua decisione?
«Devo essere sincero: non ci avevo proprio pensato. Né mi stupisce, né posso dire che mi aspettavo tanto clamore».

Come mai?
«Forse perché la decisione di rassegnare le dimissioni da senatore è stata molto ponderata».

Il primo pensiero di quando si è svegliato questa mattina, all’indomani dell’annuncio nel salotto di Fabio Fazio a Che tempo Che fa?
«C’è una lista di messaggi a cui devo rispondere, questa è la prima considerazione. In realtà ieri e ieri l’altro ho spiegato la mia decisione a un gruppo ristretto di una quarantina di persone. Mi premeva che le mie dimissioni non fossero fraintese e che la decisione presa fosse ben motivata e spiegata alle persone più interessate».

Dunque anche a Elly Schlein?
«Ho incontrato Schlein martedì scorso, le ho spiegato il perché delle dimissioni. Lei ha tentato di convincermi a restare. Ma ho preso la mia decisione in maniera molto serena e ha capito che non torno indietro, rispettando il mio punto di vista».

Anche perché come ha detto ieri su queste colonne non si ritrova nel Partito Democratico di Schlein?
«Mi piacerebbe che una cosa fosse chiara. La mia non è una critica al Pd di Elly Schlein, anzi credo che la scelta di spostare a sinistra il Pd sia una scelta che faccia bene all’identità del partito, al suo compito di minoranza e anche all’intero Paese. Detto questo, io nel Pd della Schlein non mi ritrovo e per questo ho ritenuto impossibile rimanere e ho deciso di dimettermi da senatore, pur non essendo iscritto al partito democratico».

Cosa non le va del nuovo corso del Pd?
«Come ho scritto nella lettera a Repubblica una questione chiave è il ruolo che il merito deve avere nella società. Il principio del merito era molto presente nel documento dei valori del Pd del 2008, l’ultimo disponibile quando decisi di candidarmi. Manca invece in quello approvato a gennaio 2023 e nella mozione Schlein per le primarie. Penso solo all’aspetto legato alla competizione e alla gare nei meccanismi economici, un aspetto centrale e che è importante per il funzionamento del sistema. Non sono un estremista del mercato, ma credo che nello sviluppo di una società sia importante valutare i punti di partenza, ma anche tenere conto dei punti di arrivo e delle performance migliori date da capacità, talento e merito».

Quali sono i temi in cui si è trovato in disaccordo?
«A livello più specifico, di recente ci sono stati diversi casi in cui non ho condiviso le posizioni prese dal Pd, per esempio su aspetti del Jobs Act, sull’aumento delle accise sui carburanti, sul freno al Superbonus e sul compenso aggiuntivo per insegnanti che vivono in aree dove il costo della vita è alto, come suggerito da Valditara. Ho posizioni diverse da Elly Schlein anche sui termovalorizzatori, sull’utero in affitto e in parte anche sul nucleare. Per tutti questi motivi e non solo ho deciso di rassegnare le dimissioni».

Non è mai stato sedotto dalle proposte di altri gruppi parlamentari?
«Il terzo polo mi avrebbe accolto, ma io sono stato eletto col Pd e non era giusto entrare in un altro schieramento. Ho avuto modo di accedere al segnato grazie nel comparto del voto plurinominale, chi mi ha votato ha votato il simbolo del Pd, prima ancora che la mia persona. Per questo nel momento in cui non mi sono più sentito in sintonia con quanto il Partito democratico andava facendo e dicendo mi è sembrato corretto chiamarmi fuori».

Se avesse vinto nel collegio nominale di Cremona?
«Forse sarebbe stato diverso, in quel caso gli elettori avrebbero scelto me, ma non è accaduto e quindi non ha un gran senso fare ipotesi sulle conseguenze di qualcosa che non è accaduto».

Ieri (domenica per chi legge) nell’annunciare da Fazio le sue dimissioni non ha mancato di sottolineare come l’esperienza in Senato l’abbia un poco deluso, se così si può dire.
«Non si tratta di delusione, piuttosto di una sorpresa. In questo momento storico mi sembra che nella vita parlamentare ci sia molta, troppa animosità. Spesso le posizioni sono espresse ‘per partito preso’ e i dibattiti sono solo un’occasione per attaccare l’avversario. L’80% delle decisioni, dei disegni di legge viene deciso dal Governo e dalla maggioranza che appoggia ciò che il Governo decide di fare, adeguandosi. In Senato hai la possibilità di assistere a tutta l’azione di governo, ma in questo preciso momento storico, ci tengo a precisare, hai poca possibilità di incidere, a maggior ragione se appartieni alla minoranza».

Cottarelli del trolley chiamato al Quirinale da Sergio Mattarella non si è ritrovato nel ruolo di senatore?
«Diciamo che non credo di poter essere utile al Paese, come mi immaginavo. Da qui è partita la mia riflessione e da qui, dallo spirito di servizio, sono arrivato alla mia decisione di presentare le dimissioni».

C’è poi la proposta dell’Università Cattolica di Milano di dirigere un progetto per l’educazione delle Scienze sociali ed economiche che ha avuto un suo ruolo non secondario, sembra di capire.
«La proposta della Cattolica credo mi possa veramente far sentire utile per il Paese. Si tratta di organizzare oltre duecento incontri nelle scuole superiori italiane per parlare ai ragazzi di scienze economiche, di finanza, di economia sociale, ma anche di diritto e di comunicazione. L’ateneo milanese mi ha chiesto di individuare una ventina di personalità, i senior della cultura economica che possano raccontare ai ragazzi le loro esperienze professionali e lavorative. L’idea è quella di coinvolgere i ragazzi e diffondere nelle scuole una cultura economico/finanziaria condivisa».

Un’attività a tempo pieno?
«Ciò che mi è stato chiesto è di realizzare una programmazione che occuperà buona parte dell’anno e che non può essere fatta nei ritagli di tempo. In questi mesi ho continuato a incontrare ragazzi e studenti, almeno due volte la settimana. Ma l’impegno richiestomi dalla Cattolica è assai più complesso e richiede tempo e dedizione, un’attività per questo non conciliabile con quella da Senatore. Mi piace avere la possibilità di mettere in contatto gli studenti con professionisti delle scienze sociale. Credo che questo possa essere un buon modo per far crescere la cultura economica fra le nuove generazioni».

Sabato scorso era in Comune a Cremona per la Festa dell’Europa e ha incontrato gli studenti del Manin, ambasciatori del Parlamento europeo. Cremona sarà coinvolta?
«Se ci invitano noi andiamo ovunque. Nomi per ora non ne posso fare, ma l’offerta sarà assai ricca. Gli incontri con gli studenti, quelli del Manin per rifarmi alla recente esperienza cremonese, sono sempre interessanti. I ragazzi si preparano, ascoltano, mi sembra ci sia voglia reale di capire la realtà».

E magari cambiare le cose?
«È questa la speranza, ma per cambiare bisogna partire dalla scuola, dalla formazione e allora incontrare ragazzi e cittadini, riflettere insieme su economia e scienze economico/sociali può essere un modo per crescere tutti, magari partendo dalle esperienze concrete dei nostri senatori della cultura».

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