L'ANALISI
29 Settembre 2022 - 17:00
CREMONA - «In tre anni, anzi, quasi quattro, non ho mai ricevuto una telefonata di scuse e, poi, per qualsiasi motivo un sanitario non lo tocchi neanche con un fiore». Figurarsi «con un pugno». Quello che, secondo l’accusa, papà Antonio avrebbe mollato sul muso di Aldo Riccardi, primario di Ostetricia e Ginecologia, dopo aver saputo che la sua bimba Marta — la sua prima figlia era morta nella pancia di mamma Nicoletta per asfissia da compressione del cordone ombelicale.
Accadde la mattina del 3 gennaio 2019 nel Pronto Soccorso di Ostetricia e Ginecologia, al settimo piano dell’ospedale Maggiore, accanto al Reparto. Storia di una «reazione improvvisa, violenta» di un papà che deve rispondere delle lesioni al primario (7 giorni di prognosi), di avergli rotto gli occhiali volati a terra (danneggiamento), di violenza privata e di aver portato via dalla cartella clinica della documentazione. A papà Antonio, il primario, parte civile con l’avvocato Luca Curatti, chiede 10 mila euro di risarcimento. E 15 mila – 10 mila per le lesioni e 5 mila per il danno di immagine — glieli chiede l’Ordine dei Medici di Pavia, a cui Riccardi è iscritto dal 1980. Anche l’Ordine si è costituito parte civile con l’avvocato Massimiliano Caffetti: un inedito.
Da oggi, nei verbali del processo ci sono frasi come «clima di terrore», «eravamo molto spaventate». Lo erano la ginecologa Mariangela Rampino, quel giorno di guardia medica, e l’ostetrica Carlotta Generali, lei «rimasta lì immobile, impietrita». «Ho accolto la signora — ha raccontato l’ostetrica —, le ho fatto la prima ecografia, non trovavo il battito della bimba. La dottoressa me l’ha fatta portare in un ambulatorio dove c’era un ecografo più specifico». Il battito non si sentiva.
«Era un controllo di routine, noi dalla quarantesima settimana controlliamo le pazienti ogni 2-3 giorni — ha spiegato la ginecologa Rampino —. La signora era tornata per fare il tracciato. Può succedere di non trovare il battito con il tracciato. L’ostetrica mi ha chiamato, non l’ho trovato neanch’io». La bimba era morta e papà Antonio perse le staffe. «L’imputato ha lanciato la tastiera del computer, ha preso uno sgabello, lo ha lanciato. Io e la dottoressa Rampino eravamo in mezzo — ha proseguito l’ostetrica —. Lui urlava, non ricordo cosa, ma urlava. Urla che destavano preoccupazione. La dottoressa Rampini è uscita per avvisare il dottor Riccardi». Intanto l’ostetrica telefonò a Manuela Denti, coordinatore degli infermieri.
«Ero in servizio nel mio ufficio - ha riferito la teste —. L’ostetrica mi ha chiamato per dirmi che c’era un po’ di trambusto e confusione. Sono entrata nel Reparto del Pronto Soccorso, l’ostetrica e la dottoressa Rampini mi hanno spiegato che cosa era successo. Erano parecchio spaventate». In quel «trambusto», il primario era seduto alla scrivania nello suo studio, a dieci metri dal Pronto Soccorso. «Ho ricevuto una telefonata, la voce era tremante ha proseguito Riccardi —. ‘Venga subito al Pronto Soccorso’. Io sentivo delle urla di un uomo. Sono arrivato, mi sono presentato. ‘Cosa succede?’ Non ho fatto in tempo a parare il pugno in faccia».
«Il dottor Riccardi è rimasto immobile, non ha detto niente. Noi eravamo spaventate», ha fatto verbalizzare l’ostetrica. Papà Antonio «dava in escandescenza - ha proseguito il primario—, io non ho reagito, ma ho messo in sicurezza le mie collaboratrici che erano tutte terrorizzate». Quella mattina primario e collaboratrici si misero «in fuga», si «blindarono» nel Reparto. «Ci siamo preoccupati di bloccare le porte», perché papà Antonio «sbatteva i pugni contro la porta, urlava: ‘Ti distruggo, vi ammazzo». Noi siamo rimaste lì con le pazienti, poi è arrivata la polizia. ‘Potete aprire, si è tranquillizzato’».
La ginecologa Rampino ha detto di aver visto sottrarre la documentazione clinica, l’ostetrica «no, ma quando sono tornata in ambulatorio, mancava l’ecografia ed altra documentazione che poi è stata riportata dal signore penso su invito delle forze dell’ordine. La documentazione era stropicciata». Federica Pezzetti, direttore medico, ricevette «la segnalazione del primario Riccardi sulla mancanza di documentazione. So che poi è stata riportata». Quella mattina, arrivò la polizia. «Suonarono in Reparto. ‘È tranquillo, potete aprire’».
Tre ore dopo, papà Antonio era in sala operatoria accanto a mamma Nicoletta che partorì Marta con il cesareo. Lo eseguì la ginecologa Rampino. «La signora piangeva, il marito è rimasto in un silenzio totale, non ha più detto niente». In aula si tornerà il 12 gennaio prossimo. Difeso dall’avvocato Marcello Lattari, papà Antonio voleva risarcire i danni per le lesioni e gli occhiali al primario che lo denunciò. Niente accordo. «Se avessi ricevuto una telefonata di scuse? Ho fiducia ciecamente nell’operato del mio avvocato», ha detto Riccardi, che domani testimonierà nel processo per omicidio colposo della bebè a carico della ginecologa Alessandra Scarpa: lei si difenderà.
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