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CREMONA

Pugno al primario di Ostetricia, trattative fallite per il risarcimento: si va a processo

Al padre della bimba asfissiata dal cordone ombelicale Riccardi e l’Ordine hanno chiesto 25 mila euro

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

18 Febbraio 2022 - 05:20

Pugno al primario di Ostetrica, trattative fallite per il risarcimento: si va a processo

Culle vuote (foto d'archivio)

CREMONA - Quando ha saputo che la sua bimba era morta asfissiata dal cordone ombelicale nel pancione di mamma Nicoletta, alla sua prima gravidanza, gli è montata la rabbia. Come una furia è entrato nel Reparto di Ostetricia e Ginecologia, al settimo piano dell’ospedale Maggiore. Una ostetrica e una ginecologa, spaventate, hanno chiamato il primario Aldo Riccardi, seduto nel suo studio. Quando papà Antonio se lo è trovato di fronte, gli ha mollato un pugno sul muso – trauma facciale destro, 7 giorni di prognosi – e gli ha rotto gli occhiali. È accaduto il 3 gennaio del 2019.


Papà Antonio sa di aver sbagliato. Al primario che lo ha denunciato, era disposto a risarcire i danni per le lesioni e per gli occhiali rotti. Ma Riccardi, parte civile, gli chiede 10 mila euro. E 15 mila – 10 mila per le lesioni e 5 mila per il danno di immagine — glieli chiede l’Ordine dei Medici di Pavia, a cui il primario, 66 anni, natali a San Damiano al Colle, nel Pavese, casa a Pavia, è iscritto dal 1980.

ANCHE L'ORDINE SI E' COSTITUITO PARTE CIVILE.

Anche l’Ordine si è costituito parte civile, un inedito a Cremona. «Noi riteniamo che condotte di questo genere possano anche precludere in particolare, la libertà, l’indipendenza del medico. Ma c’è anche un danno dell’Ordine che tutela questi interessi, soprattutto a fondamento del diritto alla salute», ha spiegato. Le trattative per il risarcimento sono fallite.

Difeso dall’avvocato Marcello Lattari, papà Antonio ha deciso di affrontate il processo.

Sono quattro i reati che la Procura gli contesta: oltre alle lesioni e al danneggiamento degli occhiali, deve rispondere di violenza privata per aver costretto Riccardi a barricarsi nel reparto e di aver occultato parte della cartella clinica.

Il 19 maggio saranno sentiti i testimoni del pm e quelli che porterà in aula Luca Curatti, l’avvocato di parte civile di Riccardi: una ostetrica, una ginecologa, una infermiera presenti in corsia quel giorno.

Nel frattempo, il 4 marzo prossimo comincerà il processo alla ginecologa Alessandra Scarpa, accusata di omicidio colposo della piccola.

In ospedale mamma Nicoletta si è presentata il 31 dicembre del 2018. Era alla quarantesima settimana di gravidanza. «In sede di valutazione della paziente emerge una riduzione del liquido amniotico (Afi inferiore a 5 centimetri), una riduzione della crescita fetale e delle alterazioni della glicemia materna», è scritto nel capo di imputazione contestato alla ginecologa. Nicoletta è stata rimandata a casa. Il giorno dopo è tornata in ospedale e, di nuovo, è stata rimandata a casa.

Il 3 gennaio si è consumato il dramma: la bimba è morta asfissiata, mamma Nicoletta in lacrime, papà Antonio accecato dalla rabbia.

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