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L'INTERVENTO

Crepet: «Contro la violenza si riparta dalla cultura»

L’omicidio di mercoledì, i gravi episodi in tutta Italia: l’analisi senza sconti del noto psichiatra e sociologo

Elisa Calamari

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13 Agosto 2022 - 05:25

Crepet: «Contro la violenza si riparta dalla cultura»

Paolo Crepet

CREMONA - «Si riparta dalla cultura e dall’educazione dei figli, si creino alternative di vita che possano accrescere e gratificare le persone, allontanandole dai comportamenti sbagliati». Paolo Crepet, noto psichiatra e sociologo ma anche educatore e saggista, commenta l’escalation di atti violenti che sta caratterizzando l’estate italiana. Basti pensare ai due orrendi omicidi di Civitanova Marche, o al 70enne sgozzato a Como l’altro ieri. Cremona e provincia, purtroppo, non sono da meno: solo nell’ultima settimana un uomo accoltellato di fronte a famiglie con bambini, a Castelleone, e una donna ridotta in fin di vita dopo un banale litigio per il gatto, ad Ostiano. E poi anziani rapinati, baby gang scatenate, risse e aggressioni quasi all’ordine del giorno. L’ultima all’alba di ieri in via Persico.

Professor Crepet, cosa sta succedendo?
«Ricevo telefonate praticamente ogni giorno, da ogni parte d’Italia. Di soluzioni magiche da svelare non ne ho, ma si possono fare constatazioni semplici. La prima: se le città vivono tutta la notte, con locali aperti, alcol a profusione e droga, di cosa ci stupiamo? Al di là del fatto che una persona non vuole dormire con una discoteca sotto casa ogni sera, mi pare evidente che vada rivisto qualcosa in questo business».

La cosiddetta malamovida può quindi essere una delle concause?
«Parlando in generale, senza entrare nello specifico dei fatti accaduti, siamo di fronte ad una cultura della violenza evocata dalla quantità di alcol e di altro. Aggiungiamoci la possibilità di utilizzare la scena urbana non per un paio d’ore, ma per 7-8 ore. Questi elementi, messi insieme, possono diventare una bomba».

A Cremona in effetti le segnalazioni di episodi violenti, schiamazzi e atti vandalici sono in aumento. E i residenti sono esasperati.
«Io amo molto Cremona e sono venuto numerose volte nella vostra città. Me la ricordo come una culla di storia e cultura, dove si facevano chiacchierate sotto ai portici presentando libri. Se adesso il principale intrattenimento è la movida, mi spiace per i cremonesi. Per i suoi magnifici liutai. Il rischio delle città è che accada quello che è già stato accertato a Venezia, per la prima volta al di sotto dei 50 mila abitanti: c’è il rischio che i cittadini fuggano».

L’ultimo omicidio, però, è avvenuto a Castelleone: in provincia.
«Ancora peggio. Eravamo abituati al fatto che la provincia fosse più sana, più tranquilla, invece non è più così. Un continuo aggravio di pena, un degrado che ha raggiunto anche quelle che un tempo erano le sane feste di paese».

Durante il lockdown ci si ripeteva che ne saremmo usciti migliori, adesso invece si sente spesso dire che le limitazioni della pandemia hanno incattivito. É così?
«Non sono in grado di tracciare un confronto fra i fatti di cronaca delle scorse estati e quelli di questa estate, ma di sicuro vorrei evitare di continuare ad attribuire colpe alla pandemia. Vorrei proprio eliminarla, questa parola. Perché le limitazioni sono finite da tempo. Anche quelle scolastiche, che hanno fatto danni enormi. Di sicuro se io avessi un figlio che frequenta una scuola chiusa per Dad, cambierei istituto. Ma non possiamo continuare ad incolpare la pandemia».

E allora da cosa si parte?
«Dal ruolo dei genitori. Nel mio ultimo libro, Lezioni di sogni – Un metodo educativo ritrovato, in un capitolo parlo dei ‘genitori pusher’. Mi spiego meglio: chi dà i soldi ad un ragazzo di 14-15 anni per bersi sette Spritz? Non prendiamoci in giro, il problema non è il bar che vende la birra o il cocktail. Perché la birra si può comprare anche al supermercato. Iniziamo con l’evitare a monte, invece, che i figli si ubriachino. Al punto in cui siamo arrivati, le strade sono due. La prima: continuare a fare spallucce dicendoci che tanto non c’è niente da fare e i ragazzi, poveretti, devono stare fuori fino all’alba a divertirsi perché è un loro diritto. Ma in tal caso dobbiamo essere consapevoli del fatto che, questo, sarà un mondo che durerà poco. Perché talmente involutivo che arriverà a non avere più competenze. E sopravviverà, fino a che riuscirà, solo con quello che già c’è».

E la seconda strada?
«Ripartire appunto dal ruolo dei genitori. E poi dalla storia, dalla cultura. Dall’istruzione ed educazione. Le faccio una domanda io adesso: a Cremona quanti giovani cremonesi intraprendono il cammino per diventare liutai?».

Presumo pochi.
«Ed è una vergogna. Se a Cremona chiudono aziende e attività storiche per mancanza di competenze, di cosa si vivrà? Si riparta dalle radici. E i genitori facciano la loro parte».

Anche lo sprezzo per la vita è sintomo di impoverimento culturale?
«Beh, chiediamoci sempre se le persone che si macchiano di comportamenti violenti così gravi avevano una valida alternativa di vita. Se avevano un lavoro o uno studio piacevole, gratificante. Fossi negli amministratori, nei politici, sarei molto perplesso e preoccupato. Ma purtroppo vedo che non sanno cosa fare, lo si capisce anche dai programmi della campagna elettorale. Non vengono spese parole se non per parlare di incrementare la sicurezza, ma la repressione non è la soluzione. Vogliamo mettere l’esercito sulle strade? Non basterebbe, perché le forze dell’ordine non possono essere ovunque e hanno altro da fare. Non possiamo pensare si occupino delle bravate, o dei minorenni indisciplinati».

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