L'ANALISI
IL DELITTO DI CASTELLEONE
13 Agosto 2022 - 05:30
Erica e Gianni
CASTELLEONE - «Sto malissimo. Eravamo tutto per lui e lui era tutto per noi. Viveva per me e per i suoi figli, non ci ha mai fatto mancare nulla e ci amava. Scappa, ha un coltello, mettiti in salvo! Persino le sue ultime parole le ha usate per difendermi». Le lacrime non smettono di scendere. Ha la voce rotta dal dolore Erica Vecchia, la compagna di Giovanni Senatore, il suo Gianni. Ieri l’ha visto per l’ultima volta. Oggi ci sarà il funerale, alle 14.30 nella chiesa di San Benedetto a Crema, dov’è cresciuto.
Nelle ore più tragiche e dolorose della sua vita, gli unici sorrisi che Erica riesce ad esprimere sono quelli che servono a consolare e rassicurare i suoi bimbi. O quando pensa all’amore della sua vita, scomparso improvvisamente: «Gianni era l’uomo più buono del mondo. Sarebbe diventato mio marito, ci stavamo preparando con un corso prematrimoniale. Avevamo già scelto i testimoni, Nello e Graziella, e lui insisteva perché la data fosse quella del 12 dicembre».
Senatore, 40 anni, era molto alto, forte, muscoloso e coperto di tatuaggi, alcuni anche sul volto. Un aspetto imponente, per alcuni forse quasi intimidatorio. Che, nel racconto della promessa sposa, cozza con la sua reale personalità: «Per lui non esisteva altro che la sua famiglia. Il suo piccolo Dylan ma anche Kevin e Thomas. I più grandi non erano i suoi figli biologici ma questo per lui non aveva alcuna importanza, e nemmeno per loro. L’hanno sempre chiamato papà e lo adoravano».
Già, i bambini. Troppo piccoli forse per capire fino in fondo, certamente privati ingiustamente di una persona preziosa, insostituibile. Ma come dirglielo? Col coraggio e le parole giuste: «Mi sono avvicinata a loro e gli ho detto la verità. Che il papà è volato in cielo e adesso è là con Gesù e con la nonna Tommasina. Thomas ha pianto. Kevin solo per poco perché s’è ricordato quando il papà, scherzando, gli diceva che piangono le femminucce. Non che ci credesse. Era così, scherzava sempre e ci voleva davvero molto bene».
Per i suoi affetti, insomma, l’uomo migliore che potesse esistere: «Aveva un’unica preoccupazione nella vita, che non ci mancasse mai niente. Ha sempre speso quel che aveva per noi, per regalarmi dei vestiti, delle scarpe, ai bambini tanti giocattoli. Ci ha sempre portato ovunque, anche se metteva il broncio quando si doveva uscire di sera. Ha sempre detestato i luoghi affollati e rumorosi, preferiva stare tutti insieme a casa».
Quanto di più lontano si possa immaginare da un rissoso, violento e festaiolo. «Esattamente l’opposto, in tutto. Quella tragica sera avevo insistito moltissimo per convincerlo a venire con me. Alla fine, sbuffando e scherzando, mi ha detto che ero una rompiscatole ma ha accettato. D’altronde era il mio compleanno. Sì, è morto la sera del mio compleanno».
Un crudele, amaro, inaccettabile scherzo del destino. E nella memoria di Erica resta l’ultimo regalo, l’averle salvato la vita. Ma come? Il tono della voce si abbassa. Non vorrebbe ma sceglie di ricostruire quei momenti perché la gente sappia chi era Giovanni: «Volevamo soltanto passare una serata tranquilla, di festa. Poi è accaduto tutto in pochi istanti. Prima le botte, poi l’assassino che si allontana e, poco dopo, Gianni che cerca di spingermi via».
I secondi passano al rallentatore nella mente della compagna che ricorda tutto: «Si è girato verso di me, per avvertirmi e proteggermi. Scappa, quello ha una lama, devi correre via e metterti al sicuro! Ha fatto in tempo a scostarmi quando è arrivato il primo colpo, nella schiena».
Sarebbe stata, nel ricordo di Vecchia, quella ferita a tradimento a metterlo fuori gioco, prima del colpo finale all’addome: «Era un gigante buono, non avrebbe mai fatto male a nessuno. Ma era forte, coraggioso. La palestra, coi tatuaggi, la sua grande passione. Alzava oltre 200 chili. Nessuno avrebbe potuto farci o fargli del male se avesse avuto la possibilità di proteggerci. Per questo l’ha accoltellato alle spalle».
Parla di Mauro Mutigli, il 38enne arrestato per omicidio la stessa notte dai carabinieri di Crema e Castelleone. Ma chi era davvero? Perché l’ha fatto? «Chi era? Nessuno, di certo non un amico e nemmeno un conoscente. So che in passato avevano avuto qualche litigio ma per delle sciocchezze. Nessuno si sarebbe aspettato una follia del genere. Alle spalle poi».
Alla tristezza fa il paio la rabbia: «Gianni diceva sempre che il tradito potrà anche essere ingenuo, ma il traditore resta un infame».
Ora è il momento solo della riflessione, del conforto, della forza di volontà. Erica non è rimasta sola: «Anna, Diego, Nello, Graziella, Elena, Nicola, Martina, Maria, vera, le maestre del nido e delle elementari, i ragazzi della palestra Kinesis, Marcello. E il sindaco Pietro Fiori. Devo ringraziarli per quello che hanno fatto e stanno facendo per noi».
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