L'ANALISI
30 Giugno 2022 - 09:33
Paolo Taino con l'avvocato Luca Curatti
ROBECCO D'OGLIO - Nelle ultime settimane, prima dell’udienza preliminare, sull’idea di patteggiare «per chiuderla comunque» ci ha riflettuto molto con il suo avvocato Luca Curatti. Ci ha pensato e ripensato. Sembrava deciso: «Patteggio». Poi, ha cambiato idea. «Perché devo patteggiare? Io non ho fatto nulla. Affronto il processo per dimostrare la mia innocenza». Accontentato. Ieri il gup ha rinviato a giudizio Paolo Taino, 63 anni, un cognome come marchio, perché «basta dire Taino», sorride lui, che il pensiero corre al 1990, l’anno dell’arresto e della successiva condanna, l’unica: storia di pezzi d’auto, la passione che gli ha permesso di mettere su, negli anni, un impero tra la carrozzeria di Robecco d’Oglio e il capannone a Gadesco Pieve Delmona. «Nel 1990 avevo sbagliato», ma da allora Taino è pulito. Nel 2010, altro sequestro (a Gadesco), il processo e tre anni dopo l’assoluzione.
«Io non patteggio, perché non ho fatto niente». Si è fatto sei mesi di galera Paolo Taino, il 27 aprile dello scorso anno arrestato dai carabinieri nell’ambito della maxi indagine su un presunto giro di auto «cannibalizzate». Dieci persone in carcere, due ai domiciliarti, 27 indagate a piede libero. Associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di pezzi d’auto. Storia di auto rubate, smontate nel capannone della Nuova Autodemolizioni di Gadesco, di scocche schiacciate come pacchi pressati, di pezzi finiti all’estero: Slovenia, Croazia, Bulgaria, soprattutto. Ma anche Germania e persino Africa. Quando i carabinieri si presentarono nel capannone di Gadesco, centinaia di pezzi (valore sui 300 mila euro) erano già imballati, pronti per essere caricati sui container per il Ghana.
Con il padre Paolo, un anno fa in carcere finirono i suoi tre figli: Filippo, 28 anni, Aldo, 26 e Pietro, 21 compiuti due giorni fa. Dal carcere ai domiciliari, il capofamiglia Paolo, Pietro e Aldo sono liberi da tempo. Per Filippo ieri è caduta l’ultima misura dell’obbligo di dimora: il gup ha accolto l’istanza del difensore Stefano Benvenuto. Come il padre, anche Filippo e Pietro sono stati mandati a processo. Prima udienza il 6 giugno del 2023. Aldo, invece, ha già patteggiato in sede di indagine preliminare. «Basta dire Taino», cognome che rimanda a Roberto Taino, fratello di Paolo, ma che a differenza di Paolo, ha diversi precedenti ed è ancora in carcere: la sua posizione è stata stralciata. Competente è Brescia. Secondo chi ha indagato, i Taino ci avrebbero guadagnato anche con la pressatura delle scocche mandate alle industrie siderurgiche.
«Il mio iter giudiziario è cominciato per salvare mio fratello Roberto, che era in affidamento. E da lì è partita la miccia — racconta Paolo Taino —. Questa storia mi ha rovinato dal punto di vista non dico economico, ma della famiglia. Non ce lo meritavamo. Il reato c’è, ma io non ho fatto nulla. Bisogna guardare le responsabilità, chi ha fatto cosa». Chi ha rubato le auto, chi le ha smontate, chi ha pressato le scocche, chi ha riciclato. Tra i coimputati, ieri c’è chi ha patteggiato, come il meccanico (1 anno, 9 mesi e 10 giorni) «che la sera veniva chiamato per andare a pressare le auto», spiega il difensore Marco Fantina. E chi ha chiesto di essere ammesso al rito abbreviato. Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata un anno fa dal gip Pierpaolo Beluzzi su richiesta del pm Francesco Messina, Paolo Taino ne esce come «il regista». «Anche nel tabellone (proiettato in conferenza stampa il giorno degli arresti, Ndr) nelle fotografie (con la fascetta sugli occhi, Ndr) io ero in alto, al vertice della piramide».
«Il teorema è che il padre, in quanto tale, non potesse non sapere. Noi andiamo al dibattimento, perché è l’unico modo per provare l’assoluta estraneità del mio assistito», spiega l’avvocato Curatti, difensore di Taino «il vecchio», una vita in mezzo alle auto, anche d’epoca, una collezione di calessi, la passione per i pony e i cavalli. «Dall’età di vent’anni faccio questo mestiere», spiega lui, parlantina sciolta. A Pontevico (Brescia), ha messo su Epocastore, «azienda leader a livello europeo nel settore dei ricambi per auto storiche». Vintage e rarità. «È una grande rigatteria non dico di lusso, ma di elevato livello: dal ferro da stiro vecchio al motore, tutto quello che sa di storia io ce l’ho. Se uno cerca il motore della vecchia Fiat 600, noi ce l’abbiamo». A Robecco d’Oglio, «c’è il magazzino di mio figlio Filippo dove si è scatenato il casino. Ricambi di macchine attuali: Golf, Punto». Aldo lavorava con il fratello Filippo. Pietro, il più piccolo, «collaborava». Ad Alfianello (Brescia), «mio fratello Roberto ha una sua azienda di ricambi d’auto di un certo livello», dalle Porsche alle Ferrari, dalle Maserati alle Lamborghini.
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