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LA GUERRA DI PUTIN

Ora nell’orto della solidarietà nascono i cetrioli di Mariupol

La storia delle profughe ucraine fuggite dalla «città martire» e accolte dalla Caritas Cremonese. Sono ospitate nella casa di Roberto e Giusy: «Era rimasta vuota dopo la morte di papà per Covid»

La Provincia Redazione

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29 Giugno 2022 - 08:50

Ora nell’orto della solidarietà nascono i cetrioli di Mariupol

In fuga da Mariupol, devastata dalla guerra ancora in corso, le profughe ucraine sono state accolte a Caravaggio

CREMONA - Nel piccolo orto davanti alla casa di Giusy e Roberto, a Caravaggio, crescono i cetrioli di Mariupol. Elena li raccoglie e sorride, a dispetto della guerra che continua: «Noi ucraini ne mangiamo così tanti...». Elena è ucraina, originaria della città sud-orientale prima devastata e poi occupata dall’esercito russo. Da 17 anni è in Italia e fa l’impiegata. Il 24 febbraio, quando è iniziata la guerra, ha preso il telefono e ha cominciato a sentire parenti e amici rimasti in patria. Voleva sapere se a qualcuno serviva un aiuto. Ha trovato Elena, sua omonima, ex compagna di classe e vicina di casa a Mariupol, poi trasferitasi a Kiev. Ha deciso di venire in Italia e dal 3 marzo vive a Caravaggio, Diocesi di Cremona, nella casa del papà di Giusy. «Elena, che conosciamo da anni – spiega Giusy sul sito di Caritas Cremona, che da conto di un’altra luccicante storia di solidarietà chiusa dentro il nero scuro della guerra – ci ha chiesto un aiuto per i suoi amici. Noi avevamo la casa di mio padre vuota, perché lui è mancato per il Covid, e l’abbiamo messa a disposizione».


In Ucraina, prima di scappare dalla guerra, mamma Elena lavorava in banca. Fino a maggio ha lavorato a distanza, ma poi non è più stato possibile. Dasha, la figlia più grande, si è appena ‘diplomata’ in Dad alla scuola ucraina con il massimo dei voti. Sa quattro lingue e a Caravaggio ha frequentato la quarta del liceo Galilei. Yaroslava, la più piccola delle figlie, di anni ne ha 9 e ha frequentato la scuola ucraina a distanza e la quarta elementare a Caravaggio. E’ riuscita anche a proseguire le lezioni di piano on-line, con una tastiera che Giusy e Roberto sono riusciti a procurare. Il marito è rimasto in Ucraina e ha creato una Fondazione per raccogliere aiuti a favore della popolazione.


«I nostri genitori sono rimasti a Mairupol, la loro casa è distrutta — raccontano le profughe ucraine —. Mancano l’acqua e la corrente e la situazione sanitaria è grave, ci sono cadaveri ovunque e l’ospedale è distrutto. La gente che prova ad andare al mare per lavarsi rischia di saltare sulle mine. In questa situazione, facciamo anche fatica a comunicare: riusciamo a sentire i nostri genitori una volta ogni tre settimane per sapere almeno se sono vivi». Giusy e Roberto sono in contatto con la Caritas e in particolare con Roberto. «Ci chiama spesso per chiederci se abbiamo bisogno – dice Giusy – Per fortuna Elena e le sue figlie sono arrivate con tutto, ma conosciamo altri nuclei che hanno avuto un supporto importante. C’è stata una bella mobilitazione per l’accoglienza». Nella situazione attuale pensare al futuro sembra quasi un paradosso, ma mamma Elena e le sue figlie hanno progetti molto chiari. «Vogliamo tornare in Ucraina – dicono – e speriamo di poterlo fare quest’estate. Stiamo aspettando che mettano il sistema antimissile a Kiev».

Poi, l’appello: «Il tempo passa, la guerra continua. Il rischio è che la gente si dimentichi, invece bisogna continuare a parlarne perché molte persone muoiono e soffrono e i bisogni rimangono». Futuro e speranza, le parole che ricorrono, comunque e a dispetto di tutto. Nella riflessione di suor Giulia, referente Caritas per i profughi ucraini: «Ci sono famiglie che avevano dato disponibilità ad accogliere, ma che non l’hanno potuto fare perché non c’è stato bisogno. Ecco, queste famiglie hanno riconfermato la loro disponibilità, nonostante sia passato tempo. Mi colpisce sempre questa mobilitazione, è un bellissimo segno!». E negli occhi determinati di Dasha: «Ad agosto ho gli esami di ammissione per l’università. Voglio andare in Germania a studiare cinematografia».

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