SOS ACQUA
25 Marzo 2022 - 17:23
CREMONA - Il divorzio in Tunisia. «Lo ha voluto lui. Io ho accettato ad una condizione: che lui mantenesse le nostre tre figlie e che io rimanessi in casa con i bambini. Lui ha accettato, nessun accordo scritto. Però, dopo...». Il dopo: due anni di minacce — «Ti porto via i figli, li porto in Tunisia», «Ti ammazzo» —, di telefonate «frequentissime», di inseguimenti. Il dopo — due anni di stalking — Sonia lo ha raccontato a fatica, un anno fa in aula. Saied, 56 anni, in Italia dal 2000, l’ex marito accusato di atti persecutori, adesso è stato condannato a 1 anno e 6 mesi di reclusione, il pm aveva chiesto 2 anni.
Al processo, l’ex moglie si era messa a piangere, si era perfino scusata. «Sono andata anche dalla psicologa. Prendo i farmaci. Ancora oggi non dormo». La prima volta lo aveva denunciato il 28 settembre del 2016. «Uno con la testa quadrata — aveva detto il suo avvocato Gianandrea Balzarini —. Era operaio meccanico, si faceva ogni giorno 15 chilometri a piedi per andare al lavoro, pagava il mutuo, guai per i suoi figli». Poi il divorzio. Saied si era sistemato nel garage del condominio. «Un giorno ha bussato, voleva entrare in casa, ha preso la porta a bastonate. Urlava: ‘Voglio entrare, voglio entrare’», aveva raccontato Sonia. Gli insulti? «Parolacce». Si era persino vergognata a riferirle.
Il campionario è sempre quello. «Ho avvisato i servizi sociali. Ho fatto la denuncia». Mamma e figlie erano state messe in una casa protetta, fuori città. Era la fine di luglio del 2016. A settembre, Sonia voleva tornare in città. «Non volevo far perdere la scuola ai miei figli. Sono rientrata a Cremona. L’assistente sociale mi ha detto: ‘Torni, abbiamo trovato un accordo con lui’. Ed è iniziato tutto daccapo». Sono ricominciati gli insulti, le minacce. «Io andavo a lavorare. Un giorno mia figlia più grande mi ha detto che lui si era messo sotto casa, urlava. Lei è andata sul balcone. Lui urlava: ‘Vostra mamma è andata a vendersi per strada’. Lui mi seguiva dappertutto, non mi lasciava stare. La bimba non voleva andare più a scuola. Per forza, io dovevo lavorare per mantenere i miei figli. Andavo in bicicletta, ho messo uno specchietto per vedere dietro. Mi diceva: ‘Se non mi dai i figli, io ti ammazzo. Esasperata, un giorno gli ho detto ‘Ammazzami’. Non ce la facevo più. Ho pensato addirittura di ammazzarmi. Quel giorno, i miei figli erano a scuola, ho chiamato la polizia: ‘Non ce la faccio più, mi ammazzo’».
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Direttore responsabile: Marco Bencivenga