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IL PUNTO

Se l'ultimo incontro è con la morte

I femminicidi, uno ogni tre giorni in Italia, con tendenza in drammatico aumento, sono la punta dell’iceberg. Anche in provincia di Cremona i casi di violenza di genere sono in crescita

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

04 Giugno 2023 - 05:30

Se l'ultino incontro è con la morte

Hiv: ha infettato la compagna. ‘Né rispetto né pentimento’. Nella motivazione della condanna i giudici spiegano perché il 51enne non merita alcuna attenuante». E ancora: «Donne spalle al muro. La violenza è di casa. La storia di Antonella, segregata dall’ex compagno aggressivo anche con la figlia. E il lungo incubo di Giuliana, maltrattata per 14 anni dal marito padre-padrone».

Tre tremende storie di violenza sulle donne che abbiamo dovuto registrare solo negli ultimi sette giorni in provincia di Cremona. Tutto questo per dire che non dobbiamo dimenticarci che l’«orco» abita anche nelle nostre case, che — come spiegano investigatori, sociologi, psicologi e volontari impegnati sul campo —, «se guardi dall’esterno un condominio puoi prevedere che con tutta probabilità in uno di quegli appartamenti ci sono una donna o un minore vittime di violenza domestica. Magari anche di più». È bene tenere in considerazione questo terribile quadro nel momento in cui, come in ogni parte d’Italia, ci si sta commuovendo e arrabbiando per la sorte toccata alla povera Giulia Tramontano, uccisa a 29 anni una settimana fa dal compagno Alessandro Impagnatiello, indifferente al fatto che la ragazza portasse in grembo da sette mesi il loro figlio. Giulia era d’ingombro a un’altra relazione che Alessandro aveva portato avanti, lui l’ha eliminata ammazzandola senza pietà e, dicono le cronache, non mostrando alcun pentimento. 

scritte

Lo  aveva riaccettato in casa dopo che lui le aveva confessato questa seconda relazione, «in attesa di trovare un’altra soluzione abitativa», come ha spiegato Chiara, sorella della vittima. Un atto di ingenua generosità, forse nella speranza di poter riacciuffare per i capelli una relazione tanto desiderata, che le è costato la vita. E proprio qui sta il problema di Giulia e delle molte altre vittime di violenza tra le pareti domestiche: non voler vedere i segnali premonitori della tragedia, per paura o per timore di restare sole, di non farcela ad andare avanti perché senza indipendenza economica. Avvisaglie che sono sempre chiare, l’importante è non sprecarle, non sottovalutarle, magari raccontandosi l’alibi che ‘lui è diverso’, che ‘lui cambierà’: «Anche quando sembrano banali, piccoli. Un uomo violento si riconosce dai primi gesti, dai primi approcci, che nascondono un’idea di possesso della donna. Lo schiaffo viene dopo: prima, per esempio, ci può essere una gelosia ingiustificata e ossessiva, oppure l’auto-rappresentazione di un uomo che si vuole mostrare senza difetti, ma in realtà ne è pieno. Un uomo che per il tono, gli argomenti e il modo con il quale si relaziona mostra già il nervo scoperto della sua tendenza alla violenza», si legge in quasi tutte le analisi del fenomeno.

I femminicidi, uno ogni tre giorni in Italia, con tendenza in drammatico aumento, sono la punta dell’iceberg. Il sito femminicidioitalia.info tiene questa agghiacciante contabilità: dall’inizio dell’anno a oggi sono 46 le donne uccise per mano di congiunti, compagni, mariti, ex. Una violenza che si esplicita dentro e fuori le mura di casa.

L’Istat, per esempio, registra che sono almeno 1.400.000 le lavoratrici che hanno segnalato di aver subito molestie fisiche e ricatti nell’arco della loro vita lavorativa.

Significativi i numeri cremonesi del fenomeno. Dalla relazione del questore, Michele Sinigaglia, alla recente festa della polizia di Stato: solo nei primi tre mesi dell’anno in corso, la squadra mobile ha trattato il 57% in più dei fascicoli in materia di Codice Rosso e, complessivamente, 240 fascicoli di indagine dal 1° gennaio 2022; alla procura sono stati segnalati 94 soggetti; nei confronti di 14 persone sono state emesse ordinanze di custodia cautelare in carcere per reati contro la persona e per maltrattamenti in famiglia. Siccome sono ancora tante le donne che rinunciano a denunciare per paura, il dato è assolutamente sottostimato.

Una situazione ben illustrata nel docufilm firmato dalla sceneggiatrice cremonese Cristiana Mainardi, in passato giornalista de La Provincia, con il regista Silvio Soldini, ‘Un altro domani. Indagine sulla violenza nelle relazioni affettive’. «Sono stata segregata in casa per quattro giorni, violentata, insultata dal mio compagno fino a quando non sono riuscita a fuggire, calandomi dal balcone di casa. Non siamo noi donne a doverci vergognare quando denunciamo le violenze subite, ma piuttosto a vergognarsi devono essere coloro che fanno violenza».

In una delle più intense confessioni raccolte sta il concetto-guida delle donne che vogliono ribellarsi alla schiavitù del loro uomo malvagio. «Amore violento», «amore malato», si legge ancora in qualche titolo di giornale: no, quello non è amore, è solo ferocia, brutalità, furia, sopraffazione.

Per combattere questo fenomeno cominciamo anzitutto a chiamare le cose con il loro nome. L’Italia ha tutti gli strumenti per vigilare e intervenire in maniera tempestiva per evitare il peggio in relazioni violente in essere e in potenza.

«La normativa c’è — ci ha ricordato Cristiana —, l’impegno a migliorare le cose pure, ma realizzando il nostro docufilm ci siamo resi conto che ciò non basta, perché bisogna lavorare affinché questo dramma delle relazioni malate non sia considerato più e solo una questione privata, ma un tema che ci riguarda, che ci chiama in causa. Tutti noi possiamo fare qualcosa, innanzitutto rendendoci più consapevoli, prestando attenzione, contribuendo a togliere le persone dall’isolamento delle loro case. La violenza delle relazioni non è cosa privata, ma ci riguarda tutti».

Il riferimento è anzitutto al cosiddetto ‘Codice rosso’ che include incisive disposizioni di diritto penale sostanziale, così come ulteriori di procedura processuale. Tra le novità, è prevista l’accelerazione dell’avvio del procedimento penale per alcuni reati: tra gli altri maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale; la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisce immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale; il pubblico ministero, nelle ipotesi ove proceda per i delitti di violenza domestica o di genere, entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato; è stata modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nella finalità di consentire al giudice di garantirne il rispetto anche per il tramite di procedure di controllo attraverso mezzi elettronici, come l’ormai più che collaudato braccialetto elettronico. Il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi viene ricompreso tra quelli che permettono l’applicazione di misure di prevenzione.

Il 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e l’8 marzo sono le date simbolo del decisivo impegno della rete territoriale per la prevenzione ed il contrasto delle violenze contro le donne, così come degli uffici appositamente costituiti dalla polizia di Stato e dai carabinieri, in cui operano specialisti.

Sono nati master sulla violenza di genere e sulla valutazione del rischio di recidiva. L’importante, in conclusione, se non si vogliono piangere altre vittime, è che le donne che hanno avuto il coraggio di lasciare i loro uomini violenti, non accettino l’«ultimo appuntamento per chiarire». Perché troppo spesso è con la morte.

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