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IL PUNTO

Le bombe d'acqua naturali e artificiali

Dall'alluvione devastante in Emilia Romagna e nelle Marche alle affermazioni forti, quasi terroristiche, di Greenpeace «sull'emergenza sanitaria e ambientale fuori controllo in Lombardia»

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

21 Maggio 2023 - 05:00

Le bombe d'acqua naturali e artificiali

In questi giorni si sono abbattute su tutti noi due devastanti bombe d’acqua. La prima, naturale e assassina, che ha sconvolto e messo in ginocchio parte della Romagna e delle Marche, causando lutti e danni miliardari. La seconda, più ‘artificiale’, ma potenzialmente altrettanto devastante, sulla serenità dei cittadini lombardi, e in particolare dei residenti in venti comuni cremonesi, citati nei risultati della ‘Campagna inquinamento’ di Greenpeace Italia, che parla senza mezzi termini di «emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo che le autorità nazionali continuano a sottostimare nonostante sia chiaro che la contaminazione dal Pfas degli acquedotti coinvolga migliaia di persone».

I Pfas sono i terribili composti considerati «inquinanti eterni» in quanto idro e oleo repellenti. Affermazioni forti, quasi terroristiche, riprese in modo ‘urlato’ e sensazionalistico da media nazionali, che hanno messo in apprensione centinaia di migliaia di cittadini relativamente alla sicurezza dell’acqua che scende dai rubinetti.

Bene ha fatto Padania Acque, gestore unico del servizio idrico in provincia di Cremona, a reagire con forza e con chiarezza: «Nessun rischio per la potabilità e la sicurezza dell’acqua distribuita dagli acquedotti della provincia di Cremona e nemmeno per la salute delle persone, che possono continuare a bere l’acqua del rubinetto che arriva nelle nostre case e che è anche disponibile in tutti i punti di erogazione pubblici, come le fontanelle e le case dell’acqua» ha dichiarato sgombrando il campo da ogni equivoco e incertezza il presidente di Padania Acque Cristian Chizzoli.

È bene fare la massima chiarezza per maggiore serenità dei cittadini dei venti comuni della provincia citati, che sono, in ordine di indice di pericolosità presunta, Crema, Agnadello, Offanengo, Soresina, Castel Gabbiano, Casale Cremasco, Pianengo, Vailate, Castelvisconti, Corte de’ Cortesi, Corte de’ Frati, Gadesco Pieve Delmona, Gombito, Grontardo, Grumello, Malagnino, Ostiano, Persico Dosimo, Pozzaglio e Sergnano. Decine di migliaia di cremonesi messi irresponsabilmente in apprensione per la loro salute.

Il paradosso è che i dati utilizzati da Greenpaece sono stati forniti direttamente da Padania, però non riguardano l’acqua che scende nelle nostre case ma quasi esclusivamente quelle grezze, di falda, «che in maniera cautelativa, dal 2018 vengono, di fatto nella totalità, già trattate con sistemi di filtrazione a carboni attivi», come ha precisato il gestore unico. Il quale fa anche sapere, con parole di Alessandro Lanfranchi, amministratore delegato, che «dall’inizio del corrente anno sono stati effettuati 72 campionamenti per la ricerca dei Pfas sugli acquedotti gestiti in tutto il territorio provinciale senza riscontrare alcun superamento non solo degli attuali ma anche dei futuri limiti nelle acque di rete. Il rischio legato alla presenza di queste e altre sostanze inquinanti è comunque sempre valutato preventivamente attraverso l’adozione di Piani di Sicurezza dell’Acqua per la valutazione e la gestione del rischio di tutta la filiera idropotabile, dalla captazione all’utente finale, al fine di garantire la protezione delle risorse idriche e la riduzione di potenziali pericoli per la salute nell’acqua destinata al consumo umano».

L’unico pozzo in cui è stata riscontrata la presenza di Pfas, a Crema, è stato dismesso «tempestivamente» due anni fa.

A puro titolo di cronaca: analoghe prese di posizione sono state pubblicate anche da MM spa, società che gestisce il servizio idrico di Milano, pure messo sotto accusa da Greenpeace. Ovviamente l’attenzione sullo stato di salubrità di un bene pubblico importante come l’acqua deve essere non alto, ma altissimo, una delle prime preoccupazioni di gestore ed enti locali. Ma diffondere allarmismo non è certo la strategia migliore per tenere alta la tensione. Semmai conta la trasparenza dei dati che deve essere fornita dal gestore del servizio idrico e, nel caso di Cremona, «a ulteriore garanzia dell’impegno sistematico di Padania Acque nella gestione della sicurezza alimentare dell’acqua potabile, si ricorda che la società è certificata Iso 22000-2018».

La massima attestazione possibile. Mentre anche dalla provincia si moltiplicano le lodevoli ed efficaci azioni di solidarietà verso le popolazioni di Romagna e Marche colpite dall’altra bomba d’acqua, vale la pena di guardarci anche in casa. E di agire con velocità e determinazione per provare ad evitare scenari simili.

Secondo l’ultimo rapporto sul dissesto idrogeologico nel distretto del Po dell’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Cremona è la provincia lombarda più esposta al rischio di alluvione e si colloca al 23° posto tra le province italiane. Un rischio che coinvolge centomila cittadini cremonesi di comuni rivieraschi. È necessario mettere in campo un serio piano di prevenzione. Che affianchi e accompagni il lavoro quotidiano degli agricoltori, ‘sentinelle del territorio’ che, con la loro attività, ne garantiscono manutenzioni e corretta gestione. Certo, non si parte da zero.

Per contrastare il dissesto idrogeologico, di recente Regione Lombardia ha destinato alla provincia di Cremona risorse importanti: i comuni beneficiari sono Cremona, Gerre de’ Caprioli, Stagno Lombardo (250mila euro per la sistemazione idraulica di alcuni colatori), Crotta d’Adda (200mila euro per interventi di difesa idraulica sull’Adda) e San Daniele Po (1 milione per l’ammodernamento dell’impianto onnivoro, lungo il corso del colatore Pozzolo).

Ma i 200 devastanti millimetri di pioggia caduti in 24 ore nelle zone alluvionate possono arrivare anche qui, e non ci si deve fare trovare impreparati.

Risorse per la messa in sicurezza del territorio possono essere ricavate dai fondi del Pnrr distraendoli da quelle originariamente dedicate a obiettivi ormai divenuti irraggiungibili. Una proposta che sta prendendo piede che forse vale la pena di prendere in seria considerazione. Ma è necessaria la massima coesione oltre che a livello locale anche in quello nazionale. Senza aver timore di imitare gli altrui approcci, quando sono virtuosi.

Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, lo ha detto senza mezzi termini all’affollatissima assemblea organizzata venerdì dalla Libera Associazione Agricoltori Cremonesi: «In Spagna, in questi giorni, per aiutare gli agricoltori alla luce, ovviamente, della crisi climatica, il governo spagnolo ha messo a disposizione 630 milioni di euro. Primo intervento, sulla legge per far fronte alle esondazioni dell’Emilia: 20 milioni. Questo è un rapporto che deve farci pensare. Ereditiamo una situazione di debito difficilmente sostenibile che non permette al Governo, quindi a tutti noi, di fare politiche che possano accompagnare lo sviluppo». Ora ci vuole il coraggio delle scelte.

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