L'ANALISI
21 Aprile 2023 - 05:00
Riccardo Crotti, Gianluca Comazzi e Amedeo Ardigò
CREMONA - A margine di un vertice col presidente di Confagricoltura Lombardia e Libera Associazione Agricoltori Cremonesi Riccardo Crotti e col vice di Libera Amedeo Ardigò, l’assessore regionale al Territorio e ai Sistemi Verdi Gianluca Comazzi ha fatto il punto sulle sfide di Palazzo Lombardia e sulle prospettive comuni di Milano e del mondo agricolo.
Assessore Comazzi, Territorio e Sistemi verdi non sono solo il nome del suo assessorato ma anche i cardini del processo agricolo. Come potrà, secondo lei, la Regione agire per conciliare tutela ambientale e impresa?
«La conciliazione tra queste due realtà è fondamentale per uno sviluppo sostenibile. Come Regione possiamo agire attraverso diverse strategie. La principale è dotarsi di un quadro normativo chiaro e favorevole per tutte le parti coinvolte così da promuovere l’adozione di pratiche ecocompatibili e di produzione sostenibile. Si può agire anche con incentivi fiscali, sovvenzioni e finanziamenti agevolati per imprese che adottano pratiche green, cosa che già facciamo grazie a numerosi bandi. Pochi giorni fa, ad esempio, sono stati stanziati 210 milioni di euro complessivi tramite il Pacchetto investimenti, una misura di finanziamento agevolato per le imprese che rientra nel Fondo europeo di sviluppo regionale, di cui 65 per la Linea green. Sono investimenti dedicati all’efficientamento energetico degli impianti produttivi per favorire la riduzione dell’impatto ambientale. Così si può creare un sistema dinamico per tutelare la realtà ambientale e imprenditoriale del territorio lombardo».
Ma la rotta in passato non è stata sempre chiara. La Rinaturazione del Po, considerata prioritaria rispetto alla sua bacinizzazione, potrebbe non essere stata una scelta lungimirante. Che ne pensa?
«L’obiettivo del progetto di Rinaturazione del Po punta al miglioramento dell’ecosistema delle zone interessate. Un’iniziativa che fa parte del Pnrr e alla quale noi partecipiamo con un finanziamento di 357 milioni di euro che prevede interventi idraulico-morfologici, come la riattivazione di rami fluviali, e anche ambientali naturalistici come la riforestazione e il controllo della vegetazione invasiva. È un lavoro che viene svolto in coordinamento con l’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po, con AIPO e Ministero dell’Ambiente e Sicurezza energetica, in modo da coinvolgere tutti i territori e raccogliere suggerimenti utili per gli interventi. È un progetto con una visione di lungo periodo, dai 5 ai 7 anni, e che in Lombardia interesserà le province di Lodi, Mantova, Pavia e Cremona con interventi in 37 aree. Per garantire sostenibilità, tutela e ricchezza servono scelte ben coordinate».
Sempre il dibattito rinaturazione-bacinizzazione apre un interrogativo: rispetto al passato, c’è più sinergia tra gli assessorati? Avete un piano condiviso?
«A seconda delle azioni da intraprendere ci si muove sempre in coordinamento con gli altri assessorati, la giunta regionale lavora in questo modo. Il confronto reciproco è necessario per poter arrivare capillarmente dove più ce n’è bisogno e agire nel migliore dei modi».
Restando sul territorio e l’agricoltura, parliamo di inquinamento e gestione dei reflui zootecnici, se è d’accordo. Recenti studi mostrano come, in realtà, l'impatto della zootecnia sia molto ridotto rispetto a un certo pensiero comune. È d’accordo?
«L’impatto varia notevolmente in base alle pratiche adottate e ancor di più in base a specifiche circostanze locali. Sicuramente una gestione sostenibile dei reflui zootecnici, tramite un corretto trattamento e riutilizzo degli stessi, contribuisce alla riduzione dell’inquinamento. È una partita che, vista la quantità di allevamenti presenti sul territorio lombardo, è già all’attenzione di Regione Lombardia e viene affrontata».
Passando agli allevamenti. Anche la Fao, oggi, parla di ‘intensificazione sostenibile’ negli allevamenti anziché di ‘allevamenti intensivi’, spesso associati a un'immagine che non corrisponde al contesto del nostro territorio. Qual è la sua posizione?
«Gli allevamenti intensivi nascono per rispondere ad una sempre più elevata domanda, ma spesso creano condizioni di vita precarie e degradanti per gli animali al loro interno. Servirebbe quindi una graduale riconversione di queste modalità di allevamento, unita ad una gestione più responsabile».
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