L'ANALISI
19 Aprile 2023 - 05:00
CREMONA - Ha già raggiunto risultati importanti, ma può fare ancora e molto di più il Centro per l’innovazione agro-zootecnica alimentare di Cremona (Zaf), protagonista della tavola rotonda che ieri mattina al Campus della Cattolica in Santa Monica ha visto protagonisti Lorenzo Morelli (docente della stessa Cattolica), il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, Maurizio Martina (vice direttore generale della Fao, in collegamento), Stefano Gatti (inviato speciale per la sicurezza alimentare del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) e Biagio Di Terlizzi, vice direttore e responsabile dell’Ufficio pianificazione e cooperazione del Ciheam di Bari, moderati dal direttore di Rei - Reindustria Innovazione, Ilaria Massari.
Poco più di un anno di vita, lo Zaf ( Zootechnical Agricoltural Food) Innovation Center «è nato in un quadro di straordinaria e altrove non scontata collaborazione tra pubblico e privato, mettendo al centro l’ascolto dei soggetti potenzialmente interessati — ha ricordato Morelli — e ponendosi come elemento di unione e tavolo di compensazione fra le diverse strutture che vi aderiscono. Apertura, inclusività e cooperazione sono carte vincenti che lo Zaf porta a fattor comune, in un Paese come il nostro nel quale appare molto più normale dividersi che ‘fare squadra’».
«Si tratta — ha precisato Giansanti — di un soggetto che lavora per gli imprenditori; e in agricoltura quelli professionali — che si rivolgono al mercato — sono il 3% del totale, chiamati a confrontarsi con sfide importanti: da un lato la crescita della popolazione e del reddito medio pro capite mondiali sostengono la necessità di produrre più cibo; dall’altro i cambiamenti climatici e la minor disponibilità di acque e di terra vincolano a fare ‘di più con meno’, in un quadro di crescente attenzione all’equilibrio con la sostenibilità ambientale. Il contesto generale presenta anche aspetti surreali: crisi alimentari nei Paesi poveri e in via di sviluppo, sprechi alimentari e oltre il 50% della popolazione obesa o in sovrappeso in quelli evoluti. Sfide e cambiamenti profondi nei quali l’innovazione e la rivoluzione digitale basate sulla ricerca e sulla scienza avranno un ruolo sempre più importante: per produrre di più con meno e meglio, e per far crescere una mentalità generale attenta più ai dati che a certa dilagante propaganda interessata. Quella, per intenderci, che chiede cibo per tutti e poi ‘criminalizza’ chi lo produce. Anche noi dobbiamo metterci nelle condizioni di seguire i cambiamenti e tenere il passo: con una produzione sempre più sostenibile e tendenzialmente ad impatto zero, senza trascurare nuovi modelli nutrizionali».
Da parte sua, Martina ha ricordato l’impegno comune (che ha coinvolto anche la Fao) per l’avvio e la crescita del Centro per l’innovazione, sottolineando come Cremona «abbia davvero tutte le carte in regola per far crescere ulteriormente questo percorso virtuoso alla ricerca di nuovi equilibri, lungo le direttrici ormai obbligate della transizione digitale ed ambientale, ovviamente senza snaturare il nostro agroalimentare. L’Italia e Cremona possono a buon diritto candidarsi per questo lavoro, noi ci siamo per dare una mano. E se è vero che il modello zootecnico è oggetto di polemiche non di rado pretestuose, è altrettanto vero che ci sono problemi sui quali lavorare in termini di impatto ambientale. Le emissioni possono essere ulteriormente abbattute del 30%; mentre la qualità dei mangimi, la selezione delle razze e la gestione dei reflui rappresentano altri versanti sui quali lavorare».
Ulteriori prospettive di sviluppo per il centro cremonese sono state proposte e indicate da Gatti, concorde nell’evidenziare natura ed aspetti virtuosi del sistema territoriale che ha visto nascere e crescere il Centro per l’innovazione agro-zootecnica alimentare. In particolare, Gatti ha suggerito due nuove ‘mission’ per lo Zaf: la raccolta di dati sulla zootecnia, per certificare lo stato delle cose a livello nazionale ed essere allo stesso tempo in grado di sfatare al meglio ‘miti’ negativi; e la riflessione sui processi innovativi in termini di applicazioni e sviluppi concreti: potendo quindi individuare ‘chi è capace di fare cosa’ e trovare soluzioni da mettere in campo e portare a fattor comune. Una linea d’azione lungo la quale il Ministero — e il suo inviato speciale per la sicurezza alimentare — sono disponibili a collaborare anche in ordine al reperimento ed alla messa a disposizione di finanziamenti.
Mano tesa e voglia di lavorare insieme anche da parte del Ciheam (International Centre for Advanced Mediterranean Agronomic Studies) di Bari, rappresentato all’incontro del Campus di Santa Monica da Di Terlizzi. «Insieme potremo fornire risposte ancora più numerose ed efficaci», ha detto. Delineando natura e mission di un soggetto che — fondato nel 1962 — conta ad oggi 13 Stati membri ed affianca al Segretariato generale di Parigi quattro istituti agronomici mediterranei: a Bari, Chania (sull’isola di Creta, in Grecia), Montpellier e Saragozza. Il Ciheam promuove lo sviluppo sostenibile dell’agricoltura e della pesca, e punta a migliorare la sicurezza alimentare ed il benessere generale delle popolazioni nelle aree costiere e rurali, mettendo essenzialmente in campo tre strumenti: formazione, ricerca scientifica applicata, cooperazione allo sviluppo e scientifica.
Dall’anno della fondazione ad oggi, la formazione ha riguardato oltre 13mila quadri ministeriali provenienti da più di cento Paesi; mentre sono 67 i progetti di cooperazione internazionale in corso di svolgimento in 17 Paesi, e superano quota 2.600 le pubblicazioni scientifiche prodotte dal 1962 e nelle quali si è sostanziata l’attività di ricerca. Una strategia di lavoro ad ampio raggio nella quale anche Cremona ed il suo Centro per l’innovazione agro-zootecnica alimentare potrebbero trovare lo spazio che meritano.
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