L'ANALISI
I PRIMI 100 GIORNI DA SINDACO
11 Ottobre 2022 - 05:20
CREMA - Cento giorni fa, per la prima volta, varcava da «titolare» la soglia dell’ufficio del sindaco. Ora, al primo giro di boa del mandato quinquennale, Fabio Bergamaschi, «golden boy» del Partito democratico cremasco, stila il suo primissimo bilancio da uomo-guida della città.
Quale il momento più bello e quale la principale difficoltà di questi cento giorni di governo?
«Può suonare banale, ma l’attimo in cui ho indossato la fascia tricolore e ho giurato sulla Costituzione mi ha regalato un’emozione fortissima, ma dovrei poi citare numerosi episodi che appartengono alla dimensione quotidiana. Mi limito a un esempio solo: la visita del signor Giovanni, ultraottantenne conosciuto tempo fa all’inaugurazione di una pista ciclabile. Mi ha ricordato come quell’opera sia per lui molto utile. Sono momenti come questo che restituiscono la bellezza e il senso profondo dell’impegno civico: lasciare qualcosa di buono per gli altri. Le difficoltà, invece, nei primi mesi sono legate principalmente alle nomine di tipo istituzionale: è difficile spiegare come le decisioni non implichino un giudizio di merito sulle persone. Per questo è essenziale il rigore del ragionamento, la possibilità di spiegare le motivazioni delle proprie scelte. Un criterio di trasparenza da attuare sempre».
Si dice che il sindaco sia il bersaglio designato delle lamentele dei cittadini, anche per i problemi più spiccioli: è così? E qual è la «tirata di giacca» più inattesa fino ad oggi?
«I sindaci sono lo Stato a portata di mano: li puoi incontrare al bar, intercettare in coda al supermercato, fermare in piazza. E per qualsiasi ragione: richieste, lamentele, suggerimenti o complimenti. I temi? Di ogni genere, spesso anche estranei alle competenze amministrative. Ma è bene che un sindaco tenda sempre l’orecchio per sintonizzarsi con i desideri, le aspettative e le paure della comunità, nell’intento di offrire risposte adeguate. C’è un enorme bisogno di relazione e di ascolto nella nostra società. Ricordo l’incontro con un concittadino, qualche anno fa: mezz’ora prenotata nel mio ufficio di assessore. Dopo un minuto la conversazione specifica si era già conclusa. E lui, allora, ha iniziato un racconto sulla sua vita, a ruota libera e a cuore aperto. Ho capito che la sua urgenza non era la rotatoria, ma un dialogo con qualcuno disposto ad ascoltare. Le solitudini sono un male grave e diffuso».
Quali le richieste della cittadinanza più frequenti?
«Senza dubbio l’attenzione alle piccole cose, per prime le manutenzioni e la pulizia. Ragionare di grandi progettualità è essenziale per il reale sviluppo della società, ma occorre ricordare anche quei bisogni più modesti che rivestono una grande importanza per la popolazione. In questa fase storica prevale poi la richiesta di protezione: un’esigenza figlia di un radicale cambio di paradigma globale, che ha portato dal sogno di illimitate possibilità di crescita individuale e collettiva all’incubo di vedere peggiorare la propria condizione. Un tema che tocca tante persone anche in un contesto di benessere solido e diffuso come quello in cui viviamo».
Come sta funzionando in giunta la combinazione tra assessori esperti e neofiti?
«È positiva. Come per ogni squadra, serve un periodo per affinare le dinamiche e prendere confidenza con i compagni. Ritengo necessario l’equilibrio tra esperienza e nuove energie per trovare un baricentro virtuoso. Per certi versi sarebbe stato più facile un completo rinnovamento, perché l’adattamento a un nuovo assetto delle deleghe e la confidenza con nuove abitudini operative non sono immediati, ma la continuità è fondamentale per la messa a terra di quanto è stato disegnato nell’arco del precedente mandato. La qualità e l’impegno di tutti sono comunque indiscutibili».
Le azioni di governo stanno rispecchiando tempi e modi del programma?
«Come previsto, gran parte delle azioni di governo di questo primo periodo consiste nella concretizzazione di progettualità pensate negli anni scorsi. Trovo che tempistiche e modalità siano pienamente rispettate. Sarà il nuovo bilancio di previsione a introdurre elementi di maggiore prospettiva».
Intanto il primo obiettivo al centro della campagna elettorale, quello di ricompattare l’Area omogenea, è stato centrato: quali i prossimi step? E Gianni Rossoni è l’uomo giusto per il ruolo di presidente?
«Era vitale ritrovare la coesione tra i sindaci, perché ci sono sempre più azioni amministrative che possono essere compiutamente governate a livello sovracomunale: sanità, infrastrutture, welfare, politiche ambientali, formazione, lavoro, attrattività territoriale. Quasi tutte le deleghe comunali contemplano l’opportunità di ragionare e operare a un livello di scala più alto. Entro l’inizio del 2023 verrà messo a punto il regolamento che definirà il funzionamento e l’architettura istituzionale della giunta territoriale. Ringrazio Rossoni per la sua disponibilità e chi gli ha passato il testimone, Aldo Casorati, per il prezioso lavoro svolto. Nell’apertura alla rappresentanza di un presidente di area politica diversa da quella espressa dal sindaco di Crema, nonché al sindaco di un paese, si rispecchia chiaramente quella volontà di cooperazione a livello territoriale che ritengo necessaria in questa fase».
Chi, nelle file dell’opposizione, è l’avversario più tosto?
«Stiamo cercando di costruire un clima positivo in seno al Consiglio, coltivando una disponibilità al confronto e al dialogo che, talvolta, ha portato anche al voto congiunto su certe deliberazioni. Vorrei che fosse proprio questo l’elemento caratterizzante della consiliatura, perché il periodo storico che stiamo vivendo ci chiama a uno sforzo supplementare di coesione. Confido che le rappresentanze consiliari, almeno nelle scelte più qualificanti e di prospettiva, possano ritrovarsi in una visione comune».
Immaginando di disporre dei fondi necessari per realizzare una grande opera, quale sarebbe?
«Durante questa sindacatura verrà realizzato il sottopasso di Santa Maria, opera strategica a cavallo tra l’amministrazione Bonaldi e quella attuale che, da sola, basterebbe a qualificare un intero mandato. Guardando al futuro, il pensiero si rivolge alla ex Pierina e all’area Nord-Est: ci sono già importanti azioni in corso, con la prossima riqualificazione e riapertura del parco grazie a fondi del Pnrr, ma il mio sogno è realizzare una forte connessione con il complesso dell’ex università per la creazione di un polo dell’alta formazione professionalizzante. E poi intendo riprendere il confronto con Regione Lombardia sull’area degli Stalloni per disegnare un intervento di ampio respiro su quell’intero quadrante di città, in collegamento con la zona mercatale».
Quale, nei prossimi cento giorni, la priorità delle priorità?
«In questo momento serve prima di tutto riorganizzare i servizi in una logica di contenimento dei folli costi energetici. A Crema il caro energia corrisponde a un’impennata della spesa per il Comune pari al 96%. Siamo impegnati a predisporre risposte sia immediate che di prospettiva, in particolare la creazione di comunità energetiche rinnovabili e la prosecuzione dell’efficientamento del patrimonio di proprietà comunale. Questo deve essere un mandato a forte vocazione ambientale».
Che messaggio lascia la sconfitta del Pd alle Politiche? Chi, ora, merita la leadership dem?
«Il risultato va preso in seria considerazione, ma non deve essere drammatizzato, soprattutto se paragonato alle performance peggiori di altri partiti, che pur non si trovano a discutere di un eventuale scioglimento. Il Pd è nato in un contesto di espansione dell’economia, delle opportunità e dei diritti, ora il quadro sembra essersi ribaltato. Leggo il voto come una richiesta protettiva, che chiama il Partito democratico a offrire una lettura aggiornata dei bisogni. La difficoltà del Pd non deriva da una mancanza di qualità nella classe dirigente, ma da criticità di sistema. Credo che l’esperienza d’opposizione si dimostrerà salutare. Quanto alla leadership, i nomi emersi fino ad ora chiamano in gioco figure adeguate: quelli di Bonaccini e Schlein sono profili di spessore elevato. Possono essercene altri, ma il tema non può ridursi a una logica di figurine».
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