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Paola Mastrocola, l'imperfetto dei nostri ricordi

Il romanzo più intimo di Mastrocola sull’inganno della memoria dell’infanzia. Una storia pensata e rinviata per vent’anni in cui mette molto di se stessa

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

05 Aprile 2023 - 05:25

CREMONA - Paola Mastrocola è una delle penne più lucide, raffinate ed emotivamente coinvolgenti in circolazione perché ha la capacità di penetrare nel cuore del lettore e di muovere le sue sensazioni più intime. Magari partendo dalle proprie, che così diventano collettive. Così è nel caso del suo nuovo romanzo, ‘La memoria del cielo’. «È la storia di Donata che, adulta, si guarda indietro, torna alla propria infanzia. Lo facciamo tutti, l’ho fatto anche io, perché pensiamo che costruendo l’oggetto misterioso che sono i nostri primi anni potremmo riuscire a capire la persona che siamo diventati. L’infanzia non passa mai, ma lo fa in modo misterioso: i ricordi ci ingannano». Mastrocola, ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista ‘Tre minuti un libro’, la rubrica settimanale online da oggi sul sito www.laprovinciacr.it.

Proviamo a tornare in un luogo della nostra infanzia che credevamo meraviglioso, lo troveremo con tutta probabilità ben poca cosa. «Non bisognerebbe mai tornare nei posti che ricordiamo e non rivedere le persone che abbiamo incontrato - consiglia la scrittrice -. Meglio preservare i ricordi nella loro astrattezza e anche nel loro aspetto più menzognero». Nel libro tutto ha inizio quando un uomo abbandona il suo Abruzzo di pastori per studiare, sale al Nord con il sogno di entrare alla Fiat e incontra una donna che ha vissuto un’infanzia buia e fa la sarta da quando aveva 11 anni. Due pianeti lontanissimi s’incontrano, nella Torino degli anni Cinquanta. E poi arriva Donata, la figlia inattesa, che il primo ottobre 1956 scende dal «mondo della luna» con l’idea di proteggere la donna che non riesce ad avere figli, farla diventare madre e renderla felice.

Tutto il libro è filtrato dallo sguardo di questa bambina fino ai suoi 11 anni. Succede anche a lei, come spesso capita a tutti noi, che i ricordi più veri le vengono regalati da altri. Donata non ha una storia eccezionale da raccontare, ha una vita dove non capita quasi nulla. C’è molto della Torino degli anni ’50, dove la vita era molti diversa dalla nostra, dove la parole chiave erano sacrificio, lavoro, debiti. Tutti concetti che lei non capisce, perché viveva in un altro mondo. Adorava la madre, restando, invece, distante dal padre, in realtà uomo affettuoso e gentile, eppure lei lo mette all’angolo.

«È una bambina che non sta bene da nessuna parte. A Torino perché la mamma sarta lavora troppo e la cosa fa soffrire moltissimo Donata, e poi riceve le clienti elegantissime della Torino bene nella loro casa molto modesta e la piccola patisce questo attrito sociale. Come può un bambino avere già questa idea così chiara sulle classi sociali? Penso che i bambini vedano e pensino le cose prima di capirle. Quindi si sente inadatta, si vergogna di portare il grembiulino, di essere figlia di una sarta. E si vergogna anche dei parenti abruzzesi, quando va da loro, patisce questo padre straniero». Mastrocola ha detto di aver pensato vent’anni a questo libro, perché ha fatto lei stessa un lavoro sulla propria memoria.

«Ho pensato a lungo di scriverlo, ma me lo sono sempre impedito mettendoci in mezzo altri romanzi. Ogni storia nuova che mi veniva mi rendeva felice perché pensavo ‘bene, così non faccio questo’. Mi piaceva inventare molte situazioni al limite del reale come le galline che volano, le capre randagie, gli asini nel paese delle cose inutili. Insomma, mi sono tanto esercitata nell’arte della fantasia forse per andare molto lontano da me. Invece ora ci sono cascata perché mi interessa il lavoro sulla memoria, tanto d’aver prestato tantissimi dei miei ricordi a Donata. Quasi un’indagine su qualcosa che voglio capire di me e del mondo, che probabilmente non capirò mai».

La bambina si era data una missione, che veniva dal cielo: «Il libro comincia proprio così ed è stata la spinta che mi ha poi portato a interrompere il silenzio dei vent’anni. È l’idea che noi probabilmente scegliamo i genitori. Donata dall’alto ‘vede’ la donna che vuole come madre e pensa proprio a lei perché è una donna che non può avere figli quindi si dice: ‘bellissimo sarebbe nascere da lei’ perché vuole sovvertirle la vita, cambiargliela di segno». E la missione di Donata è appunto risarcire la madre di un’infelicità che appartiene però a un tempo passato e che non è risarcibile perché è irrecuperabile il dolore che ha per non essere stata amata dalla sua di madre. Un altro degli aspetti topici di questo libro è l’incontro di Donata con la lettura e con la scrittura. Si dice che i libri sono salvifici. «Sicuramente, questa bambina che si vergogna di tutto, anche di esistere, trova nella lettura e nella scrittura precoce un posto sicuro, dove stare bene. Ed è proprio questo il senso: una medicina alle ferite e al disagio quotidiani».

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