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«Poco mossi gli altri mari»: immortali sospesi nel tempo

Della Santunione tra realismo magico all’emiliana, surrealismo e ironia. Una grande famiglia alle prese con la confusione sul senso della vita

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

01 Marzo 2023 - 05:25

CREMONA - Alessandro Della Santunione con ‘Poco mossi gli altri mari’ propone al lettore un romanzo via di mezzo tra il realismo magico dei sudamericani e il surrealismo francese alla Boris Vian che, detto per inciso è anche uno dei suoi scrittori preferiti. Ricordate ‘La schiuma dei giorni’, con la casa della protagonista che si restringe man mano che lei si ammala? Della Santunione fa l’operazione inversa: c’è, nella pianura emiliana, una famiglia tanto determinata a restare unita che non muore più nessuno (il perché resta un mistero) mentre il resto del mondo procede secondo le sue normali regole con matrimoni, nascite, morti. Man mano la casa si allarga e si ridisegna per poter ospitare tutti.

Dividono e ridividono le stanze, arredano soffitte, per farci stare cognati, nonni, fidanzate, amanti, prozie. Anche bisavoli e trisavoli. In cucina risuonano dialetti antichi e volgarità moderne, quando preparano lasagne per una tavolata infinita. Il loro è un tempo a fisarmonica: qualcuno smette di invecchiare mentre altri invecchiano tantissimo, un viaggio può durare mesi per chi parte e minuti per chi resta. Un mondo che Della Santunione racconta a Paolo Gualandris nella videointervista per la rubrica ‘Tre minuti un libro’ online da oggi sul sito www.laprovinciacr.it.

Nella famiglia «c’è la figura quasi magica dello zio che in gioventù aveva fatto il muratore e quindi si prodiga nel sistemare la casa a ogni arrivo». All’elenco dei presenti si aggiungono man mano anche i fidanzati e gli ex dei vari componenti, «un retaggio del pensiero del padre, che pensava che i figli avrebbero fatto come lui e sua moglie restando insieme tutta la vita». Il romanzo parla di un tempo sospeso, sia la voce narrante che la sua famiglia è come se venissero congelati in questo tempo per il fatto che non muore nessuno. Al centro c’è la confusione dei tempi, in cui convivono due secoli di cambiamenti sociali, che diventa in riflessione e sul senso del vivere civile moderno.

«Non c’è però - spiega l’autore - nessun tipo di nostalgia e malinconia per il passato o la famiglia di una volta. Il romanzo racconta quel momento particolare della vita che capita a tutti in cui c’è il mondo il cui siamo cresciuti che per vari motivi non esiste più, ma quello nuovo ancora non si vede e in questa situazione si crea una sorta di spaesamento. Si vive in un mondo che si modifica e non è quello che ci aspettavamo».

Non è la morte a essere annientata, secondo Della Santunione, ma paradossalmente la vita, «perché se perdiamo di vista la cesura finale, come in realtà facciamo tutti nella società in cui viviamo, in cui il concetto di morte è allontanata completamente dal quotidiano, la vera sconfitta è la vita, quindi il futuro». Non a caso i bambini di questa famiglia appena possono scappano e si rifugiano nel parco pubblico che c’è accanto alla casa, vivono come selvaggi, sono come degli spiriti che però vengono accuditi dai loro cari perché il legame ancora resta forte, però non essendoci più in vista il futuro, loro non stanno dentro la famiglia perché è bloccata in un tempo sospeso».

Non muoiono gli umani, come abbiamo visto, ma - ribaltando ogni rapporto - improvvisamente muore Dio, in casa lamenti e bestemmie si levano altissimi. Un capitolo divertentissimo, in cui si racconta che nessuno ha più voglia di mangiare e allora si prendono un maiale, come animale da compagnia. «La fine della spiritualità non è un concetto certamente nuovo. Qui però c’è un Dio che muore come se fosse un membro della famiglia. La voce narrante annuncia la dipartita alla nonna e da lì si parte un’elaborazione del lutto tipicamente famigliare, dove a un certo punto la voce narrante pone la domanda esistenziale: è morto proprio colui che avrebbe dovuto consolarci nel momento della morte di qualcuno di noi. E quindi si crea questa solitudine totale».

Pur nell’ironia e nella leggerezza del racconto, questo romanzo porta il lettore sui temi forti dell’esistenza. «A partire dall’invito valla consapevolezza del fatto che non siamo immortali e che tutto ciò che facciamo adesso comunque si ripercuoterà sulle generazioni che verranno che, non a caso, nel libro scappano, vivono da un’altra parte, non sono collegati con la famiglia. Abbiamo allontanato il concetto di morte, arrivandola addirittura a chiamarla fine vita, come fa l’ispettore dell’Inps che arriva per vedere che cosa sta succendo e stila un rapportino dove dice: non vedo niente di strano, sono semplicemente casi di fine vita molto dilatati e poi vedremo che cosa succederà».

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