L'ANALISI
17 Agosto 2022 - 05:25
CREMONA - Tinte fosche, ma anche grande leggerezza: Filippo Venturi, oste-romanziere bolognese, ancora una volta è riuscito a scrivere una black comedy che affronta con intelligenza e ironia temi serissimi, riuscendo a sdrammatizzarli, alla ricerca di un po’ di giustizia. Siamo alla fine del 2020, tra un’ondata di Covid e l’altra, ed Emilio Zucchini è costretto ad alzare e abbassare la serranda della trattoria, a seconda dei Dpcm. Oltre al punto di vista di un ristoratore durante il Coronavirus, il nuovo caso dell’oste-detective mostra ben altro. Qualcosa che c’è sempre stato, ma che la pandemia ha oscurato, come certi esponenti della Bologna Bene, tra festini a base di sesso e droga, e la violenza di genere. Tutto questo nella terza avventura-indagine di Zucchini, «È l’umido che ammazza», al centro della videointervista per la rubrica «Tre minuti un libero» curata da Paolo Gualandris, online da oggi su www.laprovinciacr.it. Con il secondo romanzo, «Gli spaghetti alla bolognese non esistono», Venturi era stato il più votato dalla giuria popolare al Premio Giallo a Palazzo organizzato dal giornale La Provincia con Confcommercio.
«Fin qui avevo cercato di descrivere quelli che io chiamo i balordi col cuore d’oro, cioè coloro che si trovano a commettere reati perché la vita gli aveva detto male. Stavolta ho voluto evidenziare l’altra faccia della medaglia e parlare dell’odiosa moda dei party con la droga nel bicchiere. Sono arrivato a fare l’inverso, cioè a dipingere quello che non va nella classe più abbiente. Insomma, ho ribaltato i ruoli», spiega Venturi. I cattivi stavolta sono i «milordini», definizione che «ho preso dal mitico presidente del Bologna calcio, Giuseppe Gazzoni Frascara. Fanno parte della Bologna bene e sono abituati a essere trattati in una certa maniera ovunque, al ristorante così come nella vita; sono i tifosi della tribuna sempre pronti a giudicare e criticare la squadra, ma cercano e trovano escamotage per entrare gratis».
I «milordini» dunque approdano per caso nel ristorante del nostro l’ultima sera prima della chiusura, hanno comportamenti molto scorretti con la fidatissima e bellissima cameriera Alice. Che poi scompare, non si presenta al lavoro, cosa assolutamente non da lei, perché è una stakanovista. Lei per Emilio è un’amica, una di casa, talmente di casa che durante il primo lockdown se l’è ritrovata in salotto, sul suo divano letto. E ora, proprio nell’ultimo sabato di servizio prima dell’ennesima chiusura di bar e ristoranti, lei non si presenta in trattoria, stacca il telefono e si fa di nebbia. Zucchini è costretto ad andare a cercarla e si trova in una situazione più grande di lui, una vicenda che sconvolge Bologna. E più segue Alice, più si ritrova immischiato in questa storia condita da un cadavere e da sevizie ai «milordini», sui quali abbatte una vendetta terribile. L’oste detective dovrà dunque riuscire a ritrovare la sua fidata cameriera nel più breve tempo possibile scongiurando il suo coinvolgimento in questa brutta storia.
«Sono stato indeciso fino all’ultimo se infilare anche un omicidio nel romanzo - ricorda Venturi -. Poi ho ‘ucciso’ e non mi sono pentito. Una black comedy più pulp del solito perché comunque risente anche della situazione storica in cui è ambientata, e cioè la terza settimana di novembre 2020 esattamente i giorni in cui ho cominciato a scriverlo e come ricordiamo tutti, ahinoi, l’inizio della seconda ondata di Covid, la più cruenta. Diciamo che sia da scrittore che da ristoratore ho trasferito queste sensazioni»: si sente lo stato di avvilimento provocato non solo dalle preoccupazioni sullo stato di salute, ma anche per questa serranda che tornava a chiudersi. «Volevo in qualche modo cercare una vendetta e darla in mano alle donne. Ho messo in prima linea quelle che conosco meglio, che sono le donne con le quali condivido la mia vita professionale, con le quali ho un rapporto molto intimo nel quotidiano lavoro di cameriere. Io stesso lo sono, mia moglie lo è. E come dice il grande Roberto Benigni ne ‘La vita è bella’ servire è l’arte suprema, quindi io servo gli uomini, ma non sono il loro servo».
Ci sono due livelli di lettura: il giallo vero e proprio e la riflessione di Zucchini su come è cambiata anche la clientela. Quest’ultima è una prerogativa molto divertente e istruttiva di Venturi, che ha anche una rubrica su quotidiano nazionale in cui dà voti ai clienti: «Con ‘Dietro al banco’, in maniera assolutamente divertente e senza rancori, recensisco i miei clienti, diciamo TripAdvisor al contrario». Ce n’è un assaggio - imperdibile - anche nel libro perché, come conclude Venturi, «il cliente è la mia grande ispirazione: dentro la trattoria scorre la vita e quindi io ho la possibilità di attingere, di prendere spunto. Io offro il palcoscenico e il cliente si muove lì sopra, dandomi la possibilità di carpirne vizi e virtù». Lo scrittore-ristoratore bolognese torna dunque con una comedy più spassosa e nera che mai, capace di sdrammatizzare con intelligenza persino le conseguenze della pandemia, e all’ormai mitico Zucchini affianca personaggi femminili destinati a lasciare il segno.
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