L'ANALISI
27 Luglio 2022 - 05:20
CREMONA - Una crisi personale e professionale fortissima, una vita da ricostruire, un argine da mettere in sicurezza. Caterina, la «Nina sull’argine» che dà il titolo al romanzo di Veronica Galletta, è una donna «che cerca sempre la stessa cosa: un posto dove stare». La scrittrice siciliana ne parla nella videointervista della rubrica Tre minuti un libro curata da Paolo Gualandris online da oggi sul sito www.laprovinciacr.it.
Spiega Galletta, che con questo romanzo è stata finalista allo Strega e con il precedente «Le isole di Norman» ha vinto il Campiello Opera Prima, «Nina è una donna-ingegnere siciliana che si ritrova, fra il 2005 e il 2006, a svolgere il suo primo incarico importante, la costruzione di un’impresa idraulica complessa in un paese immaginario a nord della Valpadana: la costruzione di un argine e un canale per il fiume che passa per la frazione di Spina, comune di Fulchré. è un’estate molto calda, molto difficile, in cui ha dei problemi personali. Il suo compagno di una vita ha deciso di andarsene. Ecco, noi la incontriamo proprio in questo momento di crisi: da una parte l’incarico che lei desiderava e che però sente come molto gravoso, anche perché sa che non le è stato dato perché c’è una fiducia nei suoi confronti, ma in seguito a vicende giudiziarie che hanno decimato il suo ufficio e non è rimasto nessun altro che può farlo».
Dall’altra c’è da ritrovare se stessa, «quindi cerca di barcamenarsi fra queste due dimensioni, una privata, quella della casa diventata scomoda, e il cantiere che poi diventa una sorta di microcosmo quasi kafkiano in cui ci sono tutti i protagonisti, ognuno con il suo ruolo. E lei si sente a metà e pensa ‘forse il mio posto è a metà della strada nel fare avanti e indietro tra cantiere e casa». Caterina si sente inadeguata a un rapporto di coppia e anche al cantiere che deve far andare avanti, avendo a che fare con interessi locali, lavoro non sempre fatto a regola d’arte, ambientalisti che tentano di fermarla e screditarla.
Da una parte c’è il progetto, coi suoi disegni geometrici, i suoi diagrammi e calcoli matematici, dall’altra poi il cantiere, che è polvere, e rumore e fango. Vedrà come a regolare tutto ci siano leggi, norme, contratti con le loro specifiche, dove però non c’è scritto «come trattare con la controparte quando le vite si incrociano e si deve trattare con gli esseri umani», o cosa fare quando il terreno comincia a cedere e si finisce per pendere da una parte: «L’unica soluzione è arrendersi, affondare anche l’altro piede».
Metafora e lavoro si sovrappongono continuamente, ma con lievità, intrinsecamente anche se con momenti di coscienza, nel racconto del quotidiano, ben portato avanti tra particolari tecnici e vita degli anziani al caffè di Spina, tra i pranzi con l’assessore e i confronti col geometra (e magari un po’ di invidia per il lavoro manuale, pulito, esperto degli operai con i loro turni regolari). Giornate nella nebbia e davanti all’argine, che difendono, ma anche limitano, annullano la realtà e spingono all’illusione, a incontri fantasmatici per trovare un po’ di sicurezza, come quello con l’operaio Antonio, a contraltare con quello con la signora Bola, che non firma per l’esproprio per principio, ma è contenta che i lavori creino protezione al paese.
La figura di Caterina che viene fuori dalla chiara scrittura di Galletta, ha la sua forza in una misura di umanità, di verità, tra incertezze e capacità reali, tra fare i conti col passato e andare avanti come si deve. «Costruire un argine è una cosa complessa... perché se si forma una breccia puoi anche riparare, ma qualcosa rimane... L’argine lo sa, la memoria rimane» e allora, man mano che si procede nei lavori l’ingegnere capisce che «forse è questo, crescere: capire che i fenomeni non sono reversibili, che ogni traccia lascia un’impronta. Che esiste una fatica, come nei materiali, e la fatica è un fenomeno pericoloso, dal quale bisogna preservarsi».
Avvia un percorso virtuoso che curiosamente è legato al cambio delle stagioni. «Il titolo di lavorazione del romanzo quando era ancora solo un file mio computer era proprio ‘stagioni storia di un cantiere’. Così per tre motivi. Da una parte un cantiere è fortissimamente influenzato dalle stagioni, dall’altra noi stessi siamo animali stagionali. Infine c’è che io ho conosciuto veramente il senso l’alternanza delle stagioni con le loro differenze solo a trent’anni, quando mi sono trasferita in pianura padana: avendo quasi sempre abitato in città di mare sono rimasta affascinata da come si cambia stagione dopo stagione. Ecco, ho voluto rappresentare questa sensazione».
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris