L'ANALISI
20 Luglio 2025 - 05:25
CREMONA - Protagonista della rubrica ‘Il medico risponde’ è il dottor Alfredo Molteni, direttore dell’Ematologia dell’Ospedale di Cremona.
Che cos’è il linfoma?
«Il linfoma è un tumore che colpisce il sistema linfatico, una parte del sistema immunitario. Può insorgere in diverse aree del corpo, non solo nei linfonodi, ma anche in organi come stomaco, intestino, milza, fegato o sistema nervoso centrale. Si tratta di una malattia eterogenea che comprende numerosi sottotipi, suddivisi in linfomi di Hodgkin e non-Hodgkin».
Che cos’è il linfoma B diffuso a grandi cellule?
«È il tipo più frequente di linfoma non-Hodgkin. Ha un comportamento aggressivo ma, se diagnosticato precocemente e trattato adeguatamente, può essere curato. È caratterizzato dalla presenza di cellule B anomale di grandi dimensioni che crescono rapidamente».
Che cosa bisogna fare in caso di diagnosi della malattia?
«Dopo la diagnosi, il primo passo è rivolgersi a un centro ematologico specializzato. È fondamentale inquadrare bene la malattia, cioè stabilire l’estensione del linfoma (stadiazione) e le sue caratteristiche biologiche. Questo permette di scegliere la terapia più adatta e di personalizzare l’approccio in base al paziente e al tipo di linfoma».
Quali terapie sono previste?
«La terapia standard di prima linea è la combinazione immunochemioterapica R-CHOP (rituximab più ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone). Questo trattamento è efficace nella maggior parte dei casi. In alcune situazioni, in base a fattori prognostici o al rischio di localizzazioni particolari (come il sistema nervoso centrale), si possono aggiungere altre terapie. Il trattamento può prevedere cicli che si ripetono ogni 21 giorni per un totale variabile, in genere sei cicli».
Si può ricadere?
«Sì, una percentuale di pazienti può andare incontro a ricaduta. In questo caso si parla di malattia refrattaria o recidivata. È importante distinguere tra ricadute precoci, che avvengono entro i primi mesi dopo il trattamento, e ricadute tardive, che possono manifestarsi anche a distanza di anni».
Ci sono terapie di terza linea?
«Sì, dopo una seconda linea che può prevedere chemioterapia ad alte dosi e trapianto autologo di cellule staminali, in caso di ulteriore fallimento o impossibilità di effettuare il trapianto, si ricorre a terapie di terza linea. Tra queste ci sono le CAR-T, una forma innovativa di immunoterapia cellulare. I linfociti T del paziente vengono modificati in laboratorio per riconoscere e attaccare le cellule tumorali. Questa opzione è indicata solo per pazienti selezionati, in centri autorizzati, ma ha mostrato risultati importanti in termini di remissione della malattia».
Che cosa si prevede per il futuro per la cura di questa malattia?
«Il futuro è rappresentato dalle terapie sempre più mirate e personalizzate. Oltre alle CAR-T, si stanno sviluppando anticorpi bispecifici, farmaci intelligenti e nuove molecole in grado di agire su specifici bersagli delle cellule tumorali. L’obiettivo è rendere il trattamento più efficace, ma anche meno tossico. I progressi della ricerca stanno trasformando il linfoma B diffuso a grandi cellule da una malattia aggressiva a una patologia sempre più gestibile, con una qualità di vita migliore per i pazienti».
La rubrica è realizzata in collaborazione con Asst Cremona e può essere ascoltata sul sito internet del quotidiano La Provincia di Cremona e di Crema e anche sul suo canale YouTube.
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