Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

PILLOLE DI SALUTE

Prostata, con il laser l’intervento è ‘sprint’

Il primario dell’Urologia del Maggiore Salinitri: «Prima sempre il trattamento usando i farmaci»

Cristiano Mariani

Email:

cmariani@laprovinciacr.it

12 Giugno 2025 - 05:10

CREMA - Laurea in medicina e chirurgia conseguita all’università di Messina e specializzazione all’ateneo di Pisa, Giuseppe Salinitri è il primario del reparto di Urologia dell’ospedale Maggiore.

L’iperplasia prostatica benigna, ossia la condizione nella quale si ha un aumento di dimensione della prostata, affligge moltissimi italiani. Quali ne sono le cause e quali i fattori di rischio?
«È una patologia legata all’età. Quindi l’80% degli uomini, dopo i 50 anni, inizia ad avere problemi del genere. A innescarli sono modificazioni di tipo ormonale, biochimico e nutrizionale, che creano un aumento dell’attività replicativa delle cellule prostatiche».

Quali sono i campanelli d’allarme che devono indurre a sottoporsi a un approfondimento diagnostico?
«L’aumento delle dimensioni comporta al paziente la comparsa di disturbi di tipo minzionale. E quelli irritativi sono i primi a comparire. Il paziente comincia ad avvertire il desiderio impellente di urinare. Spesso a questi si associano poi i disturbi di tipo ostruttivo, legati a un rallentamento del flusso urinario e a sensazione di mancato svuotamento della vescica. Oltre a un assottigliamento del flusso urinario».

Quali sono gli approfondimenti diagnostici consigliati?
«Si parte da una strategia cosiddetta di primo livello, nel senso che la visita urologica è l’esame al quale ogni ogni uomo dopo i 50 anni, o alla comparsa dei primi disturbi, dovrebbe sottoporsi. La visita ci permette di differenziare tra una patologia benigna e una patologia maligna».

Quando è necessario intervenire chirurgicamente e l’alternativa qual è?
«Una volta fatta una diagnosi di iperplasia prostatica benigna, il passo successivo è intraprendere un trattamento che, quasi sempre, è di tipo farmacologico per alleviare i disturbi. Non si cura il problema perché l’ipertrofia, come detto, è legata all’invecchiamento, quindi noi non possiamo curare l’invecchiamento. Ma possiamo sicuramente migliorare la qualità della vita. Ci sono anche farmaci che riducono il rischio di andare incontro a complicanze. E altri che hanno più un effetto di coadiuvare della terapia medica standard, quindi agiscono molto sulla componente infiammatoria».

Nel reparto da lei diretto, viene adottata una procedura chirurgica microinvasiva che sfrutta il laser al tullio. Quali ne sono i vantaggi?
«Innanzitutto bisogna dire una cosa importante: l’indicazione a eseguire un intervento chirurgico si dà, non perché il paziente abbia una prostata grande, ma è legata ai disturbi che la prostata dà, quindi a sintomi tali da condizionare la qualità di vita. Un paziente, per esempio, che abbia una calcolosi vescicale, infezioni ricorrenti, il sangue costantemente presente nelle urine. Queste sono problematiche che spingono a operare. E naturalmente si deve anche verificare la condizione che la terapia medica non non funzioni. Oggi, le nuove tecniche che abbiamo a disposizione, tra cui il laser, stanno prendendo piede. E i laser a disposizione sono delle tecnologie mini invasive, che offrono tutta una serie di garanzie di un successo, direi quasi definitivo, su questo tipo di patologia».

Quali, nello specifico, i vantaggi garantiti dal laser?
«Sono notevoli da un punto di vista clinico per il paziente stesso. La tecnologia adottata nel nostro ospedale è il laser al tullio, che assicura risultati nettamente superiori rispetto alle tecniche classiche. I vantaggi sono anche legati al fatto che ci sia una netta riduzione dei tempi di caterizzazione dopo l’intervento. Mentre con la tecnica classica il catetere si era costretti a portarlo dai tre ai dieci giorni, ora si riduce il periodo a uno o due giorni. E c’è una minore durata della degenza in ospedale. Possiamo anche trattare i pazienti che assumano dei farmaci anticoagulanti. Oggi la maggior parte dei pazienti, del resto, è anziana e quindi le complicanze in questo senso si riducono in maniera significativa: minor sanguinamento, minor rischio di andare incontro ad effettuare delle trasfusioni. E poi una rapida ripresa dell’attività lavorativa per chi ancora la svolge».

E nello specifico, il tullio cosa garantisce?
«Il nostro laser ha un vantaggio anche in termini post operatori. Perché ci sono pazienti che, dopo un trattamento laser, possono sviluppare sintomatologia di tipo irritativo legato alle alte frequenze di energia, che vengono impiegati nel trattamento. Il tullio, invece, è in grado di ridurre questi specifici sintomi».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400