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IL MEDICO RISPONDE: IL VIDEO

Endometriosi: come riconoscerla e curarla

Dolore, infertilità e ritardi nella diagnosi. La dottoressa Melissa Carrara, ginecologa della UO di Ostetricia e ginecologia dell'Ospedale di Cremona, illustra le soluzioni terapeutiche più efficaci e l'importanza di un intervento tempestivo

Cinzia Franciò

Email:

cfrancio@laprovinciacr.it

30 Marzo 2025 - 05:25

CREMONA - Protagonista della rubrica ‘Il medico risponde’ è la dottoressa Melissa Carrara, ginecologa della UO di Ostetricia e ginecologia dell’Ospedale di Cremona.

Che cos'è l’endometriosi e quanto è diffusa?
«L'endometriosi è una patologia benigna che colpisce due donne su dieci in età fertile. In Europa ne soffrono circa 140 milioni di donne, mentre in Italia 3 milioni. È causata dalla presenza anomala di tessuto endometriale fuori dalla cavità uterina, potendo interessare utero, ovaie, peritoneo e, in casi rari, polmoni o cervello. Si diffonde per contiguità o attraverso il sistema circolatorio e linfatico. Pur avendo caratteristiche simili ai tumori maligni, è una malattia benigna e ormono-sensibile, rispondendo alle variazioni ormonali del ciclo mestruale».

Quali sono i sintomi?
«Il sintomo principale è il dolore, che può manifestarsi durante la mestruazione, l’ovulazione o essere cronico. Possono verificarsi dolore durante i rapporti (dispareunia) e sintomi legati agli organi colpiti: cistiti emorragiche, rettorragie o, nei casi rari di endometriosi polmonare, tosse con sangue. L’infertilità è una conseguenza rilevante, poiché l’endometriosi può compromettere il funzionamento di tube e ovaie».

Come viene diagnosticata?
«La diagnosi è spesso tardiva, con un ritardo medio di 7-8 anni. Si parte dalla visita ginecologica per valutare la mobilità dell’utero e la presenza di noduli. L'ecografia transvaginale è essenziale per individuare cisti ovariche e altre alterazioni, mentre la risonanza magnetica aiuta nei casi dubbi. Tuttavia, il metodo più preciso è la laparoscopia diagnostica, che permette di osservare direttamente la pelvi, prelevare tessuto per biopsia e stabilire la gravità della malattia».

Quali sono le possibilità terapeutiche?
«L’obiettivo del trattamento è alleviare i sintomi, limitare la progressione della malattia e ridurre il rischio di recidive. Nelle fasi iniziali si utilizza una terapia ormonale con pillole estroprogestiniche o solo progestiniche per atrofizzare i focolai e ridurre il sanguinamento. In alcuni casi si può indurre temporaneamente la menopausa. Se la terapia medica non è efficace o la malattia è avanzata, si ricorre alla chirurgia. L’approccio conservativo mira a rimuovere i focolai mantenendo la fertilità, mentre nei casi più gravi può essere necessaria l’asportazione di utero, tube e ovaie, compromettendo la capacità riproduttiva».

La rubrica è realizzata in collaborazione con Asst Cremona e può essere ascoltata sul sito internet del quotidiano La Provincia e sul suo canale YouTube.

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