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CREMONA. LA CITTÀ DELLA MUSICA

«Un centro per il restauro al lavoro per tutti i musei»

Il presidente del corso di laurea, Guido: «Con i nostri studenti pronti a tutelare i beni culturali vincolati»

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

02 Aprile 2024 - 05:20

CREMONA - S’intitola Note perdute, il video voluto dalla Fondazione Paola Droghetti, che documenta il restauro e la consegna, al Museo nazionale degli strumenti musicali di Roma, del liuto di Wendelin Tieffenbrucker del 1587, le cui cure e recupero sono stati affidati al primo laureato del Corso di restauro e conservazione degli strumenti musicali e scientifici dell’università di Pavia, Riccardo Angeloni. L’iniziativa si è compiuta sotto l’egida del ministero della Cultura e della Direzione generale dei musei del Mic.

«Si è trattato di una commissione arrivata dal Museo nazionale degli strumenti musicali al nostro Angeloni, cui abbiamo dato tutto il supporto necessario che il nostro corso può offrire — spiega Massimiliano Guido, presidente della laurea quinquennale —. Lo statuto del corso prevede la possibilità di costituire un Centro di conservazione e restauro per musei e collezioni pubbliche. È questo un obiettivo da perseguire: poter fare in modo che i nostri laureati possano continuare a mantenere legami con il corso e al tempo stesso i nostri laboratori; che le professionalità e le esperienze maturate possano essere messe al servizio delle istituzioni museali italiane».

Il recupero del liuto è soltanto un aspetto dell’attività che il corso di laurea mette in atto contestualmente all’azione didattica. «Stiamo lavorando per modificare in parte la proposta accademica, al fine di renderla sempre più rispondente alle necessità del mondo del restauro e appetibile ai professionisti che intendono iscriversi — spiega Guido —. Attualmente gli iscritti sono 22, quest’anno le matricole sono state tre, contro i cinque posti disponibili, ma abbiamo già ricevuto una decina di candidature per il prossimo anno».

Per capire quanto sapere e saper fare siano connessi, basta visitare i laboratorio e le aule di palazzo Fodri e assistere alla consegna di una pochette del 1656 di proprietà delle collezioni musicali del castello del Buonconsiglio di Trento ai responsabili Roberta Zuech e Giovanni Pivato. A spiegare il lavoro fatto sullo strumento ad arco del XVII secolo è Francesco Ehniss, proveniente da Stoccarda e laureato in liuteria in Germania, che alla pochette ha dedicato la sua tesi di laurea.

«Dopo il restauro sull’organo Prati, abbiamo affidato al corso dell’ateneo pavese molti nostri strumenti — spiega Zuech —, oltre alla pochette la mandora di Ferdinand Nayr, strumento del 1730 che mostrano orgogliosi Guido, Stefano Baronchelli, Gabriele Corna e Matteo Giovannetti. «Io arrivo dalla provincia di Bergamo e con la mia famiglia ho un laboratorio di organaro — spiega Corna —. Questo corso di laurea è impegnativo, ma mi permette di entrare in possesso di un tutolo che è spendibile su strumenti vincolati. È frequente infatti che ci chiedano di operare su organi sotto la tutela della sovrintendenza e dei beni culturali, avere il tutolo di conservatore di strumenti musicali vincolati è importante per l’attività di famiglia che intendo proseguire».

Baronchelli è uno studente del Conservatorio affascinato dalla parte materiale che caratterizza gli strumenti musicali e in particolar modo gli organi, consapevole di come figure di restauratori con la possibilità di lavorare su beni vincolati siano estremamente rare. Giovannetti è liutaio professionista, al quarto anno del corso di restauro confessa: «È dura, ma ce la sto facendo. Coniugare bottega, lezioni e famiglia non è facile, ma mi interessavano le competenze teorico-pratiche che questo percorso può offrire. Essere un restauratore abilitato ad agire su strumenti vincolati di collezioni pubbliche può essere sempre un tutolo in più che dà la possibilità di intessere rapporti con istituzioni culturali nazionali».

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